Categorie: Cronaca

Laura Morante, ecco l’italiana che piace ai francesi

Musa di tanti cineasti: Bertolucci, Moretti, Resnais, Avati, il collo slanciato ne avrebbe fatto la modella ideale per Modigliani, il volto femminile e lo sguardo profondo, invece, ne fanno un’attrice intensa e apprezzata a livello internazionale. Laura Morante è una donna riservata, elegante, discreta e riflessiva. Dopo una breve vacanza e un cameo nel film Romeo e Giulietta (in anteprima mondiale il 26 luglio in Inghilterra)diretto da Carlo Carlei e scritto dallo sceneggiatore Premio Oscar Julian Fellowes, dalla prossima stagione tornerà nei teatri italiani con The Country di Martin Crimp per la regia di Roberto Andò.

Con il teatro è tornata alle sue ‘origini’?
In verità, le mie origini sono legate alla danza. Se si riferisce a quando, giovanissima, ho lavorato con Victor Cavallo e Carmelo Bene, non mi consideravo un’attrice. Lo facevo per gioco. Ho calcato il palcoscenico più matura in Francia e in Italia con il Teatro Stabile di Genova.

Cosa le regala il teatro che non le dà il cinema?
In genere a questa domanda gli attori rispondono: il rapporto con il pubblico. Invece, per me è il rapporto col testo. Nel cinema la frustrazione è che non si lavora molto sui testi, perché il copione è funzionale all’immagine. Intendiamoci, è giusto, il cinema è quello. Al contrario, il testo teatrale è parola e io amo la parola scritta. Forse perché vengo da una formazione più letteraria che cinematografica.

Si riferisce a suo padre Marcello, giornalista e scrittore, e a sua zia Elsa?
No, al fatto che vivendo in provincia il vero svago da bambina erano i libri e non il cinema. Sono cresciuta attraverso i libri.

Ha mai pensato di cimentarsi con la stesura di un romanzo?
Ho scritto qualche racconto, ma romanzi mai. Quando si ama la lettura, si pensa alla possibilità di scrivere. È un pensiero esaltante. Ma questo non vuol dire che si tramuti in un fatto concreto. Sono molto intimorita dall’idea di scrivere.

Teme un confronto con la celebre zia?
Più che altro un confronto con gli autori che amo. Ho un grande senso critico ed è inibente, poiché nulla è all’altezza dei libri letti.

Con il cinema nessun timore agli esordi?
Quando mi sono accostata al cinema ero ignorante, nel senso che non ero una cinephile. Avevo visto pochi film e possedevo una buona dose di incoscienza. L’ho fatto con una certa disinvoltura, anche troppa. Con la letteratura c’è un rapporto diverso. Sono una lettrice esigente.

Secondo l’ultimo rapporto di Federculture, l’Italia sta rinunciando alla sua vocazione artistica e sta scemando anche la fruizione degli italiani verso il cinema, il teatro, i libri. Che idea si è fatta al riguardo?
Se ne è dibattuto molto, l’allarme era stato già lanciato parecchio tempo fa. nni fa, nacque l’ Associazione Centoautori per salvaguardare la dimensione culturale del cinema. Non riguarda solo il mio settore, certo, ma anche la letteratura e l’archeologia. A proposito di questa, ho letto di inopinate chiusure di cantieri; siti che altrove sarebbero considerati decisivi, qui in Italia si è costretti ad abbandonarli perché non ci sono più fondi. Per non parlare della maniera in cui sono conservati i nostri luoghi, da Pompei alle biblioteche dove sono stati trafugati libri, come è accaduto a Napoli. La cultura dovrebbe essere il fulcro della nostra economia e invece abbiamo il vizio di considerarla accessoria. Potrebbe davvero essere l’elemento trainante della nostra economia.

Esiste una cultura di destra una di sinistra?
Non la definirei così manicheisticamente. Certo è che in questi ultimi anni l’attuale destra non è stata all’altezza di difendere la cultura. È innegabile che sia esistita una destra di un certo peso intellettuale nel passato. Una destra illuminata, colta anche se conservatrice, ma ha cessato di esistere da molto tempo. La destra attuale non rappresenta nessun riferimento per la cultura, anzi è stata devastante.

