Siamo costretti a parlare ancora di violenza gratuita. In questi giorni di lutto e dolore in tutta Italia per la tragica uccisione del povero Willy Monteiro, al Laurentino 38 c’è ancora chi crede che la violenza sia il modo per esprimersi e possa rimanere impunita. Una calda giornata nella periferia romana, di questo settembre che vuole ancora ricordarci come l’estate non sia finita, una linea, il 779, che storicamente ha vissuto molti episodi di aggressioni violente, vetri sfondati, sassaiole e persino spari di armi da fuoco.
Una zona storicamente a rischio, il Laurentino 38, i cosiddetti “Ponti”, zona popolare che nel passato ha raccontato pagine di cronaca violenta, una zona che negli ultimi anni sembra aver intrapreso strade più tranquille rispetto al passato, ma per qualcuno resta territorio di scorribande, di inciviltà e di impunità.
Erano circa le 13 di venerdì, quando, alla fermata dell’undicesimo ponte in via Marinetti, il bus viene fermato da una donna sulla cinquantina, presumibilmente in compagnia dei suoi due figli, la quale inizia subito ad inveire con ferocia contro il malcapitato autista, reo, secondo lei, di non aver fatto scendere il più piccolo dei suoi figli alla fermata richiesta nella corsa precedente. L. G. autista Atac, sessantenne, dall’esperienza pluridecennale, un uomo professionale ed educato da più di 30 anni in servizio per le strade della capitale, cerca in tutti i modi di calmare la donna spiegando come fosse impossibile, visto che per lui quella fosse la prima corsa effettuata.
La donna non sente ragioni, continua nelle sue urla e nelle minacce al povero conducente, quando il maggiore dei suoi figli decide bene di passare ai fatti, aprendo la porta dell’autista e sferrando dei pugni in pieno volto dell’inerme L. G..
La lite va avanti, la donna continua ad urlare le sue minacce e l’aggressore strappa dal collo il tesserino identificativo, urlando a voce alta il nome del conducente, “adesso so anche come ti chiami, non finisce qui”. Solo l’intervento dei Carabinieri riesce ad evitare il peggio, visto che sulla scena si stavano unendo anche persone scese dai palazzi, il clan familiare in cerca di vendetta non accennava a calmarsi neanche all’arrivo dell’ambulanza.
Il pomeriggio di ordinaria follia regala al povero conducente del 779, dieci giorni di prognosi salvo complicazioni, ematomi e lividi al volto, ma quello che più ferisce è la ferocia con la quale una madre scaglia i propri figli contro un uomo che sta lavorando.
La voglia di vendetta è più forte della ragione, l’arroganza degli intoccabili, lo sprezzo delle basilari regole di civiltà, l’abitudine all’illegalità e l’impunita come stile di vita. La speranza è che le istituzioni si facciano vive sostenendo il povero autista e che si arrivi alla tolleranza zero per questi facinorosi. Perché il povero Willy Monteiro non diventi solo un ricordosbiadito, ma diventi un monito contro tutti i violenti.
P.C.
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