Le parole dell’angelo a Maria: “Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (Lc. 1,32-33) dicono a coloro che ascoltano che il momento del compimento della promessa fatta a Davide (cfr. la prima lettura: 2Sam, 7) è giunto. La giovane Maria conosce quelle promesse, sa che il popolo al quale appartiene attende un messia. Ecco che proprio a una giovane donna di Nazaret viene proposto da Dio di diventare la madre del “re”: Maria è chiamata a collaborare al piano della salvezza.
Dopo un saluto rassicurante eppure enigmatico, ecco le parole che hanno placato il turbamento di Maria: “Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio” (v. 30).
Quindi l’angelo dà a Maria il cuore dell’annuncio: “Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine” (vv. 31-33). Le indicazioni dell’angelo sono molto dettagliate: viene indicato a Maria il nome che darà al nascituro.
Questo nome “Gesù” significa “il Signore salva”, quindi contiene la sintesi di ciò che Dio realizzerà attraverso quel bambino e anticipa alla Madre un elemento fondamentale dell’identità e della missione del figlio.
Accanto al nome dato da Maria, però, per il bambino è in serbo un altro nome: “Figlio dell’Altissimo”. Nella cultura biblica il nome dice l’identità, questo bambino sarà davvero Figlio dell’Altissimo. Inoltre, a Maria viene anche detto che colui che nascerà sarà celebrato e prenderà il trono del suo antenato Davide: così pregustiamo il compimento della promessa narrata nella prima lettura. Infine, del suo regno viene annunciato che, in netta differenza dai comuni troni umani, esso non avrà fine.
Maria chiede “come” avverrà ciò che l’angelo ha così dettagliatamente indicato; non dubita che il Signore possa, ma chiede “come” possa avvenire tutto ciò, visto che lei non conosce uomo. La sua è una domanda intelligente, critica, che sa misurare la distanza tra la sua effettiva condizione e ciò che le viene prospettato: sa di essere una giovane donna senza grandi strumenti, promessa sposa ma non ancora unita a suo marito Giuseppe, quindi di fatto “sola” in questa impresa. L’angelo le risponde: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra” (v. 35).
Queste parole risuonano di immagini dell’A.T. (antico testamento): la nube che copriva la Dimora dove c’era la Gloria del Signore (cfr. Es. 40, 34-35). Maria è la “nuova” arca dell’Alleanza che verrà ricoperta dalla nube protettrice di Dio, segno della sua presenza in mezzo al suo popolo e sui suoi eletti. Quest’ombra promettente e protettiva genererà Gesù in un concepimento singolare e irripetibile, con il sì di Maria ma senza il concorso di un uomo. E colui che nascerà da lei sarà santo e verrà chiamato Figlio di Dio, il terzo nome per questo bambino.
Quindi l’angelo dà a Maria anche un “segno”, ossia una prova dell’affidabilità dell’annuncio che riceve: il segno è Elisabetta, sterile e avanti negli anni, eppure è al sesto mese di gravidanza, a confermare a Maria che “nulla è impossibile a Dio!” (v. 37). La fecondità di un grembo sterile e la gioia che l’insperata grazia porta nella vita di una donna altrimenti destinata alla disperazione, sono per Maria i segni più eloquenti, il linguaggio a lei forse più umanamente prossimo e visceralmente comprensibile per “fidarsi” di Dio.
Così ella, pur ignara degli effettivi modi di compimento della profezia a lei destinata, aderisce alla proposta dell’angelo: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (v. 38). Mettendosi fisicamente e interiormente in cammino, dietro la promessa del Signore, una giovane donna di Nazaret rende così possibile l’incarnazione del Figlio di Dio.
Cosa avremmo fatto noi al posto di Maria? Probabilmente ci saremmo trovati in grande imbarazzo. E non solo per l’onore che Dio ci faceva rivolgendosi proprio a noi. Ma anche per il bisogno di saperne di più, di fare i nostri calcoli, di mettere insieme i pro e i contro. Maria si è fidata di Dio, anche se era un Dio scomodo che portava sconquasso nell’esistenza, fin lì tranquilla, della “promessa sposa” di Giuseppe.
Maria si è abbandonata a Dio, al suo progetto, senza chiedere ulteriori spiegazioni. Le è bastata la sua parola perché Dio è fedele. Le è bastata la certezza della sua grazia, del suo amore. Ella mette la sua esistenza nelle mani dell’Altissimo, accetta di essere abitata dall’azione dello Spirito senza mettere condizioni, senza chiedere reti di protezione, senza domandare ulteriore luce: “Avvenga per me secondo la tua parola”. Le è bastato quel “segno”: Elisabetta, la sterile, avanti negli anni, che è già al sesto mese.
Quel suo “sì” è stato decisivo per tutti noi, per gli uomini e le donne di ogni tempo, per la storia della salvezza, per il futuro dell’umanità. Siamo disposti anche noi a fidarci di Dio quando si fa tanto vicino da essere terribilmente scomodo, quando cambia i nostri progetti e i nostri sogni? Siamo pronti anche noi a formulare quei “sì” che ci mettono sulle strade di Dio, forti solo del suo amore?
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Guida, 2020; Laurita, 2020.
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