È la destra di Ferie d’agosto di Paolo Virzì in cui lei rappresentava una donna di sinistra?
Quello era un discorso diverso. Nel film la sinistra era portatrice di un’ideologia, mentre la destra era totalmente inconsapevole, ignara, di essere portatrice di un qualunque fenomeno, anche del razzismo strisciante che vi si raccontava. Era una destra portatrice di una sorta di ‘morbo’ inconsapevole, pur lasciando intatta una sua umanità. Molti di quei personaggi risultavano persino più simpatici di quelli di sinistra.

Quanto la cultura e il costume italiani sono stati inficiati dalla politica berlusconiana?
Troppo, ma è stato detto tante volte. Ciò non vuol dire che li abbia inventati Berlusconi certi modi di vivere. La strada degli istinti è quella più facile da percorrere. Le strade eticamente più rigorose sono le più impervie da seguire. Berlusconi non ha fatto altro che rivolgersi a quell’istinto che è sempre esistito e gli ha dato cittadinanza. Prima di lui, lo aveva fatto il socialismo di Bettino Craxi. Tuttavia, erano ancora istinti di cui ci vergognavamo. A un certo punto è morta la vergogna. La morte della cultura è avvenuta con la legittimazione della parte peggiore di noi. Berlusconi ne ha solo favorito l’espressione, senza più remore. È la dinamica che valeva per le leggi razziali. A parte quando sono state imposte dai regimi, ma quando ci si domanda come il popolo le abbia potute applicare spontaneamente con la delazione, la collaborazione, in Italia, in Francia, in Spagna sotto Franco, la risposta è semplice. Si tratta di persone che non avevano, allora come oggi, una coscienza compiuta, sufficientemente vigile, e che una volta autorizzati dall’alto sono stati capaci delle più terribili ignominie.

Ho letto in una sua intervista che le piace Matteo Renzi…
Non l’ho mai detto. Vede, ecco perché temo le interviste, voi poi scrivete quel che vi pare. Non l’ho votato nemmeno alle primarie del Pd. Ho fatto un discorso strategico a posteriori. Ho detto che se alle primarie fossero uscite altre indicazioni, chissà come staremmo oggi. Invece, Bersani mi è sempre piaciuto. Era uno dei Ministri del Governo D’Alema che ho più stimato.

Come mai non la si vede spesso in tv?
Quando mi propongono delle cose interessanti ci vado. Ho partecipato anche ad una puntata di Boris. Probabilmente mi fanno proposte che non mi incuriosiscono.

Lei ha co-sceneggiato e diretto Ciliegine, per il quale ha ricevuto una candidatura come miglior regista esordiente agli ultimi David di Donatello. È difficile per una donna fare la regista e l’attrice in Italia?
Non c’è scritto: vietato l’ingresso alle donne e agli ebrei, ma certo è un divieto più sottile, una questione più complessa. Non solo nel cinema, ma un po’ in tutti i settori. Il percorso professionale per una donna è sempre più tortuoso rispetto a quello di un uomo, per tanti, troppi motivi e pregiudizi, radicati nella società.

Lei è una donna molto bella, però non ha mai utilizzato il suo corpo per raggiungere il successo. Nessuna scorciatoia. Cosa ne pensa dell’utilizzo del corpo femminile da parte delle donne stesse e dei media?
Credo che ci vorrebbe una nuova ondata di femminismo. Trovo avvilente e anche tragica la deriva di misoginia alla quale siamo approdati. Quelle poche volte che mi capita di guardare la televisione, vedo immagini di donne, anche quando non sono esageratamente discinte, umilianti per via dei ruoli che ricoprono e ne soffro. Spero vivamente che, soprattutto da parte delle donne, ci siano un moto di ribellione e un soprassalto di dignità.

Mariagloria Fontana

Scrittrice e giornalista. Laurea magistrale in Storia e Critica del Cinema. Consegue il Master in Giornalismo e Comunicazione Pubblica all'Università di Tor Vergata di Roma. Nel 2017 pubblica il suo primo romanzo "La Ragione era Carnale" (Armando Curcio editore). Ha scritto per "Il Fatto Quotidiano", "MicroMega", "Viaggi del Corriere della Sera", "Huffington Post", "Affaritaliani". È stata fondatrice e direttrice del sito femminile di costume "Le città delle donne". Ha un programma di libri, "Affari di libri", in cui intervista gli scrittori in onda sulla emittente radiotelevisiva "Radio Radio".

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