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Litigare in casa: esperienza positiva o no per i nostri figli?

È difficilmente pensabile l’esistenza di una famiglia scevra da una qualunque forma di litigio e conflitto e, se così fosse, questo aspetto potrebbe comunque destare qualche sospetto. All’interno di ciascun sistema familiare il conflitto trova una sua forma di espressione e ogni componente vive ed elabora a modo suo queste esperienze, attraverso personalissimi modi di sentire, pensare e comportarsi. Tendenzialmente si pensa al conflitto solo in termini negativi ma è una dinamica che racchiude un suo valore positivo poiché consente alle relazioni umane di riorganizzarsi, attraverso la contrattazione e la trasformazione.
Ma che effetto hanno sui figli le discussioni in casa? Se all’interno delle quattro mura i genitori mostrano, nonostante lo scontro, comportamenti affettuosi, fisici o verbali, se mettono in atto dinamiche rispettose di risoluzione del problema possono rendere lo scontro anche formativo. È importante che i figli non vengano tenuti perennemente allo scuro dei dibattiti che si aprono tra la coppia, che vengano coinvolti se hanno assistito al nascere della discussione, per sapere come i propri genitori siano riusciti a trovare un punto di incontro dopo lo scontro. Questo approccio al conflitto porta i figli a rafforzare la propria sicurezza confermando che l’armonia familiare può essere ripristinata nonostante la disputa e, anzi, arricchita grazie ad essa. Imparano a capire che se ci si confronta, anche litigando, se ne può uscire più uniti, più consapevoli dei bisogni propri e di quelli altrui.
Spesso però il conflitto in casa assume caratteristiche diverse, molto negative: manifestazioni di ostilità, rabbia, aggressioni fisiche e verbali, minacce, insulti, criticismo, sopraffazione, elevano nel bambino i livelli di ansia, di preoccupazione, di scoraggiamento e tutto ciò rischia di compromettere un loro sano sviluppo e di generare comportamenti di chiusura, aggressività e relazioni problematiche con i pari. I figli che si trovano frequentemente tra i due fuochi del conflitto genitoriale, (non si fa riferimento a episodi sporadici!), arrivano a chiedersi: “cosa sta accadendo?”; “perché sta accadendo?”; “cosa posso fare a riguardo?”; “sta accadendo a causa mia”?.
Spesso arrivano a sentirsi causa del conflitto trovando sempre più difficile lo svincolarsi dai sensi di colpa, dalla vergogna, dalla voglia di far di tutto sino a costo di modificare il proprio modo di essere, per placare le urla e le sofferenze della propria mamma e del proprio papà. A volte, purtroppo, i figli vengono letteralmente usati all’interno delle discussioni, coinvolti volontariamente nel conflitto o, ancor peggio, “triangolati”, spinti a schierarsi con l’uno o l’altro genitore, costretti ad assumere un ruolo che mai dovrebbero ricoprire. Questo tipo di comportamenti pone i figli in grande confusione generando dolore nel dover assumere una eventuale posizione in grado di suscitare un continuo conflitto di lealtà.
In ogni famiglia e in ogni coppia si litiga, e ben vengano i confronti, gli sfoghi, le discussioni accese ma sta agli adulti porre responsabilmente attenzione su come lo si fa, con quale frequenza, con quale intensità poiché saranno questi alcuni degli elementi in grado di fare la differenza sul futuro psicologico ed emotivo dei ragazzi che saranno. I bambini hanno orecchie, occhi e cuore per capire, in ogni età con sfumature e sentimenti distinti, ma in virtù dell’amore viscerale che provano verso i propri genitori trovano in ogni occasione un modo per non scontentare la propria mamma o il proprio papà, anche a costo di compromettere la propria serenità. Abbiamo noi la responsabilità di non far dei nostri figli un’arma da spendere per vincere la nostre battaglie, perché il modo in cui li coinvolgiamo e “usiamo” può avere effetti sul loro benessere e su quello di tutta la famiglia, e di questo è importante averne piena consapevolezza.
Dunque Oplà famiglie, ben vengano le discussioni, ma con coscienza!
Dott.ssa Valeria Colangelo
Redazione

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