Lazio misterioso, le città fantasma: Monterano, Chia, Castiglione
Oggi restano solo case sventrate e mura ricoperte di vegetazione, inquietanti cimeli di un passato che non tornerà
Le città fantasma del Lazio sono dovute dello spopolamento delle campagne degli anni ‘60, quando il boom economico ingigantiva le metropoli. Oggi restano solo case sventrate e mura ricoperte di vegetazione, inquietanti cimeli di un passato che non tornerà. Incredibilmente nei borghi abbandonati vi sono ancora opere d’arte non protette!
Lazio misterioso: le città fantasma
Può essere una forma di perversione oppure un atto di vero romanticismo. Visitare una città fantasma ha qualcosa di seduttivo cui difficilmente ci si può sottrarre. La seduzione della morte, di qualcosa che non c’è più eppure è ancora visibile, le case, le strade, i campanili e i palazzi, a testimoniare com’era quel borgo. Chi lo visita vede una trasfigurazione del vecchio paese.
Gli infissi sono divelti, le case sono sventrate, i soffitti hanno ceduto e la vegetazione, soprattutto le piante rampicanti, hanno attaccato le mura e infestato i locali. Non si può entrare nelle abitazioni, sia perché le erbacce lo impediscono, sia perché è un pericolo oggettivo. Però si resta sbalorditi, affascinati, davanti allo scempio della natura che vuole riappropriarsi delle cose dell’uomo. Le circonda, le sovrasta, le distrugge e, col tempo, tutto quel che era abitato sparisce sotto una coltre di rami e di foglie, un intrigo di vegetazione che nasconde i ricordi.
Una parvenza degli scheletri di questi paesi è ancora visibile a distanza di decenni
Un mistero sinistro avvolge le rovine della città perduta di Galeria Antica alle porte di Roma, Rocchette e Rochettine, nel cuore verde della Sabina, il borgo abbandonato di Celleno, l’antica Città di Ninfa e lo splendido borgo di Monterano. Visitarle è indubbiamente un viaggiare nel tempo ma ancora meglio sarebbe visitarle dopo una documentazione su com’erano prima e chi ci ha vissuto e per quanto tempo. Non solo una “pornografia” della distruzione da abbandono, ma una riflessione sugli eventi che accadono nella storia dell’uomo. Può bastare osservare lo scempio degli anni che passano oppure guardare per capire com’eravamo e cosa accade quando non ci saremo più. Le città nascono, vivono e muoiono, esattamente come noi ma con la differenza che i loro scheletri non sono seppelliti del tutto. Una parvenza di come fossero si può ancora avere osservando i loro fantasmi.
Ci sono anche i cacciatori di luoghi abbandonati
Tempo fa ho avuto occasione di occuparmi di un’associazione singolare, Urbex, ovvero cacciatori di luoghi abbandonati. Fanno le loro ricerche e una volta individuata una vecchia chiesa in disuso, una fabbrica abbandonata, una scuola, un villaggio, vanno armati di macchina fotografica o telecamera a riprendere luoghi immersi nel silenzio, sciatti, polverosi, ma ricchi del fascino del passato che potrebbe non tornare mai più.
Luoghi che la memoria cancellerebbe se non venissero da loro segnalati e riportati, anche solo parzialmente, all’attenzione di tutti. Le loro foto e video vengono inseriti nei siti sulla rete e diventano simili ai trofei dei cacciatori, come teste di cervi accanto al caminetto. Solo che anche questa attività corre sul filo del rasoio, perché spesso questi luoghi sono interdetti, sono terreni privati, chiusi, in cui l’accesso è vietato anche per motivi di sicurezza.
Le scale sono pericolanti, i pavimenti fatiscenti, i tetti possono cedere improvvisamente. Insomma recarsi in un luogo abbandonato senza precauzioni può esporre la persona incauta che lo fa a problemi di incidenti oltre che a quelli legali. Dare voce e aspetto ai luoghi abbandonati inoltre li espone ad atti di vandalismo e di saccheggio. Voi direte, ma che si può rubare in una struttura abbandonata? Beh c’è chi sa valutare bene le cose da asportare. Marmi, fili di rame delle reti elettriche, cose sparse recuperabili, cornici, parte di mobilia da riutilizzare, cavi, tubature, maniglie, lampadari, vecchi oggetti del passato da ristrutturare, come una radio a valvole, una chaise longue, un infisso, un affresco, un vecchio baule.
