Categorie: Spettacoli

Lana Del Rey, live a Roma deludente, quasi un karaoke con balletti

Lana Del Rey, cantautrice statunitense, star mondiale, iconica, bella, tormentata, con una voce seducente e malinconica come le sue canzoni, quasi delle ninne nanne per film del primo Tim Burton o anche per le visioni di David Lynch, approda a Roma. Appena arrivati al Palalottomatica, dove si è esibita venerdì scorso, dopo Milano, per la seconda data del L.A. To The Moon Tour, per la promozione dell’ ultimo album, Lust For Life, di cui la Del Rey aveva detto a Pitchfork che si trattava di un disco ‘’con influenze della prima Joan Baez e caratterizzato da una maggiore consapevolezza sociale e politica’’, constatiamo però che Lana del Rey è una vera e propria teen idols. Ebbene sì, la immaginavamo dark lady, non certo una Diamanda Galas, ma nemmeno che avesse orde di ragazzine ai suoi piedi con tanto di papà che le accompagnano, in quanto quasi tutto il pubblico è composto da minorenni. Intanto, il concerto è aperto dalla sublime Cat Power che in in trenta minuti dà il meglio di sé e si conferma una delle figure femminili di riferimento dell’indie rock contemporaneo.

Con un ritardo di mezz’ora entra in scena lei, la ‘’divina’’ Lana, i timpani sono lesi dalle urla impazzite delle adolescenti che probabilmente desiderano immedesimarsi in lei e vorrebbero essere lei, come ogni adolescente ha i suoi idoli. Il palcoscenico è addobbato con palme finte, sdraio bianche e rosse, una messinscena stile Malibù, un sogno americano svanito e disincantato, ma siamo lontani dall’incendio di Malibù che cantava la magnifica  Courtney Love.

Diafana e strizzata in un mini abito nero di pelle con stivali al ginocchio e una capigliatura bruna anni sessanta arriva la star americana. Al suo seguito due coriste e ballerine, ebbene sì ci sono le ballerine e Lana, la dea della luna e dell’oscurità, balla in stacchetti che nemmeno le veline di Striscia la Notizia, anche perché oltre a non essere, o almeno non dovrebbe essere, quello il suo ruolo, non sa ballare, è impacciata, sembra narcotizzata, imbarazzante. Sorride come avesse una maschera sul volto, gli occhi vuoti e lo sguardo vitreo. Dovrebbe incantarci, ipnotizzarci, sedurci non fare stacchetti coreografici. 

Sembra sedata, sorride a tutti ma come se non ci fosse anima, emozione, come se l’avesse controllata, imprigionata. C’è un bellissimo articolo del Washington Post, ripubblicato poi da Il Post di Adriano Sofri,  che racconta di  come sia cambiata la musica americana negli anni a seconda dell’uso di droghe utilizzate dagli artisti: il jazz aveva l’eroina, il rock dei settanta lsd e acidi, la musica di questi ultimi anni gli oppioidi, gli ansiolitici, le benzodiazepine, lo Xanax, sappiamo che di queste droghe sono morti di recente Prince, Tom Petty, Chris Cornell, solo per citarne alcuni, per quanto la loro musica non somigliasse allo Xanax, come invece il Post scrive di Lana Del Rey. Tuttavia, Lana fa questo ''effetto Xanax’’, ma in accezione negativa, non languida, non estatica,  soprattutto dal vivo, e in più ci sembra totalmente fuori luogo con le ballerine mentre canta brani come Born to die, Summertime Sadness, con le voci urlanti di 9000 quindicenni al seguito.

Spesso nel corso del concerto Lana non canta, ha una base, sembra quasi un playback e un karaoke, tanti sono gli effetti, le sue mille voci campionate e sintetizzate in post produzione. Le ragazzine sono in delirio, sino al punto in cui scende dal palco e abbraccia i fans, li bacia, fa i selfie con loro. Poi torna sul palco per canticchiare e ballicchiare. No, non è Britney Spears, naturalmente abbiamo sempre disprezzato la Spears, comunque non balla bene come lei, ma non dovrebbe proprio fare questo tipo di cose, immaginiamo Siouxsie Sioux che improvvisasse stacchetti coreografici, suvvia!

Dov’è Joan Baez e dove sono la consapevolezza  sociale e politica?

Peccato, eravamo entusiasti di vederla, volevamo ascoltare le sue malinconie, le sue ballad, il lato oscuro della luna, la magia. Già, dov’è la magia seduttiva di Lana? La voce flebile, i balletti, gli ammiccamenti, il cappellino con la scritta Roma in testa, i brani riadattati, suonati e campionati come canzoncine alla Katy Perry, hanno deluso le nostre aspettative.

Ci è sembrato un mero e brutto prodotto commerciale creato da produttori americani che vogliono addomesticarla e, visto il fenomeno di successo mondiale che lei rappresenta e le 9.000 bambine urlanti, ci sono riusciti, ahinoi. Un concerto senza emozioni, sedato appunto, un’icona costruita come il suo volto, un tempo bellissimo, oggi, poco più che trentenne,  appesantito dal troppo botox.

Meglio ascoltare i suoi dischi che vederla dal vivo, riflessione che mai si dovrebbe fare di un talento  musicale.

Una volta Trent Reznor, premio Oscar per le colonne sonore e genio del suono con i suoi Nine Inch Nails  disse che aveva smesso con la droga e che però non per questo il suo talento era finito, salvo aver precedentemente affermato: ‘’Quando non vuoi davvero smettere di essere un ubriaco o un tossicodipendente, puoi trovare qualsiasi scusa che convalida ciò che stai facendo. Ho usato la scusa che avevo  bisogno di farlo perché stava alimentando la mia arte. Ho raggiunto quel punto in cui la morte era dietro l'angolo. Avere il coraggio di trovare la redenzione è valsa la pena per me, anche se mi è costato la mia vita artistica. Perché mi sarebbe costato la vita reale se avessi continuato su quella strada’’. 

Interessante analisi di un grandissimo artista, resta da capire se e quanto l’arte possa essere esaltata dai demoni interiori e quanto invece la popolarità e il successo siano veicolati da brutti produttori musicali che trasformano personalità di talento in robottini senz’anima. Quanto anche la nuova droga di oggi, ansiolitici e oppioidi, sedi i demoni, al contrario della droga di ieri.

Per quanto riguarda Lana Del Rey, continueremo ad ascoltarla nei suoi lavori registrati in studio, ad ammirarla nei suoi bellissimi video, pensavamo di andare a vedere una sorta di Diamanda Galas invece abbiamo trovato una specie di Katy Perry.

 

Foto: Mariagloria Fontana

Mariagloria Fontana

Scrittrice e giornalista. Laurea magistrale in Storia e Critica del Cinema. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione Pubblica all'Università di Tor Vergata di Roma. Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo "La Ragione era Carnale" (Armando Curcio editore). Ha scritto per "Il Fatto Quotidiano", "MicroMega", "Viaggi del Corriere della Sera", "Huffington Post", "Affaritaliani". È stata fondatrice e direttrice del sito femminile di costume "Le città delle donne". Ha un programma di libri, "Affari di libri", in cui intervista gli scrittori in onda sulla emittente radiotelevisiva "Radio Radio".

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