L’importante testo dell’annuncio dell’angelo a Maria (Lc. 1, 26-38) è compreso come attuazione completa della promessa al re David. Il testo lucano interpreta esplicitamente la nascita di Gesù come il compimento della lunga attesa messianica, della manifestazione del mistero avvolto nel silenzio per secoli.
Il riferimento temporale con cui il testo si apre (v. 26) rimanda all’avvenimento precedentemente raccontato dell’annuncio della nascita del Battista da Zaccaria ed Elisabetta e il sesto mese dal concepimento della cugina diventa il segno certo dell’implicazione di Dio nella storia di queste famiglie e con il suo popolo. Anche l’angelo parla del ritmo dei tempi umani come segno per Maria della realtà divina che in lei sta per realizzarsi. L’annuncio a Maria si colloca così come proseguimento di una lunga e ricca storia di rivelazione del Signore, che il testo biblico attesta con particolare riferimento all’evento della maternità.
In più racconti la Scrittura riferisce come la nascita di figure determinanti nella storia di salvezza avvenga attraverso maternità straordinarie, nelle quali si manifesta l’azione di Dio. Il Signore interviene nella storia anche oltre ciò che umanamente è ritenuto impossibile. Il vangelo di Luca raccoglie la tradizione delle maternità bibliche nei due racconti paralleli degli annunci della nascita di Giovanni Battista e di Gesù. L’accostamento delle due narrazioni è finalizzato a evidenziare la progressione negli eventi salvifici: l’annuncio a Maria presenta importanti dettagli che affermano che la feconda azione salvifica di Dio è giunta alla pienezza.
La scena, a differenza dell’annuncio a Zaccaria, non è collocata nel Tempio di Gerusalemme, ma nella contrada di Nazaret in Galilea (v. 26). Il riferimento geografico rimanda alla periferia della terra di Israele, lontano dalla centralità biblica di Giuda, di Gerusalemme e del suo tempio, nella regione settentrionale, la Galilea delle genti, terra spesso considerata pagana, segnata da un secolare destino di oppressione e umiliazione.
Ulteriormente, Nazaret non ha rimandi biblici; essa è una località finora sconosciuta alla storia di Israele, il cui riferimento esprime l’assoluta novità di questo intervento divino. Il contesto geografico dell’annuncio mette dunque in evidenza uno dei tratti caratteristici della teologia del Dio di Israele: il suo sguardo di grazia si rivolge alle realtà oppresse dalla storia e alla fragile umiltà dei poveri che confidano in lui.
L’annuncio è rivolto a una donna promessa sposa, che Luca definisce come vergine (v. 27), in linea con la narrazione di Matteo (1, 18ss.). Il termine greco (parthénos) esprime la situazione di “promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe” (v. 27) con il quale non ha ancora condiviso una vita comune. L’annuncio a Maria presenta una situazione completamente nuova nella Scrittura, nella quale non si parlava di concepimento senza unione sessuale. Di fatto, la verginità di Maria trova pieno senso per il legame con una discendenza regale quasi persa nel tempo e non più protagonista negli eventi salvifici.
Il dono della divina maternità di Maria è volto a rigenerare una promessa legata alla discendenza davidica divenuta sterile per la storia umana. Ora Dio interviene attraverso una maternità straordinaria, innestata nel “tronco di Iesse” (Is. 11, 1). Il concepimento verginale di Maria è la riabilitazione per intervento divino di una salvezza ormai considerata impossibile. La promessa messianica fatta a Davide è ancora viva e raggiunge il compimento non per l’opera umana, ma per l’azione di Dio.
“Rallegrati” (v. 28): il saluto dell’angelo a Maria è una parola profetica che invita ad aprirsi alla pienezza della gioia messianica. “Piena di grazia” (v. 28) perché il “il Signore è con te” (v. 28). La reazione di Maria è fatta di sentimenti di turbamento e timore, espressione di una fede autentica, alla ricerca di un senso per quanto sta per accadere. La parola dell’angelo spiega ulteriormente il motivo della grazia divina (v. 30) che consiste nella libera e gratuita iniziativa del Signore del dono della maternità (v. 31), a favore della discendenza di Davide (v. 32) e della stabilità eterna del suo regno (v. 33).
“Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” (v. 34). La domanda permette di chiarire la dimensione divina dell’evento e di conseguenza fornisce una risposta alla lunga attesa messianica. Gesù, nato da Maria, sarà “Figlio di Dio”, perché generato dall’onnipotenza di Dio per opera dello Spirito Santo (v. 35). L’azione dello Spirito compie in Maria una nuova creazione, come quando aleggiava sulle acque primordiali per generare la vita (Gen. 1, 2).
Maria, infine, si riconosce prontamente come “serva del Signore” (v. 38): la risposta è la manifestazione dell’adesione piena all’avvenimento della parola del Signore e della sua consapevolezza e disponibilità a collocarsi nella lunga scia di servi del Signore, che hanno permesso a Dio di essere presente nella storia del suo popolo con la sua Parola, fatta echeggiare dai suoi servi, i profeti, fino alla sua stessa incarnazione.
Signore Gesù, il saluto dell’angelo ci ha svelato subito quali sono le intenzioni del Padre. Dio fa grazia, offre il suo amore, in modo del tutto disinteressato, ed è questo amore la risorsa vera della nostra esistenza, in ogni frangente. Ci può essere allora una gioia più grande di questa? La risposta di Maria è dunque un abbandono fiducioso, senza remore, senza limiti. Gesù, le parole dell’angelo oggi sono per me, per ogni discepolo. Viviamo in tempi complicati, ma nulla ci potrà separare dal tuo amore ineffabile.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Agnoli, 2023; Laurita, 2023.
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