Latina, dopati per lavorare 12 ore al giorno: dossier shock
La Onlus In Migrazione rivela le condizioni disumane dei braccianti sikh nell’Agro Pontino
Indignazione, sdegno e necessità di fare chiarezza. Sono i sentimenti suscitati ovunque, dal web alla politica, alla notizia dei braccianti sikh che lavorano 12 ore al giorno sotto il sole e costretti a doparsi con sostanze stupefacenti e antidolorifici che inibiscono la sensazione di fatica. E non succede alla periferia del mondo ma nell'Agro pontino, precisamente nelle campagne fra Sabaudia e San Felice Circeo. Il caso ha fatto il giro del web e nel giro di poche ore è salito alla ribalta delle cronache nazionali, al punto che molti deputati hanno presentato interrogazioni parlamentari.
Lo sfruttamento è testimoniato da un dossier della onlus In Migrazione, titolato "Doparsi per lavorare come schiavi". I braccianti, per svolgere questo duro e disumano lavoro percepivano la miseria di 4 euro l'ora e, come se non bastasse, l'assunzione forzata di sostanze dopanti, erano vittime di vessazioni e violenze. Il rapporto di In Migrazione sottolinea che quella dell'Agro Pontino è la seconda comunità sikh d'Italia per dimensioni e rilievo.
"La richiesta di forza-lavoro non qualificata – si legge nel documento – e facilmente reperibile da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha, infatti, incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina". Come emerso da alcune testimonianze, le vittime vivono nel dolore e nel rimorso di coscienza, dal momento che la loro religione vieta di assumere le sostanze che gli sono somministrate ma qualora non lo facessero non sarebbero in grado di lavorare per 12 ore, cosa che comporterebbe il licenziamento.
Il dossier di In Migrazione sostiene che le sostanze stupefacenti sono procurate da alcuni italiani, che gestiscono una rete ormai consolidata, che probabilmente gode di collegamenti con l'estero Per tali ragioni si auspica che "insieme agli interventi repressivi delle forze dell'ordine si possa sviluppare una riflessione qualificata da parte di tutti i soggetti interessati, a partire dalla comunità sikh pontina, per promuovere politiche volte a sconfiggere lo sfruttamento, il caporalato, il sistema di tratta che caratterizza questa migrazione e i troppi speculatori che sulla vita dei braccianti indiani hanno fondato il loro lucroso business".