Libri: intervista a Marino Collacciani, “Francamente Franco”, il vero volto di Califano
Nel decennale della scomparsa di Franco Califano una biografia romanzata ricca di inediti, nei ricordi dell’amico Marino Collacciani
Franco Califano è stato dimenticato da tutti coloro che non lo hanno mai voluto conoscere veramente: un uomo sempre alla ricerca della verità, braccata nelle canzoni e inseguita con severa introspezione nella vita.
30 marzo 2013, 10 anni dalla scomparsa di Franco Califano
Il prossimo 30 marzo ricorre il decennale della sua scomparsa e c’è chi, con colta e raffinata sensibilità, ha voluto ricordare il suo genio indiscutibile, eppure “discusso”. Lo ha fatto Marino Collacciani, giornalista di lungo corso, autore di scoop memorabili (primi fra tutti la scoperta del “massacro del Circeo” e l’arresto di Enzo Tortora) e oggi alla prese con il suo nuovo libro, “Francamente Franco. Il vero volto di Califano” (Castelvecchi) – che sarà presentato a Roma lunedì 27 marzo (h 18,30), presso la Libreria ELI di viale Somalia 50/A.
Ad illustrare l’opera Edoardo Vianello, autore della prefazione, che farà da relatore insieme con Mita Medici, la donna più importante di Franco, e Stefano Calvagna, regista del film “Non escludo il ritorno”, nella tavola rotonda moderata da Enrica Bonaccorti con l’accompagnamento musicale alla chitarra di Giulia Ananìa, poetessa, cantante e autrice di alcuni importanti testi per Paola Turci, Malika Ayane, Elodie, Emma Marrone, Nek .
Le conclusioni saranno affidate al padrone di casa ELI, Marcello Ciccaglioni. Un meraviglioso dipinto del Maestro Athos Faccincani – “Luce e sole, i pensieri di Franco” – descrive i colori della sua gioia di comunicare ed è stato realizzato dall’Artista di fama internazionale espressamente per il volume.
Intervista all’autore del libro, Marino Collacciani
Marino Collacciani, cosa ha ispirato l’idea del libro?
“L’urgenza di restituire quanto è stato tolto in vita a Franco Califano. L’ho fatto scrivendo una sorta di diario di fatti intimamente inediti che spero possano portare a una riflessione oggettiva e matura sulla sua figura umana e sullo spessore poetico e filosofico contraddistinto dalla sua ricchissima produzione artistica in grado di portarlo a vendere 20 milioni di dischi, pubblicando 28 album (tre dei quali live) un EP e 29 raccolte, dopo aver scritto più di mille opere tra canzoni e poesie. Emerge così i il vero volto di Califano: un uomo capace, con i suoi scritti, di individuare i fantasmi dell’isolamento e di trasformarli in compagni di viaggio, indispensabili per staccarsi dalla linea sottile della depressione. Mi diceva: “Si scrive solitudine, ma si pronuncia libertà”, un credo divenuto antidoto al dolore sofferto per troppo tempo”.
Quando è nata la vostra amicizia?
“L’ho conosciuto nel 1979, da giovane giornalista, inviato dal mio Direttore Gianni Letta a seguire un concerto di Franco al Pianeta MD di Ladispoli, dove una settimana prima si era esibita Tina Turner, appena separatasi dal marito Ike. Al termine della conferenza stampa ufficiale, mi sono trattenuto a lungo con lui quella sera e da lì è nata un’empatia che si è trasformata in una grande amicizia durata 34 anni, fino l giorno della sua scomparsa , il 30 marzo del 2013. È stata l’unica persona a starmi realmente vicino dopo la decisione di mia moglie di lasciarmi. Mi chiamava alle due quando facevo il turno di notte al giornale e lui si era fatto la doccia al termine dei suoi concerti: un uomo di rarissima sensibilità, intelligente, ironico, attento ascoltatore alla ricerca costante di una verità da spendere per il prossimo”.
Qual era il rapporto di Franco Califano con le donne? In molti lo hanno definito uno “sciupafemmine”
“Inutile negare che Franco fosse un bellissimo uomo e il suo fascino, unito a un indiscutibile garbo, non è sfuggito all’attenzione delle donne. Ne ha avute tantissime (gli amanti delle statistiche glie ne attribuiscono più di 1.500), però non ne ha mai fatto un vanto personale, mantenendo discrezione e rispetto assoluti nei loro confronti. Poi voglio darvi una notizia che invita a un’automatica riflessione: le poche donne che ha amato profondamente, prima fra tutte Mita Medici, lo hanno lasciato. Dunque, ancor di più, Franco Califano era un essere umano straordinario nella sua normalità. E tra i tanti epiteti dissacranti che hanno cercato pervicacemente di sminuire le sue eccelse capacità, finalmente uno gli rende giustizia: è stato ed è tuttora “il poeta delle donne””.
Franco Califano, la cocaina, il carcere: quanto ha influito la dipendenza dalla droga nella sua vita?
“Indubbiamente tantissimo. Premetto che quel vizio – che all’epoca è stato in campo artistico tra i pochi a denunciare facendo outing – non lo ha mai portato ad eleggere l’uso della sostanza psicotropa a fertilizzante della propria fantasia e di un indiscutibile, eppur discusso, genio. Molti di coloro che lo hanno frequentato a lungo e da vicino – in particolare il suo storico amico Edoardo Vianello – sono venuti a conoscenza dell’assunzione di cocaina di Franco dopo molti anni, e del tutto casualmente. La sua dipendenza dalla droga lo ha portato ad essere coinvolto in alcune inchieste giudiziarie che lo hanno tenuto dietro le sbarre in totale per 3 anni e mezzo, uscendo poi assolto con formula piena nei processi per non aver commesso alcuno dei reati che gli erano stati attribuiti”.
Nel libro si parla dell’impegno di Califano nella lotta alla droga…
“Il senso autocritico della sua esistenza lo ha portato a trasformare quella particolare debolezza in un messaggio, quando ha sposato idealmente il percorso di recupero avviato da don Pierino Gelmini, fondatore delle “Comunità Incontro”: nel maggio del 1995 era con me in Thailandia per la Conferenza Mondiale contro la droga organizzata proprio nella “tana del lupo” dall’intraprendente sacerdote brianzolo: Franco Califano era diventato una sorta di testimonial, amato dai ragazzi e fortemente rispettato per l’umiltà e la sincerità con le quali si rapportava con loro, alla ricerca del pertugio, consapevole e giusto, per uscire dal tunnel della dipendenza che affliggeva anche lui”.
Dalla narrazione di Marino Collacciani scaturisce una conoscenza interiore dell’animo che rivela una serie di meravigliosi elementi umani, falciati dai mitra del perbenismo più ipocrita, dalla totale mancanza di disponibilità a leggere quantomeno i suoi testi, utili per esaminare la vita, stilare un bilancio della propria esistenza e far riprendere i sensi ai valori: dall’emozione alla sincerità, dal dolore al sorriso, dall’altruismo al desiderio costante di mettersi in discussione. “Spesso nel silenzio: per il Maestro parlano i suoi scritti”, commenta l’Autore..