La pasticceria Di Re ad Artena, vanta un record nel territorio, infatti è stata la prima attività in questo settore, nata negli anni '60. Abbiamo ascoltato le parole del signor Fabrizio Di Re, titolare dell'omonima pasticceria e direttore di una importante rivista di pasticceria. Di Re ci parla anche della sua scelta di non fare consegne a domicilio durante il periodo di lockdown per tutelare sopra ogni cosa la salute dei suoi lavoratori e della clientela.
“La nostra pasticceria gode di un primato storico ad Artena, siamo stati la prima pasticceria della zona, risale al novembre del 1964, ma contiamo dal '65 come apertura formale. L'aprì mio padre, ad Artena non esistevano pasticcerie, lo stesso a Lariano, Cori, Giulianello, Valmontone, a Velletri c'era un forno che faceva qualche pasta, poi contemporaneamente a noi aprì un'altra pasticceria a Colleferro, Fratticci. La nostra tradizione, prosegue ora anche con mio figlio praticamente 3 generazioni. Sono 56 anni di ricordi e tutte le nostre ricette sono fatte in modo artigianale.
Produciamo noi, dal fresco alle colazioni, interamente prodotti artigianali. Sono anche responsabile di un trimestrale 'Noi pasticceri' che va a tutti gli associati della nostra associazione, sia regionali che nazionali e si chiama 'Conpait”.
Come avete reagito al blocco delle attività e allo stop della produzione?
“Quando è arrivato il blocco delle attività noi abbiamo deciso di interrompere completamente la produzione, siamo fermi al 100%. Avremmo potuto organizzarci per la consegna a domicilio anche avendo dei requisiti . Ma si tratta non solo di rispettare l’utilizzo di guanti e mascherine. Bisogna garantire al cliente la massima sicurezza che va dalle fornitura esterna delle materie prime agli strumenti utilizzati in cucina, la tracciabilità totale di tutta la filiera alimentare.
In sostanza credo che l'atteggiamento più responsabile per proteggere gli altri e se stessi sia la chiusura totale, per non esporre né chi lavora né i clienti ad eventuali e involontari rischi. Non credo che valga la pena fare consegne, perché se ci sforziamo di stare davvero fermi per alcune settimane forse allora potremo uscire prima da questa situazione.
Inoltre le aziende che chiedono l'autorizzazione per restare aperte non offrono le garanzie adeguate, dichirano di appartenere a certe fasce con relative sigle Atceo relative alla tracciabilità delle materie prime, allo stoccaggio, alla cucina, ai magazzini, agli ambiti di cottura, e invece appartengono ad altre. Insomma un caos non del tutto chiaro.
Molte pasticcerie sono penalizzate per via della sigla Atceo. Anche noi avremmo potuto fare consegne e non rinunciare del tutto anche a un minimo guadagno ma questo è il momento del sacrificio e della tutela che vale più di ogni incasso, preferiamo rispettare il decreto in modo totale, questo è l'atteggiamento serio e civile che noi abbiamo scelto di adottare in questa fase”.
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