Religione

Lo Spirito Santo: Paraclito-Avvocato

La dimora del Padre

La promessa di Gesù ai suoi ha come fine ultimo l’inabitazione di Dio nella persona e nella vita del discepolo: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv. 14, 23-29). Dio stesso, Gesù-Figlio con il Padre, viene ad abitare nel discepolo. Nella visione dei profeti, questa inabitazione doveva avvenire nel Tempio di Gerusalemme, luogo della presenza di Dio in mezzo al suo popolo.

Ora, con l’adorazione “in spirito e verità” (4, 21), il tempio è stato sostituito dalla persona di Gesù (2, 21). Chi vede Gesù vede il Padre, ma ora che Gesù sta per allontanarsi dai discepoli, ecco che la relazione si trasforma in maniera definitiva, poiché da questo momento in avanti saranno Gesù glorificato e il Padre a venire presso colui che crede e osserva la parola del Signore.

La promessa dell’Antico Testamento giunge qui al suo massimo grado di realizzazione, poiché la vicinanza non si identifica in un luogo, ma nell’intera esistenza del discepolo, che sperimenta così la presenza di Dio dentro di sé. La pace che Gesù lascia come eredità ai suoi è la sintesi di tutti i doni che vengono da Dio. Infatti, essa non può provenire “dal mondo” ma dalla persona di Gesù, in quanto intimamente associato con il Padre. La pace di Gesù non è che un altro nome della vita divina, dono che unisce l’oggi della fede al futuro dell’esistenza nella casa del Padre.

Condizioni della presenza

La presenza di Dio e di Gesù glorificato è assicurata solamente a coloro che sono in una relazione d’amore con il Signore. L’amore per Gesù da parte di chi crede è la risposta all’amore del Padre, che ci ha “amato per primo” (1Gv. 4, 19). Entrare nella comunione d’amore con Gesù si traduce nell’osservare la sua Parola o, altrove, i suoi “comandamenti”.

Ciò significa vivere il comandamento dell’amore quale opzione fondamentale che informa tutta la vita, a imitazione di Gesù stesso. L’amore è il comandamento che riassume tutto l’insegnamento di Gesù e, al tempo stesso, è la misura della presenza di Dio nella vita del discepolo e della comunità.

L’iniziativa del Padre, che si era manifestata in principio con l’invio del Figlio, si trova anche al termine di questo movimento circolare dell’amore: “il Padre mio lo amerà” (v. 23), è il punto d’arrivo per colui che crede e mette in pratica la parola di Gesù, ovvero la sua stessa modalità di esistenza nel mondo. Ogni discepolo è chiamato a vivere la Parola che è Gesù, Verbo dell’amore del Padre, incarnato in una esistenza umana.

La venuta del Paraclito (Spirito Santo)

Un ruolo di fondamentale importanza è ricoperto, nei discorsi di addio nel cenacolo, dalla promessa della venuta di un “Altro”, che si inserisce nella dinamica circolare che riguarda il discepolo, Gesù e il Padre. Già all’inizio di questo discorso, Gesù aveva detto: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito” (v. 16).

In questo modo viene introdotta una terza persona, che ritornerà a più riprese nelle parole di Gesù dell’Ultima cena e che, fin dall’inizio, viene identificato con lo Spirito Santo. Fin dal principio la sua venuta è collegata dalla dipartita di Gesù da questo mondo: “Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paraclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (vv. 25-26).

Diventa quindi chiaro che la scelta di questo nome, Paraclito-Avvocato, sta a indicare la necessità di una mediazione che prenda il posto di quella svolta da Gesù terreno, che ora sta per portare a termine la missione affidatagli dal Padre.

Lo Spirito Santo ha il compito di ricordare (imprimere nel cuore) ai discepoli le parole di Gesù e soprattutto di far comprendere loro il vero significato di esse, per una adesione sempre più piena alla verità di Dio rivelata nel Figlio. Il Gesù terreno della storia, l’inviato, sta ora per esaurire il suo compito e tornare al Padre, così da riprendere quella gloria (mai dismessa) che possedeva in principio (Gv. 17, 2) nella condizione della pre-esistenza di cui parla l’inno al Logos-Parola (1, 1-14).

I discepoli tutti, e noi con loro, siamo invitati a rallegrarci per questo ritorno al Padre di Gesù, poiché la gloria del Figlio unigenito, pieno di grazia e di verità, è data come partecipazione alla comunione divina d’amore a coloro che credono in lui. Questo avviene per opera dello Spirito Santo così che, attraverso la sua azione in noi, siamo inseriti nel cuore stesso della Trinità.

Il Capocordata.

Bibliografia consultata: Mino, 2022.

Redazione

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