Latina, giudice arrestata: abbonamento stadio in cambio di incarichi professionali
Sono tre le persone coinvolte nell’indagine per corruzione portata avanti dalla Guardia di Finanza
Latina, trema il Tribunale della città laziale. Secondo il gip di Perugia, la giudice di Latina Giorgia Castriota, accusata di corruzione “non solo avrebbe direttamente nominato e agevolato il conferimento degli incarichi a persone con cui intratteneva rapporti personali consolidati, ma avrebbe percepito, sistematicamente, parte dei compensi in denaro liquidati dallo stesso giudice nell’ambito dell’amministrazione giudiziaria o corrisposto, a titolo di compenso, dalle società sequestrate”.
Latina, arrestata la giudice Giorgia Castriota
Gioielli e preziosi, biglietti per viaggi e perfino un abbonamento annuale in tribuna d’onore dello Stadio Olimpico di Roma in cambio di incarichi professionali. Sono questi i dettagli dell’accusa rivolta dalla procura di Perugia nei confronti del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Latina.
La gip non è la sola a vedersi notificate queste accuse, con lei anche due collaboratori, Silvano Ferraro e Stefania Vitto, a vario titolo accusati di corruzione per atti contrario ai doveri di ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità.
Castriota e Ferraro hanno ricevuto la misura di custodia cautelare in carcere mentre Stefania Vitto degli arresti domiciliari.
L’indagine è stata condotta dalla Guardia di finanza, svolta sulla base di intercettazioni e di atti bancari, documenti hanno permesso di acquisire gravi elementi indiziari che proverebbero “l’esistenza di una rete di rapporti amicali e di frequentazioni fra i vari soggetti che, all’interno dell’amministrazione giudiziaria, hanno percepito e stanno tuttora percependo compensi particolarmente cospicui”.
La pena massima per la corruzione per l’esercizio della funzione (art. 318) è la reclusione fino a 6 anni (oggi, è 5 anni); – la pena per il reato di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio (art. 319) è la reclusione da 6 a 10 anni (oggi da 4 a 8 anni).