L’Unione Europea vorrebbe ridurre del 55% le morti premature legate all’inquinamento atmosferico entro il 2030. Al momento parliamo di 300 mila decessi ogni anno, a causa del particolato fine. Le polveri sono talmente sottili da penetrare fin nei polmoni di chi le respira e nessuno si può salvare, neanche con le mascherine anti Covid.
È curioso come ci si allarmi tanto per le malattie come ictus e tumori e non si consideri il pericolo costante di vivere in un ambiente altamente inquinato. I temi dell’ambiente vengono rimossi, contrastati, avversati per interessi economici e c’è ancora, tra i nostri parlamentari, chi li irride e tende a ridurne l’impatto e il pericolo. I cittadini dovrebbero inalberarsi contro certi falsificatori della realtà perché ne va in primis della loro salute.
Più del 98% della popolazione europea vive in zone dove la concentrazione di Pm2.5 supera i limiti stabiliti dall’organizzazione mondiale della sanità (Oms), ovvero di 5 microgrammi ogni metro cubo di aria. Le zone più inquinate si trovano nell’Europa centrale e in alcune metropoli, ma tra tutte è la Pianura Padana a registrare i valori più elevati nonché uno dei più marcati peggioramenti degli ultimi anni. Prima che anche Roma arrivi ai livelli della Pianura Padana, come grande metropoli che contiene nel perimetro comunale i comuni di città come Milano, Firenze, Palermo, Genova, Torino e Palermo, bisognerà fare qualcosa per garantire la salute di chi a Roma ci vive.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio per la salute in Europa. Come stima la Commissione il suo costo è pari ad almeno 330 miliardi di euro l’anno e grava fortemente sul sistema sanitario. Tra le varie sostanze presenti nell’atmosfera, il particolato è uno dei più pericolosi. L’esposizione prolungata a questo agente causa infatti danni a molti apparati del corpo umano come quello circolatorio e respiratorio, ma provoca anche l’insorgere di patologie del sistema centrale e di quello riproduttivo.
Tra le relazioni più frequentemente attestate ci sono i tumori ai polmoni, le ischemie e gli attacchi cardiaci, ma anche disturbi respiratori cronici come l’asma. La tossicità è ancora più elevata nel caso del Pm2.5, ovvero quello con il diametro più ridotto (2,5 micrometri), che permette alle particelle di intrufolarsi in profondità nei meandri del corpo umano.
E’ emerso che le persone che vivono in aree con un maggiore inquinamento hanno maggiori probabilità di sviluppare schizofrenia, depressione e disturbi d’ansia. Ciò è stato confermato dall’analisi delle prescrizioni di farmaci: nelle persone di età compresa tra 30 e 64 anni risulta un nesso più chiaro. Lo sostiene una ricerca condotta del dipartimento di epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, di cui dà notizia il Guardian.
Il team di ricercatori guidato da Federica Nobile si è basato sui dati del censimento di oltre 1,7 milioni di adulti che vivevano a Roma nel 2011 e li ha confrontati con i dati dell’assicurazione medica e sanitaria pubblica. Sono state scansionate le cartelle cliniche per i successivi otto anni e confrontate con i dati sull’inquinamento atmosferico e sul rumore del traffico, ma anche con altri fattori come la povertà e la disoccupazione.
“L’esposizione media annuale dei residenti di Roma al PM2,5 è tre volte superiore a quanto suggerito dall’Oms. Ridurre l’inquinamento atmosferico secondo le linee guida dell’Organizzazione mondiale della sanità potrebbe non solo migliorare la salute mentale, ma anche ridurre la domanda di servizi psichiatrici post-pandemia, già sovraccarichi“, osserva Ioannis Bakolis, del King’s College London, non coinvolto nello studio ma interpellato dal Guardian.
Quali soluzioni possibili a questi problemi? Battersi perché si riducano le fonti di inquinamento in città: impianti di riscaldamenti, emissioni di fumi dalle fabbriche, discariche, termovalorizzatori, traffico eccessivo con veicoli vecchi, favorire la diffusione di auto elettriche o a idrogeno, ridurre esposizione in città e frequentare spiagge o zone montagna.
Oppure, come ultima ipotesi, trasferirsi dove si respira aria più pulita. Al primo posto in Italia troviamo Sassari, seguita da Livorno, Battipaglia, Grosseto e Savona. L’aria pulita è inodore, incolore e insapore. È ricca di ossigeno e si percepisce come fresca. Non contiene sostanze inquinanti dannose per la salute.
Una buona aria interna non causa alcun sintomo tipico da “edificio con aria viziata” come stanchezza, mal di testa, prurito agli occhi o sintomi respiratori. Oppure emigrare in un’isoletta dei Caraibi. Lo so che a prima vista può sembrare assurdo ma alla fine costerebbe molto meno che continuare a vivere in un ambiente inquinato e darebbe più sicure prospettive di sopravvivenza, fatevi due conti.
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