Religione

L’amore per il Dio unico… e quello per il prossimo

Ai sadducei, che avevano sfidato Gesù a dimostrare la risurrezione dei morti, il Maestro aveva risposto presentando il Dio dei viventi come “il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Tale risposta ha provocato la grande soddisfazione di uno scriba di ubbidienza farisaica, il quale “avendo visto che aveva risposto bene” (v. 28), pone ora egli stesso a Gesù la domanda sul primo di tutti i comandamenti e, sentita la risposta, esclama: “bene maestro” (v. 32). Tutta la scena (Mc. 12, 28-34) che narra il primo comandamento è racchiusa tra questi due “bene”, che formano una grande “inclusione” e determinano il senso positivo di tutto il brano.

E’ un incontro costruttivo e gioioso fra uno scriba e Gesù, che ci trasmette la grande parola liberatoria sull’amore. Più volte abbiamo sentito Gesù confrontarsi ed essere sollecitato a confrontarsi con l’insegnamento di Mosè, ma si trattava di questioni particolari. Ora, con la domanda di questo scriba, si va dritti al cuore della “Torà”, ai due comandamenti che, all’unisono, danno ossigeno e vita all’esistenza dei credenti: amare Dio con tutte le proprie forze e amare gli altri come se stessi.

Dialogo generativo tra uno scriba e Gesù

L’insegnamento di Gesù è provocato dalla domanda dello scriba: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” (v. 28). In genere gli scribi erano della corrente religiosa dei farisei e reputavano l’osservanza dei comandamenti nella vita quotidiana l’elemento caratteristico della religiosità ebraica. Lo scriba del nostro testo, poi, è presentato come uno dei testimoni dei dialoghi precedenti, e la domanda che egli ha posto a Gesù riguarda il problema cruciale di tutta la legge mosaica.

Qui lo scriba, chiedendo qual è il primo dei comandamenti, cerca il loro criterio ispiratore e unificatore per non cadere in un legalismo vuoto che frantuma l’esistenza. La classificazione dei 613 precetti, in importanti e secondari, grandi e piccoli, era un problema serio per l’insegnamento e la vita quotidiana per l’ebreo praticante.

L’amore per il Dio unico

Gesù risponde citando la professione di fede ebraica (“Ascolta Israele”: Dt. 6, 4-5), ma al contempo afferma che il comandamento dell’amore scaturisce direttamente dalla fede nell’unico Dio. Con il verbo “ascoltare” Gesù comanda un ascolto continuo e permanente. Il fatto che ci sia un solo Dio è fondamento di quanto viene poi richiesto: che lo si ami con totalità ed esclusività di amore, con il cuore, l’anima e la forza. Con questa elencazione di facoltà umane di amore e di conoscenza, Gesù intende insistere sulla necessità di una risposta completa di tutta la persona umana a Dio, che si manifesta come l’unico Signore. Amare l’unico Dio con tutte le forze e capacità date alla persona è la sintesi suprema della volontà di Dio.

…e quello per il prossimo

Gesù al primo comandamento ne aggiunge un secondo, l’amore del prossimo, in quanto l’amore per la persona non è in alternativa a quello verso Dio, perché scaturisce come l’acqua dalla stessa fonte.

I due sono in stretta relazione: da una parte l’amore di Dio è il fondamento e l’origine dell’amore del prossimo, e dall’altra questo amore di Dio può essere vissuto solo nell’amore del prossimo, come precisa l’evangelista Giovanni: “Se uno dicesse di amare Dio e odiasse il fratello, è un mentitore”. Perciò il comandamento dell’amore del prossimo è chiamato da Gesù “il secondo”: non perché sia secondario, ma perché ogni amore deriva e scende dall’alto. “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (v. 33): l’amore per sé stessi è dato da Gesù come indice su cui misurare l’amore per il prossimo.

Un’osservazione realistica sul comportamento effettivo delle persone lascia riconoscere che qui è dato un criterio oggettivo. Il prossimo devo amarlo “come me stesso”, è necessario un lungo cammino di purificazione perché diventi vero amore, che libera e dà la vita. Gesù precisa che “non c’è altro comandamento più importante di questi” (v. 31): il termine comandamento è senza articolo per sottolineare la natura di comandamento per eccellenza e il verbo essere (“c’è”) al presente dice che il suo valore è perenne e continua nel presente dei credenti.

Reazione dello scriba e apprezzamento di Gesù

Hai detto bene, Maestro, e secondo verità” (v. 32). L’adesione entusiastica dello scriba che ripete esattamente le parole di Gesù, sono l’indizio di una concordanza di principio che non poteva essere turbata neppure dai primi contrasti tra cristianesimo ed ebraismo. Gesù termina il suo dialogo con un’ultima parola che riconosce la comprensione piena del comandamento primo della Legge e si congratula con lo scriba: “Non sei lontano dal regno di Dio” (v. 34).

Alla vigilia della Passione di Gesù, questa parola getta luce in anticipo su quel dramma d’amore che sarà la morte di colui che ha unificato in sé il passato, il presente e il futuro, aprendo un programma morale e spirituale sempre da compiere. Gesù sintetizza in modo ammirevole la pluralità delle leggi simboleggiate dallo stesso numero delle “dieci parole”: il valore “amore di Dio” riassume da solo i primi tre comandamenti del Decalogo, mentre “amore del prossimo” gli ultimi sette.

Nella risposta alla domanda dello scriba Gesù aggiunge qualcosa di perfettamente nuovo, di inedito. Egli mette insieme, unisce strettamente le due lampade del nostro cammino in un’unica, fortissima fiamma. Così, in un colpo solo, spazza via tanti inutili dilemmi che sembrano opporre Dio e il prossimo, tante domande retoriche, tanti problemi inesistenti, che nascondono una visione contorta delle situazioni e delle persone.

No, non c’è alcuna opposizione tra Dio e il prossimo, perché in fondo, quando l’amore è autentico, si tratta dello stesso destinatario. Il legame vero con Dio fa cogliere subito le necessità del prossimo, e l’accoglienza nei confronti dei piccoli e dei poveri apre inevitabilmente a colui che, attraverso Gesù, ci viene incontro come un Padre.                                                            

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Mazzeo, 2021; Laurita, 2021.

Redazione

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