Cronaca

Locazioni: incostituzionale l’art.13 comma 5 Legge 431/98

Approfondiamo il provvedimento del Tribunale di Roma che ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione relativa alla legittimità costituzionale della norma (c.d. “salvainquilini), contenuta nella Legge di Stabilità 2016, emanata per evitare agli inquilini di corrispondere gli arretrati di canone non pagati per  quattro anni (dal 6.6.2011 al 16.7.2015)

L’art. 13 della L. 431/98 è stato interamente novellato dalla norma entrata in vigore il 1.1.2016. Secondo il Tribunale,  la registrazione tardiva del contratto di locazione abitativa, in base al nuovo articolo 13, produce il diritto del conduttore di ottenere il canone agevolato quantificabile in base agli accordi (locali) conclusi tra organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative della proprietà e degli inquilini.

Quindi, se il legislatore ritiene congruo ed equo regolamentare nel modo di cui sopra  la  registrazione tardiva del contratto di locazione abitativa,  Il Tribunale non vede a quale criterio di ragionevolezza risponda la scelta di “confermare” e riprodurre il contenuto precettivo di pregresse disposizioni incostituzionali, che facevano appello al diverso parametro del triplo della rendita catastale.

Inoltre, acutamente, il Tribunale evidenzia che la nuova norma (comma 5 L. 431/98) è valida “esclusivamente” per i conduttori che, nel periodo di vigenza della norma dichiarata incostituzionale (art.3 comma 9 D.L.23/2011)  avessero beneficiato degli effetti di quest’ ultima  e non anche per tutti gli altri. Creando così una chiara disparità di trattamento per situazioni identiche (violazione art. 3 Cost.) con fondato sospetto di aver voluto vanificare, per il passato, il principio di intangibilità del giudicato costituzionale (art. 136 Cost).

In materia di locazioni, siamo al terzo round di una disputa politico-giurisprudenziale che sta rasentando l’assurdo: da una parte il legislatore che, imbeccato dalle associazioni pro-inquilini, colpevolmente sordo ai richiami della Consulta e comunque indisponentemente impermeabile ai più elementari  principi di diritto costituzionale, continua a sfornare, alla bisogna, leggi palesemente incostituzionali emanate per favorire in maniera, neanche malcelata, gli interessi degli inquilini; dall’altra, i Tribunali e la Corte Costituzionale impegnati, loro malgrado, a demolire le leggi incostituzionali emanate dal Parlamento in questa materia.

E si badi bene, la Consulta non si è dovuta neanche sforzare tanto, nel merito, per annullare le leggi precedenti sul punto: nel primo caso il Governo ha legiferato senza avere alcuna delega dal Parlamento (un fatto gravissimo e colpevole da parte dello Stato che però, visto che siamo in Italia, è passato quasi inosservato, quasi fosse un “errore scusabile”). Nel secondo caso, il Parlamento ha violato una sentenza della Corte Costituzionale (altro fatto ugualmente grave che la dice lunga su quello che pensano i nostri politici e parlamentari sia della Costituzione che della Consulta).

Ed ora, ugualmente, il Parlamento continua ad infischiarsene sia dell’art. 136 (principio di intangibilità del giudicato costituzionale), sia dell’art. 3 (principio di uguaglianza tra i cittadini) emanando questa nuova discutibile norma.

Il rischio è che, non essendo previsto un rimedio specifico che inchiodi lo Stato alle proprie responsabilità, in caso di reiterata violazione di norme costituzionali, con una condanna al risarcimento dei danni provocati ai propri cittadini, questa lotta (ormai la possiamo definire così) tra Giudici e legislatore  possa proseguire all’infinito. Certo non è una bella dimostrazione di amministrazione della Giustizia.

Fortunatamente esiste la Costituzione…

Redazione

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