Assurdo! Alcune ancora conservano opere d’arte di pregio
In Italia abbiamo opere d’arte abbandonate nelle città fantasma. Sul sito groupun.it, è stato pubblicato l’anno passato (9.8.2022) un articolo sulle città fantasma del Lazio. In questo caso non c’è il rischio che l’argomento possa invecchiare, o non del tutto. Molti di questi borghi abbandonati sono nella provincia di Viterbo o a nord di Roma ma non solo.
Galeria, per esempio è vicinissima a Roma. È stata abbandonata all’inizio dell’Ottocento a causa della malaria. Si trova in effetti vicino al Fiume Arrone, tra una vegetazione secolare. Già al tempo delle incursioni saracene era stata messa a dura prova la sua esistenza. La malaria le ha dato il colpo finale.
Monterano, invece si trova nell’omonima Riserva Naturale, a nord della Capitale, dove è possibile osservare le rovine della città antica, quando era un feudo e ducato in mano a potenti famiglie. Dal Settecento in poi cominciò ad avere grandi migrazioni a causa anche qui della malaria. In cima ad una altura tufacea, ospita un antico acquedotto e opere d’arte del Bernini. Nel corso degli ultimi anni è stata location di numerosi film. Questo è il destino di parecchie di queste città fantasma. Costituiscono un’ottima base per ricostruire un set originale. Un po’ di cartapesta appoggiata alle mura antiche, qualche scenografia e il gioco è fatto. Ripulendo le erbacce delle strade ritornano in vita angoli perduti. Come se una vecchia signora venisse risvegliata dal suo torpore e rimessa in piedi dopo qualche ora di maquillage.
Ad Antuni ha trovato posto la Comunità Incontro di Don Gelmini
Castrum Antoni o Antuni sorge sulla cima del monte omonimo prospiciente l’abitato di Castel di Tora. Collegato mediante un sottile istmo alla terraferma, il colle è proteso verso il Lago del Turano, dal quale è quasi completamente circondato.
Siamo nel viterbese. La fama di questo borgo risale al Medioevo e fu abitato fino alla Seconda Guerra Mondiale. Proprio allora venne bombardata per errore, pensate che destino! Dopo il 1990 s’è pensato di ristrutturare degli edifici con i fondi per il Giubileo del 2000, come il Palazzo del Drago, i cui lavori sono terminati nel 1999. La gran parte delle case sono ormai dei ruderi, come l’antico Eremo di San Salvatore sulla cima del colle. La vita non è scomparsa del tutto da Antuni perché risalendo il cammino che s’addentra nel borgo si incontra la Comunità di Don Gelmini, che qui ha una delle sue sedi. Ospitata nel Palazzo del Drago, quello ristrutturato coi fondi del Giubileo. Possiede numerose stanze, come un castello degno di questo nome, e conta 365 finestre, una per ogni giorno dell’anno.
Nel viterbese: Celleno Antica, Chia, Falerii Novi, Norchia, Cencelle, Castro
Ricercare le origini di Celleno Antica è un’impresa ardua soprattutto se si vuol risalire alla data esatta della sua fondazione. Si trova vicino Viterbo e poco lontano dal centro abitato, è un borgo abbandonato dopo un terremoto, dal diciottesimo secolo in poi. All’interno rovine di origine etrusca che sono in ristrutturazine come tutta l’area. Le case in tufo rosso e il castello Orsini sono le uniche attrazioni da vedere.
Presso Soriano nel Cimino si trova l’antica città etrusca di Chia, nel cuore della Tuscia. Oggi è ancora un borgo medievale molto grazioso e completamente disabitato.
Falerii Novi, ma c’è anche ovviamente Faleria Antica. Era un importante centro etrusco, poi caduto sotto la dominazione romana. Abbandonato nel Settecento fu distrutto durante le battaglie tra francesi e borbonici.
Norchia, vicino a Vetralla, è solo una necropoli scavata tra il Fosso Biedano, il Fosso di Pile e dell’Acqua Alta, su una collina. Fu abbandonata nel Quattrocento a causa di una epidemia di malaria.
La storia di Cencelle, nei pressi di Tarquinia, ha inizio nell’anno 854. Nello stesso anno in cui l’abitato di Centumcellae venne definitivamente distrutto dai saraceni.
Nascosta tra le ombrose selve della Maremma Laziale al confine con la Toscana, si trovano le ultime vestigia dell’antica città di Castro, distrutta al punto che si vedono solo le fondamenta.
