Religione

La vita cristiana basata sull’esperienza della Risurrezione

Quali sono i tratti della vita cristiana? Come vivere e sperimentare nella vita quotidiana l’incontro con il Risorto dai morti, Gesù di Nazaret? Il vangelo di oggi (Lc. 24, 13-35) risponde ai nostri interrogativi.

La strada

La prima indicazione viene dal tema della via, lungo la quale i discepoli incontrano il Risorto e lo riconoscono. La strada è quella che separa Gerusalemme da Emmaus. Il ministero di Gesù, nel Vangelo di Luca, era stato tutto incentrato sul tema del viaggio lungo la via.

Il dialogo della fede

Con la via vi è il tema del conversare insieme. Si parla per condividere, per esplicitare i pensieri del cuore, per togliere le pieghe di ombra nelle quali spesso pensieri e sentimenti rimangono nascosti. Spesso gli argomenti di cui si discute sono fonte di delusione, di lamentela, disappunto, disprezzo. Così è anche per i discepoli di Gesù, i quali speravano fosse lui a liberare Israele. La straordinaria pedagogia del Maestro non interrompe l’effluvio di parole amare, ma preferisce mettersi a fianco, chiede di spiegare meglio.

Il Risorto accoglie senza spirito di giudizio i loro animi delusi, comincia a spiegare le Scritture di Israele, dicendo che esse custodiscono una sapienza divina che non è annullata dalle delusioni provate. Solo dopo i due discepoli si renderanno conto di quanto era consolante e appassionante rileggere, alla luce delle Scritture, la storia apparentemente fallimentare del loro discepolato. Aprire insieme a Gesù la Bibbia significa darsi la possibilità di dischiudere contenuti inediti alla propria vita.

I discepoli fanno esperienza che la compagnia delle Scritture è elemento essenziale per cogliere la presenza del Risorto, per riconoscere l’agire di Dio nella storia, per interpretare correttamente i fatti accaduti alla luce della fede, per essere portatori di una speranza che ha origine in Dio, ben lontana da illusioni e fantasie puramente umane.

Aprire gli occhi

A Emmaus gli occhi dei due discepoli lo riconoscono solo quando sparisce dalla loro vista ( v. 31), quasi a dire che la fede nella risurrezione non ha più bisogno di vedere con gli occhi del corpo, ma è diventata una presenza interiore che scalda il cuore e trasforma lo sguardo sulle cose. La risurrezione non è oggetto da vedere, ma è la realtà che cambia l’intento di come si guardano le cose e di come le si valuta, perché si impara a “vedere” l’opera di Dio presente in tutte le cose.

Il rito della vita donata

Assieme alla via, al conversare insieme e alla condivisione della Parola, l’evangelista Luca pone al vertice del racconto il gesto della “frazione del pane” che permette ai due di Emmaus di aprire gli occhi e di riconoscere in quel saggio viandante Gesù. In quel gesto il Maestro ha voluto riassumere il senso della propria vita e del proprio ministero. La celebrazione eucaristica ha il compito di metterci davanti al dono che Gesù fa di sé. La santa Messa è il dono della sua vita messo nelle nostre mani che ci interpella a vivere l’offerta della nostra stessa vita.

Gesù si riconosce nel dono di sé, nella capacità di non trattenere nelle sue mani la vita, ma di metterla nelle mani del Padre e dei fratelli e sorelle, anche accettando di poter essere tradito. L’eucaristia che celebriamo è vita donata: nello spezzare il pane c’è la vita di Gesù e anche la vita di chiunque lo segue, perché da lui ha scoperto che nel dono di sé vi è la pienezza di vita.

Ne è prova il fatto che, una volta spezzato il pane, i due discepoli ritornano a Gerusalemme per annunciare agli altri quello che hanno visto, sentito, sperimentato, condiviso. Il dono ricevuto diventa missione con il fine non di convincere o di imporre, ma di condividere e conversare, perché questo era il senso della vita di Gesù: condividere la vita che il Padre gli ha donato.

Nel vangelo di oggi sono raccolte le dimensioni della vita cristiana basata sull’esperienza della risurrezione attorno a questi elementi: essere lungo la via e non certo immobili e fermi; nella compagnia di una comunità e non isolati; sostenuti dall’intelligenza delle Scritture e non affidati a qualsiasi dottrina o opinione; con lo sguardo pronto ad accogliere qualcosa di inedito e non ciechi e sordi al nuovo; soprattutto, ammaestrati dal gesto scelto da Gesù per raccogliere tutta la sua vita-lo spezzare il pane- senza lasciarsi divorare dalla logica della paura che porta a trattenere e a considerare la vita un possesso e non un dono. L’incontro con il Risorto, così sperimentato, può diventare fonte di una vitalità di cui la chiesa ha sempre beneficiato, perché in ogni tempo c’è stato chi ha saputo rendersi partecipe del dono della Pasqua.

In quel giorno, quello della risurrezione, due discepoli si mettono in cammino. Lasciano Gerusalemme, la città in cui sei stato catturato e messo a morte, e tornano a Emmaus, a casa loro. Nulla è più come prima: sul Calvario sono svaniti tutti insieme la loro fede in te, il loro entusiasmo, la speranza di veder compiersi finalmente le promesse. Alla croce è stata inchiodata non solo la tua carne, ma anche la loro certezza che tu eri il Messia, l’atteso, l’inviato di Dio.

Ecco perché sono tristi e non possono accogliere il messaggio portato dalle donne. Tu, Gesù, accetti di fare strada con loro, di ascoltare il loro racconto che trasuda tristezza e rimpianto. Tu non li abbandoni alla loro sconfortata oscurità, ma percorri con loro le Scritture alla ricerca di quella luce necessaria per entrare nel mistero della tua Pasqua. O Signore, continua a camminare con noi per farci scorgere oltre ogni morte la luce della risurrezione, la speranza che non viene meno.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Girolami, 2023; Laurita, 2023.

Redazione

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