In occasione del centenario di Maria Marcelli, sabato 18 settembre, presso i giardini di Villa Giuliani a Labico, si è tenuta la presentazione del libro di Roberto Delle Cese La lunga vita di Maria Sbragona, a cura di Paola Buttinelli. All’evento hanno presenziato il sindaco Danilo Giovannoli e la delegata alle politiche della cultura e delle tradizioni Clementina Miele, oltre all’autore del volume e alla protagonista della memoria.
Nel corso della serata, che ha visto la partecipazione di numerosissimi paesani, sono stati letti brani della memoria altrenati all’ascolto di canzoni popolari degli anni ’30 e ’40, arrangiate da Pietro Fasani e interpretate dal giovane cantante labicano Matteo Impilloni.
L’autore della biografia, dopo aver sottolineato l’importanza della memoria intesa come bene comune capace di alimentare la riflessione tra il passato e il presente, ha osservato che La lunga vita di Maria Sbragona è un testo che si configura come una vera e propria antologia di ricordi. Nel libro, pubblicato dalla casa editrice “Il formichiere” di Marcello Cingolani di Foligno, la voce narrante di Maria Marcelli – da tutti conosciuta a Labico, in cui è nata e sempre vissuta, come “Maria Sbragona” – riallinea le proprie memorie, descrivendo episodi di un racconto autobiografico in cui tempi e spazi diversi si fondono in una storia contraddistinta da riferimenti a legami con familiari e paesani.
Le vicende sono inquadrate all’interno del contesto labicano che viene descritto facendo riferimento, in più occasioni, alla storia contemporanea, soprattutto al fascismo e alla Seconda guerra mondiale. Quella di Maria è una voce popolare, desiderosa di tramandare, senza timori o perbenismi, la narrazione vivace di una lunga esistenza, trascorsa con passione e onestà. Si tratta di un resoconto spontaneo in cui la Sbragona, considerando retrospettivamente l’intero arco della sua vita, giunta a cento anni, sembra soddisfatta delle numerose esperienze che il destino le ha riservato, offrendole occasioni e incontri impressi nella memoria che il suo racconto restituisce con un linguaggio impetuoso, incisivo e originale.
Durante l’incontro, Roberto Delle Cese ha proposto alcune riflessioni sulla memoria, evidenziando la sua capacità di definire l’identità delle persone e il loro senso di appartenenza al contesto in cui vivono. Citando lo scrittore sudamericano Gabriel Garcia Márquez, l’autore ha poi osservato che la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
Al termine della serata, dopo i ringraziamenti di rito, la protagonista della memoria, esprimendosi schiettamente in labicano, in tono commosso, ha concluso: “Che campéa così tanto me pare ‘n sogno! Me pare ‘n sogno! Dico: “Ma come sara’? Ma è possibile?”. Tutti morti e io ‘ngora quà… M’arecordo de tutti come fosse mò. Tutti se ne so’ iti e io sto ‘ngora quà e campo co’ tutto i sientimento.Tocca volesse bene e campa’ senza odi. Ne la vita tie’ da marcia’ bene e da volesse bene. Io dico che so cattivi chigli che stau sturbati. Non ietto le biasteme a niciuno e tutti pozzano campa’ più meglio de mi’ e più lontano de mi’. Io so’ passati tanti dispiaceri e tante malattie, ma la morte proprio non me vò. Certe vòti penzo che campo pe’ dispiettu a la morte”.
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