Nei dintorni di Roma: insediamenti antichi e luoghi abbandonati
Forgliera, si trova nel Comune di Arpino, circondato da boschi e abitato al tempo dei romani. Oggi nessuno vive più in questa frazione.
Camerata Vecchia, nei pressi di Camerata Nuova, i cui primi cenni storici sono datati 955 quando era in pieno svolgimento il processo dell’incastellamento che coinvolse tutti gli abitanti, sorge nei dintorni di Subiaco ed è in profonda rovina e difficilmente raggiungibile, anche perchè tocca i 1200 metri di altitudine. Un secolo e mezzo fa, gli abitanti l’abbandonarono in massa a causa di un devastante incendio.
La Farnesiana, borgo sperduto tra le campagne della Tuscia viterbese, alle pendici settentrionali dei Monti della Tolfa, sorge nei pressi di Allumiere, in provincia di Roma.
Marcellina Vecchia, vicina alla più moderna Marcellina, sorge sui resti della romana Regillum, ed era uno dei numerosi castra sorti in quella zona.
L’originale quanto antico nucleo di Montefalco sorge a sud-ovest dell’attuale centro abitato di Monteflavio, sulla cima di un colle dal quale si poteva controllare un passo montano. Si hanno le prime notizie di questo borgo nel 1422, anche se pare che già allora le prime case erano state abbandonate. Solo alla fine del XVI secolo, per volontà della famiglia Orsini il centro fortificato riprende vita ai piedi del colle dove ora sorge Monteflavio.
Castiglione, presso Palombara Sabina è un esempio di “castrum” medievale, con un grande castello posto al centro dell’insediamento, il più interessante di tutta l’area deila Sabina.
Il borgo fantasma di Stazzano Vecchio insieme al Castello Savelli è probabilmente uno dei borghi abbandonati più sconosciuti ma anche uno dei meglio conservati. È praticamente impossibile ritrovare questa località in una qualsiasi guida turistica dedicata al Lazio e alla Provincia di Roma. Come suggerisce l’aggettivo “vecchio” anche qui, similmente al vicino Castello di Castiglione di Palombara, siamo dinanzi a un fortilizio annesso a un abitato completamente disabitato da secoli: l’ennesima piccola “città morta” in un territorio ricchissimo di rovine medievali.
Nei dintorni di Latina: Ninfa, Norba, Ambrifi, Rocchettine, Roccabaldesca
Ninfa, in provincia di Latina. Alla fine del Trecento è stata distrutta e saccheggiata ma l’area in cui si trova resta splendida ancora oggi. Si tratta di un’oasi del WWF tra giardini e ruscelli e con una visita guidata si può scoprire in ogni angolo. Abbandonata dal Quattrocento ha la torre e il castello Caetani, che fanno parte dell’Oasi di Ninfa.
Norba, dice la leggenda che fu fondata da Ercole o dai ciclopi ma la sua origine è da ricondursi al VII secolo a.C. Non troppo distante da Norma, c’è un Parco Archeologico carico di rovine romane e medievali. Legata alle Guerre Puniche, è connessa ad un evento tragico. Dopo la vittoria di Silla, gli abitanti si uccisero e diedero fuoco alla città. Fu ripopolata nel basso medioevo, ma poi del tutto abbandonata nel XII secolo.
Nei pressi di Lenola ci sono le rovine di Ambrifi o come veniva chiamato Castrum de Ambrise, a 640 metri s.l.m.
Nei dintorni di Rieti: Reopasto, Rocchettine, Roccabaldesca
Nascosto tra le boscaglie dei Monti Sabini a poca distanza dalla strada provinciale, che porta il suo nome, si trova il borgo di Reopasto, una frazione di Contigliano. Durante gli anni ’60 gli ultimi cittadini andarono via e fu gradualmente abbandonato, diventando uno dei tanti borghi fantasma del Lazio.
Arroccato lungo una boscosa valle tra le montagne dei Monti Sabini orientali, il borgo di Rocchette sembra un guardiano discreto della valle. Sotto scorre il fiume Laia e dalla parte opposta si trova il celebre paese fantasma di Rocchettine, borgo gemello abbandonato durante il XVII secolo. Rocchettine era una fortezza medievale che ha mantenuto in vita una importante via di comunicazione tra Rieti e la Valle del Tevere.
