Licenziamenti 2025, stravolte le regole per il nuovo anno | Ora possono cacciarti anche se CHIACCHIERI, la norma è chiara
Con l’arrivo dell’anno nuovo non ci sono buone notizie per tutti i lavoratori dipendenti. Aumentano i rischi di un brusco licenziamento
Si può perdere il proprio posto di lavoro solo per aver espresso critiche nei confronti dell’azienda in cui si lavora e di conseguenza nei confronti di colleghi e datori di lavoro? Purtroppo la risposta è affermativa.
Questo in realtà è un argomento piuttosto scivoloso e molto difficile da sviscerare. Il quadro normativo vigente nel suo complesso tutela in molteplici fattispecie la libertà di critica da parte dei lavoratori dipendenti.
Esistono però dei limiti entro i quali il diritto di quest’ultimo va esercitato e alcune sentenze, anche piuttosto recenti, emesse dalla Corte di Cassazione delimitano con una certa precisione tali confini.
Infatti il suddetto diritto di espressione del lavoratore potrebbe scontrarsi con altri diritti che sono stabiliti e fissati dalla legge. Pertanto, come per ogni libertà garantita e sostenuta dalla nostra Costituzione, questa è tale fino a quando non lede quelle altrui.
Licenziamenti, il 2025 si apre con una doccia fredda: ecco perché
Infatti è stato stabilito che nel caso in cui una persona venga licenziata a causa di un’esternazione particolarmente lesiva nei confronti della società o dell’azienda per cui lavora, il diritto e la libertà di espressione non bastano a garantire il recupero del posto di lavoro.
A tal proposito è in atto da tempo una battaglia portata avanti dalle principali sigle sindacali che affermano il diritto del lavoratore di poter criticare, anche aspramente, il proprio datore di lavoro senza rischiare di essere licenziato.
Licenziamenti, è in corso una battaglia in punta di diritto: le novità
È proprio la succitata Corte di Cassazione in un’ordinanza del 22 dicembre del 2023 a fare chiarezza in merito a questo argomento. La Corte ha analizzato il caso di un dipendente che aveva espresso le proprie critiche sull’azienda in cui lavorava sulla bacheca di un social network.
Il lavoratore affermava che nel suo ambiente i dipendenti erano sottoposti a minacce e pressioni. Secondo i giudici in questo caso il diritto di critica si è andato a scontrare con il rispetto della dignità del datore di lavoro, accusato pubblicamente sulla base di fatti non provati e non oggettivamente certi. La Cassazione ha dunque chiarito che il diritto di critica si deve bilanciare con il rispetto dei diritti e delle libertà altrui.