L’arrivo a Gerusalemme è ormai prossimo, e Gesù con i suoi discepoli è entrato nella città di Gerico, che rappresenta l’ultima tappa prima del suo esodo terreno (Morte e Risurrezione). Il brano di questa domenica (Lc. 19, 1-10) è esclusivo dell’evangelista Luca; il tema della ricchezza in relazione alla salvezza ha rappresentato un argomento ricorrente nell’insegnamento di Gesù.
Dopo aver donato la vista al cieco che mendicava lungo la strada che conduceva a Gerico, Gesù entra nella città. Ora l’attenzione si sposta sulla figura di Zaccheo (v. 2), il cui nome ebraico significa “puro, innocente”. Zaccheo è il capo dei pubblicani: essi erano invisi dal popolo per aver accettato di collaborare con gli occupanti romani per la riscossione delle tasse, ma erano accolti da Gesù, che tra di essi sceglie uno dei suoi discepoli, Levi (Matteo) il pubblicano.
Il narratore Luca evidenzia la condizione economica di Zaccheo: è un uomo ricco. Pertanto, se da un lato la qualifica di “pubblicano” apre a una valutazione benevola nei confronti di Zaccheo, l’aggettivo “ricco” suscita nel lettore una reazione di “distanza” e, al contempo, di “curiosità”: è davvero impossibile per un ricco seguire Cristo e ottenere la salvezza?
L’evangelista riferisce che Zaccheo “cercava di vedere chi fosse Gesù” (v. 3). Non è immediatamente evidente il motivo per il quale Zaccheo cerca di vedere Gesù; la presenza della folla gli impedisce di farlo a motivo della sua bassa statura, e così decide di arrampicarsi su un albero di sicomoro per attendere il suo passaggio (v. 4).
E’ Gesù a volgere lo sguardo verso Zaccheo (v. 5), invitandolo a scendere subito “perché è necessario che oggi mi fermi in casa tua” (v. 5). La ricerca di Zaccheo s’intreccia con la volontà di Gesù di fermarsi presso di lui; resta da chiarire, tuttavia, quali sono le reali motivazioni che spingono entrambi all’incontro.
Due indizi lessicali: l’uso del verbo impersonale “deì” (è necessario) indica la necessità che si adempia la volontà divina; l’avverbio temporale “sémeron” (oggi), ci consente di cogliere il senso salvifico della visita di Gesù in casa di Zaccheo. Alla richiesta di Gesù corrisponde la risposta di Zaccheo (v. 6): scende subito dal sicomoro “e l’accolse pieno di gioia”, a differenza del giovane ricco che divenne triste (18, 23).
L’ingresso di Gesù in casa di Zaccheo è accolto tra la mormorazione dei presenti; alloggiare presso un peccatore significa divenire impuro. Tuttavia, Gesù ha già dichiarato di essere venuto a chiamare i peccatori a convertirsi, e non teme di offrire il perdono a colui che l’ha cercato con così grande insistenza. Il capo dei pubblicani dichiara in presenza di tutti di essere disponibile a destinare metà dei suoi beni ai poveri e provvedere a restituire quattro volte il valore di ciò che ha frodato.
La scelta di Zaccheo corrisponde alla richiesta posta da Gesù per chiunque intenda divenire suo discepolo. La Legge imponeva, al massimo, di versare un quinto da destinare a beneficio dei poveri; inoltre, in caso di riparazione nei confronti delle persone danneggiate, era richiesto il risarcimento della cifra sottratta, a cui andava ad aggiungersi un quinto (Lev. 5, 20ss.)
Tuttavia, ciò che spinge Zaccheo non è la soddisfazione delle prescrizioni, ma la gioia sperimentata dell’incontro con Cristo. Egli ottiene così la salvezza, “poiché anch’egli è figlio di Abramo” (v. 9). “Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”: l’aggettivo “perduto” rimanda alle tre parabole della misericordia, in cui la pecora smarrita (perduta) è ritrovata grazie alla premura del pastore; la moneta smarrita è recuperata dalla donna che mette a soqquadro la casa; infine, il figlio che si era “perduto” ritorna alla casa del padre. Gesù è il Figlio dell’uomo venuto a cercare chi era “perduto” per offrirgli la salvezza.
Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, “cercava di vedere chi era Gesù”, ma è Gesù che “alzò lo sguardo” e gli dice “scendi subito”: una sorta di auto-invito a pranzo che provoca meraviglia e sconcerto. Cosa sta succedendo a Gesù, si chiedono in molti. Come può uno che predica l’amore, la fraternità, la solidarietà, la fiducia in Dio, spezzare il suo pane con chi vive in un modo completamente opposto, lontano dalla Legge?
Ma il bello del racconto è che ci troviamo di fronte a due colpi di scena. Da una parte Gesù che decide di andare proprio in quella casa, “di un peccatore” (v. 7), e dall’altra Zaccheo che, col suo comportamento, contribuisce a raddoppiare lo stupore. Sì, perché proprio lui non solo si affretta a scendere dall’albero per accogliere Gesù, ma dimostra, coi fatti, di non essere “solo” quel ladro che tutti conoscevano.
Se proprio per i soldi aveva calpestato i diritti dei poveri, se per accumulare ricchezze si era macchiato di gesti odiosi, ora il frutto delle sue rapine è pronto a restituirlo e in una proporzione che sbalordisce: “La metà dei miei beni ai poveri, e se ho frodato qualcuno restituisco quattro volte tanto” (v. 8).
No, ancora una volta Gesù non si è sbagliato. Se talvolta ci accade di trovare il marcio sotto tanta ostentazione di onestà e di devozione, qui scopriamo, al contrario, che in questo delinquente si nasconde “un figlio di Abramo”, che aspettava il momento opportuno per venir fuori e si è rivelato, non a caso, proprio subito dopo che Gesù gli ha manifestato il suo amore. E’ con l’amore, smisurato e imprevedibile, che Gesù ci viene incontro. Ed è così che ognuno di noi scopre, sotto il fango che si è accumulato sul suo cuore, la dignità e la bellezza dei figli di Dio.
Il Capocordata.
Bibliografia consultata: Landi, 2022; Laurita, 2022.
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