Cronaca

Locazioni: incostituzionale la norma salva-inquilini

Sembra che ogni occasione sia buona per il legislatore per infrangere la Costituzione Italiana. Era già successo nel 2011 allorchè il Governo emise di testa propria una norma (art.3 commi 8 e 9  D.Lgs 23/2011) in una materia su cui il Parlamento non gli aveva conferito nessuna delega.

E’ successo ancora nel luglio 2014 quando un emendamento dell’on. Mirabelli del PD prolungò gli effetti di quella norma, appena due mesi prima dichiarata incostituzionale (art. 5 comma 1-ter L.80/2014).

Essendo stato anche quest’ultimo articolo dichiarato incostituzionale, ecco che il solerte legislatore, sotto la spinta della febbrile attività di alcune organizzazioni a favore degli inquilini evidentemente molto bene agganciate al PD, sforna oggi, in un contesto assolutamente inconferente con le locazioni, trattandosi la Legge d Stabilità di strumento prettamente finanziario e di bilancio, un’ennesima norma che riproduce alcuni effetti delle due norme già dichiarate incostituzionali.

Stiamo parlando del nuovo comma 5) inserito in una legge già esistente (art. 13 L. 431/98).

Per capire il motivo della emanazione di questa norma, bisogna fare un passo indietro: la incostituzionalità dell’art. 3 commi 8 e 9 del D.Lgs 23/2011 aveva decretato la fine dei contratti registrati all’ADE da parte degli inquilini, con cui veniva assicurata dallo Stato la ghiotta opportunità di ottenere una durata locativa di otto anni ad un canone irrisorio: in media 1/8 del canone concordato tra le parti.

Altra conseguenza di quella sentenza della Consulta (L.50/2014) era che gli inquilini avrebbe dovuto pagare al proprietario di casa tutte le differenze del canone mensile (per circa tre anni) tra in c.d. “canone catastale” e quello effettivamente concordato in sede di stipula. Stiamo parlando di cifre mediamente intorno a 15-20 mila euro.

Per evitare questo effetto, assai pernicioso per gli inquilini, il legislatore emanò una prima norma salva-inquilini prorogando gli effetti della norma già dichiarata incostituzionale fino al 31.12.2015. In questo modo però, oltre che violare l’art. 136 costituzione che letteralmente vieta di riproporre o prolungare  gli effetti di una legge dichiarata contraria alla Costituzione, il legislatore ha solo spostato temporalmente il problema del pagamento degli arretrati di canone dovuti dagli inquilini.

E siamo ai giorni nostri: per impedire adesso al proprietario di casa di richiedere al proprio inquilino il pagamento dei detti arretrati, il legislatore, ancora in violazione dell’art. 136 Cost., ha emanato una norma dicendo sostanzialmente che, se l’inquilino nel periodo in contestazione (giugno 2011-luglio 2015) ha pagato il c.d canone catastale (triplo della rendita catastale annua), quello è il canone dovuto per legge. In pratica, quello è ciò che ha pagato l’inquilino che, quindi, non deve alcuna altra somma.

La formulazione della norma, nella sua sconcertante elementarietà, sembra l’uovo di Colombo escogitato dal legislatore per salvare gli inquilini.Per altro verso, proprio questa elementarietà, con il richiamo espresso nella legge alle due norme dichiarate incostituzionali dalla Consulta nel 2014 e 2015, fa dubitare del fatto che gli estensori della norma conoscano l’esistenza e la valenza dell’art. 136 della Costituzione che regola il c.d. “giudicato costituzionale”.

Abbiamo parlato estesamente di questa nuova norma nel corso della trasmissione radiofonica di Teleradiopiù ,”Roma ore 10″ con Francesco Vergovich, con l’avv. Michele D’Auria del Foro di Salerno (titolare di un suo sito e di una pagina facebook molto interessanti) il quale si è detto stupito della reiterazione del legislatore di norme incostituzionali e a loro volta anche violative dell’art. 136 della Costituzione.

Il Collega D’Auria ha anche sostenuto che, se in qualche modo, il precedente art 5 comma 1-ter L.80/2014, andava in qualche modo interpretato per ricondurlo nell’alveo della incostituzionalità ex art. 136 Cost, quest’ultimissina norma salva-inquilini è palesemente incostituzionale perchè nel proprio testo fa un espresso e letterale richiamo sia all’art 3 commi 8 e 9 D Lgs 23/2011, sia all’art. 5 comma 1-ter L.80/2014 e, cioè, a due norme già dichiarate incostituzionali e, come tali, eliminate ab origine dall’ordinamento giuridico.

Purtroppo, ma il ragionamento qui sarebbe lungo e mi riprometto di farlo in un prossimo articolo, le ragioni che stanno alla base di tutte queste norme incostituzionali non sono evidentemente quelle sbandierate della lotta all’evasione e della emersione del nero (quest’ultima norma, poi, con l’evasione fiscale non centra nulla, ma -diciamolo chiaramente- è un regalo per gli inquilini a detrimento dei piccoli prorietari), ma sono il frutto di giochi di potere fra chi è più ammanicato con certi partiti politici per favorire una parte di cittadini sugli altri e, perchè no, per dare un incremento di fatturato alla propria attività organizza pro-inquilini.

Questo fatto lo si può constatare andando a leggere su alcune pagine FB che addirittura si arrogano la paternità di questo ultimo emendamento, specificando, subito dopo, l’importo necessario per l’iscrizione all’associazione. Mi sembra che sia in atto una vera e propria compravendita del risultato politico ottenuto. Anche questa è l’Italia.

Noi pensiamo che anche questa ultima norma sia incostituzionale e confidiamo che qualche Giudice, come avvenuto in passato, se ne accorga. E, comunque, viva la Costituzione….

Redazione

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