Roccabaldesca fa parte del Comune di Salisano e sorge non lontano da una centrale idroelettrica. Abitata forse dal V secolo fu abbandonata alla fine del XVI secolo per un clima insalubre e per l’assenza di difese dai saccheggi da parte dei briganti. L’abbandono graduale del castello di Roccabaldesca si concluse nel 1592 quando una rappresentanza della Rocca si presentò al Palazzo comunale di Salisano con la richiesta di essere accolti nella loro comunità. Lo scavo effettuato dalla Soprintendenza Archeologica del Lazio, ha riportato alla luce e consolidato alcune strutture del castello come una torre a pianta triangolare, un frantoio a macine in pietra e dei depositi scavati nella roccia adibiti alla conservazione dei cereali.
Nei dintorni di Frosinone: Montecoccioli, Forglieta, Rovine di Acquaviva, San Gennaro
Montecoccioli, nei pressi di Arpino, è uno sperduto borgo tra le pendici orientali del massiccio del Monte Cairo. Chiuso da un tornate di una strada sterrata, si trova questo borgo fantasma. Raggiungere le poche case diroccate e in buona parte avvolte dalla vegetazione, è difficile per via della strada. Tra l’altro si trova molto vicino all’altro paese fantasma di Forglieta(2,3 km). Entrambi i borghi abbandonati possono essere visitati nell’arco di poche ore.
Forglieta è arroccato su un crestone boscoso rivolto a sud. Pochissime le informazioni sulla storia del paese ma oggi appare come fermo a decenni fa quando fu abbandonato negli anni ’70 del secolo scorso. Formato da un piccolo gruppo di case sperduto tra le colline a est di Arpino, è tra i borghi fantasma meno conosciuti del Lazio ma non per questo meno affascinante. Il passato avvolto nel mistero lo rende impenetrabile nella sua vicenda storica.
In posizione panoramica e solitaria si estendono le suggestive rovine del villaggio medievale di Acquaviva o Castello di Acquaviva. I resti del borgo fortificato si trovano su uno dei colli dei Monti Ausoni a 617 metri tra i Fondi e Vallecorsa. Durante la visita si possono scorgere l’antica cinta muraria, i bastioni, le cisterne dell’acqua, oggetti della vita agricola come le mole in pietra per la macinazione delle olive.
Il borgo fantasma di San Gennaro non è del tutto disabitato, ospitava fino al 2022 almeno 4 persone ma solo per trascorrere un periodo di vacanze durante l’estate. E’ famoso anche per un eremita scozzese che abita, non sappiamo se ancora è così, isolato tra le montagne, scendendo solo nel periodo estivo. Visitando il paese è evidente lo stato di abbandono e il senso di isolamento che si prova camminando tra vecchie case distrutte e la folta vegetazione. Durante l’inverno, in caso di neve, non è sicura la viabilità fino al borgo. Ma forse proprio per questo c’è chi ci passa le vacanze.
Infine Rocca Secca, dove sorge una chiesa ristrutturata con affreschi del XV secolo
L’antico abitato di Rocca Secca, sempre in provincia di Frosinone, con il suo fortilizio sorgono sul massiccio del Monte Asprano e più precisamente sul versante occidentale a guardia della Valle del Melfa. Il monte, di natura calcarea si presenta privo di vegetazione, caratteristica questa che ha sempre mantenuto nel corso dei secoli.
Il nome deriverebbe proprio dal fatto di essere in una zona povera di acqua. Un sentiero permette di risalire comodamente la cresta occidentale del Monte Asprano fino alla parte più alta del colle. Dall’arco a sesto acuto posto all’ingresso del borgo di Rocca Secca Antica si entra nel borgo disabitato e per prima troviamo la Chiesa di San Tommaso, edificata tra il 1323 e il 1325. La chiesa, affiancata da un campanile, si presenta molto semplice nella struttura. Composta da una sola navata, un presbiterio che, incredibilmente, accoglie diversi affreschi del XV secolo provenienti dalla Chiesa di San Pietro a Campea.
Questa chiesa venne completamente restaurata negli anni ’70, dopo le distruzioni dell’ultima guerra mondiale, e ora resta alla mercé di tutti in un borgo disabitato. Queste cose succedono in Italia dove abbiamo tanti, troppi tesori e non solo non li valorizziamo, ma li dimentichiamo sparsi sul territorio, senza cura e senza protezione.
*Foto dalla pagina Facebook “Percorso d’Arte a Castiglione di Palombara Sabina RM “