Religione

L’Avvento: una vigilante attesa di salvezza

L’Avvento ci introduce in un nuovo anno liturgico (Anno B) la cui guida sarà prevalentemente il Vangelo di Marco. Questo Vangelo è il più antico e il più breve tra i quattro Vangeli; la sua autenticità, il suo carattere asciutto e spesso spiazzante, la sua apparente incompletezza sono stati interpretati a lungo come difetti di uno scrittore mediocre o tardivo, ma vengono ormai rivalutati come tratti peculiari di una cristologia narrativa molto intensa, giocata sul paradosso, sulla sorpresa, per suscitare nel lettore una fede matura e un’adesione radicale a Cristo.

Un annuncio apocalittico (rivelatore): Mc. 13, 33-37

Gesù rivolge ai discepoli una serie di moniti che riguardano un tempo futuro, ma non lontanissimo, in cui accadranno eventi tragici, cataclismi, persecuzioni che colpiranno particolarmente “gli eletti”. Ma costoro dovranno far bene attenzione a non essere ingannati o sconfitti da una serie portentosa di avversari che si scateneranno “in quei giorni”. Per queste caratteristiche il capitolo 13 è anche noto come “l’apocalisse marciana”, dal momento che da un lato esso annuncia eventi futuri drammatici, dall’altro esso rivela alcuni momenti legati al futuro della comunità dei discepoli. Tuttavia, più che costituire un discorso predittivo, le parole di Gesù cercano di offrire ai discepoli una corretta chiave di lettura prima che si verifichino alcuni avvenimenti “finali” riguardanti la comunità.

La vigilanza nell’attesa

Gesù prepara i discepoli a ciò che avverrà quando lui non sarà più fisicamente in mezzo a loro. Arriveranno, infatti, anche tempi duri e di tribolazione, ma il Figlio dell’uomo tornerà vittorioso. Questo brano ci viene proposto all’inizio dell’Avvento, perché non perdiamo un atteggiamento interiore di attesa, di proiezione nel futuro, perché non ci sediamo, affinché siamo scossi dall’intorpidimento delle consuetudini e della ferialità e alleniamo il nostro cuore all’incontro con il Signore che verrà una volta per tutte: che non ci trovi addormentati!

Un appello per i cristiani di oggi

Gesù usa delle immagini paraboliche, un tratto tipico della sua pedagogia. Nel testo che ci viene proposto in questa prima domenica di Avvento compare la parabola del padrone di casa che si mette in viaggio, dopo aver affidato compiti e responsabilità a servi e custodi (vv. 34-36). L’ora o il giorno del suo ritorno sono ignoti, ma è interessante notare che le quattro ore immaginate come possibili (“alla sera o a mezzanotte o al canto del gallo o al mattino” v. 35), saranno di lì a breve richiamate nel racconto della passione, che questo capitolo (13) immediatamente precede.

Queste quattro indicazioni non sono casuali, ma anticipano quattro momenti della passione in cui i discepoli saranno visti dal lettore addormentati (al Getsemani) o in fuga (all’arresto) o rinneganti (con Pietro) o assenti (alla condanna finale). Nonostante, dunque, la preparazione fatta da Gesù ai discepoli, essi hanno fallito, non ce l’hanno fatta. Ma il vangelo non serve a testimoniare un fallimento, bensì a suscitare una risposta di fede: il lettore può imparare da loro e cercare di non farsi trovare addormentato o assente, curando il proprio atteggiamento interiore: vegliare!

Proprio l’esistenza del vangelo, infatti, testimonia che quei fallimenti dolorosi si sono trasformati in esigenza di rinnovamento. Gesù, attraverso la parabola di oggi, richiede ai discepoli e a noi una disponibilità concreta, rispetto al compito che ci è stato affidato, “a ciascuno il suo” (34). Ma il sonno e l’assopimento sono sempre dietro l’angolo; per questo la parola consegnata ai discepoli è estesa a tutti: “Vegliate dunque!” (v. 37). E noi? Stiamo facendo bene il nostro compito? Stiamo custodendo quel pezzo di casa che abbiamo ricevuto? Siamo proiettati verso il ritorno del Signore?

Invocare un legame

Solo la presenza di un legame genera un’attesa: attendiamo di rivedere, incontrare nuovamente, ritrovarci faccia a faccia con le persone alle quali vogliamo bene. Essere consapevoli dei legami che sostengono la nostra esistenza significa generare un percorso importante per vivere l’Avvento. Viviamo un costante intreccio tra la qualità dei legami e la qualità del nostro attendere. Se il padrone di casa fosse a casa, sarebbe inutile vegliare per attendere il suo rientro. E’ il nostro legame con lui che caratterizza la nostra attesa: essa non viene meno se il padrone di casa tarda il suo rientro oppure se ritorna all’improvviso. Possiamo cogliere diversi atteggiamenti per vivere tutto questo: la vigilanza, l’attenzione, la prontezza, l’affidamento.

Attenzione è una parola da ascoltare, non ancora logorata come altre, seppur maggiormente utilizzata in contesti di pericolo, di avvertimento. Attenzione è parola che riveste una certa attualità se tradotta con “consapevolezza”. L’Avvento è forse il tempo liturgico che più di tutti valorizza l’attenzione mettendola in relazione con una “rivelazione”, quella dell’arrivo di Dio, improvvisa come il padrone che può rincasare in ogni momento. Attenzione è il contrario di sonno, di distrazione, di non-presenza, di dispersione: è quando siamo attenti che Dio si rivela! Non sappiamo quando è il momento della rivelazione perché può esserlo sempre, sarà la qualità della nostra attenzione a farcelo scoprire!

Chi veglia attende qualcuno e noi attendiamo il ritorno del Signore Gesù nella gloria; chi veglia è mosso dal desiderio, intenso e vivo, di incontrare qualcuno che sta per arrivare, ma non si sa di preciso quando. E noi sappiamo che resistere al sonno è la prova che dobbiamo affrontare. Solo  il desiderio può sostenerci nella notte. Un desiderio forte, perseverante, solido. Desiderio di lui, Gesù, e del mondo nuovo che ci ha annunciato. Desiderio di approdare, con lui, a una vita trasfigurata, di conoscere una pienezza e una gioia inaudita.                                          

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Guida, 2020; Osto, 2020; Laurita, 2020.

Redazione

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