Riceviamo e pubblichiamo dall’on. Raffaele Trano, ex M5S e ora confluito nel Gruppo Misto – Alternativa, nativo di Formia (Latina).
“Purtroppo, nella notte scorsa, l‘ennesima vergognosa pagina che riguarda la sanità della nostra Provincia, è stata scritta. Eppure io stesso ho cercato in ogni modo di fare qualcosa quando qualche giorno fa mi è arrivata questa segnalazione da un cittadino, questo grido di disperazione misto a incredulità e non senza una certa dose di lucida frustrazione.
L’anziano uomo, due settimane fa circa, entra al pronto soccorso dell‘ospedale di Formia, a seguito di alcuni sintomi di malessere. Dopo una serie di accertamenti clinici, il medico di turno ne dispone il trasferimento a Latina per una più dettagliata visita urologica, per una sofferenza renale, visto che tra l’altro l’unico servizio di urologia attivo in tutto il territorio provinciale si trova solo nel capoluogo.
Alla faccia di una sanità al servizio del cittadino. Pochi minuti però e lo scenario cambia radicalmente, avviene infatti che mentre il paziente è ancora nel Pronto soccorso formiano e attende sviluppi, c’è il cambio turno dei medici, e il subentrante medico ferma tutto e cambia la versione del medico precedente, rimandando il paziente a casa ‘perché sta bene’, la visita può farla anche entro un mese.
Poche ore dopo e l’anziano manifesta dolori e febbre alta. Da allora inizia il suo calvario, verrà trasferito ad un altro ospedale della Provincia, mangia poco e fatica anche a parlare. Insomma le sue condizioni, anche secondo quanto manifestano i familiari, precipitano rapidamente e questo perché ha bisogno quanto prima di una banale operazione chirurgica.
L’aspetto più assurdo e vergognoso dell’intera vicenda riguarda il fatto che essendo l’uomo affetto da diverse patologie, alcune emerse nei controlli degli ultimi giorni, per ricevere un adeguato intervento chirurgico, deve poter essere operato in un luogo dove in caso di bisogno c’è disponibilità di un letto di terapia intensiva, a causa della sua debolezza cardiaca.
Ora, secondo una prima ricostruzione dei fatti – come sono stati raccontati dai familiari, che stanno vagliando l’ipotesi di una circostanziata querela – in tutta la Provincia di Latina non ci sarebbe stata per ben due settimane, e quindi sino al sopraggiungere della morte dell’uomo, la disponibilità nemmeno di un posto di terapia intensiva per l’intervento di cui aveva bisogno.
In tutta la Regione Lazio, compresa l’area metropolitana della capitale, la famiglia non ha trovato disponibilità. Per questo motivo nei giorni scorsi ho scritto immediatamente e allertato sia il direttore dell’ospedale Goretti di Latina che la direttrice dell’Asl di Latina.
Lo ho fatto per verificare se effettivamente le cose stessero così, e in ogni caso per cercare al più presto una soluzione per salvare la vita a un uomo che stava evidentemente morendo di tempo perso e di abbandono. Un uomo che stava morendo di terapie intensive insufficienti e di un sistema sanitario locale, regionale e nazionale completamente nel caos.
Un sistema sanitario di fatto incapace di offrire le prestazioni minime nel rispetto dell’osservanza del diritto costituzionale che il nostro Paese garantisce per la cura e la salute di tutti.
Addirittura alcuni giorni fa l’uomo, rimasto isolato e senza i suoi familiari accanto, sarebbe stato vittima di un primo arresto cardiaco, o comunque di problemi cardiaci nel cuore della notte, ovviamente debilitato da un quadro clinico che lo stava sfiancando perché doveva essere operato.
La famiglia, che ho seguito passo passo in questo calvario abominevole, racconta di interminabili tentativi di chiamate senza risposta per mettersi in contatto con il personale medico e avere notizie del padre.
L’uomo non ce l’ha fatta, noi non ce l’abbiamo fatta, la nostra classe politica vergognosa, l’Asl di Latina, il sistema sanitario regionale al collasso. Facciamo morire le persone di incuria, di abbandono, di strafottenza.
Una vergogna della quale macchiamo quotidianamente la nostra Storia, il nostro Paese, la nostra Costituzione e tutto ciò in cui crediamo. Abbiamo anche noi la nostra guerra quotidiana, subdola e silenziosa, e ormai da tempo la stiamo perdendo con vergogna e disonore, lasciando che siano i più deboli a morire”. La conclusione amara di Raffaele Trano.
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