Interviste

Lotta a bullismo e cyberbullismo: incontro con il Dott. Luca Zacchi

Dottor Zacchi, lei è psicologo del lavoro e delle organizzazioni. Come vanno affrontati questi fenomeni?

Quando ci poniamo di fronte alla piaga del bullismo e del cyberbullismo, dobbiamo considerare due livelli di intervento. Il livello micro è quello dei casi specifici: e in situazioni specifiche, possiamo dire che nel momento in cui si interviene, ormai ci sono modalità e pratiche efficaci consolidate che permettono di ottenere spesso buoni risultati, anche se bisogna sempre conoscere i singoli contesti e non partire con idee di intervento rigide e precostruite.

Il livello macro, invece, è molto più complesso, e tira in ballo elementi normativi, il livello di consapevolezza delle famiglie, e l’efficacia del nostro sistema scolastico e di istruzione su cui c’è ancora davvero molto da fare. E’ difficile suggerire una ricetta di pronto utilizzo da mettere in pratica dal giorno alla notte.

La questione ha radici profonde e se i fenomeni di bullismo e cyberbullismo stanno dilagando questo accade perché abbiamo una serie di sistemi sociali e istituzioni che non funzionano più come decenni fa. Le famiglie spesso sono caratterizzate da coppie che sempre di più si trovano a dover fare i conti con attività professionali stressanti e che occupano gran parte del loro tempo. E questo porta a togliere attenzione nei confronti dei figli, delle loro esigenze, dei rischi che corrono, e dei segnali che mandano quando una serie di problemi si sono già strutturati.

A questo si aggiungono una normativa insufficientemente aggiornata, e istituzioni scolastiche dove non sempre il personale è aggiornato o comunque formato quanto basta per poter sempre gestire adeguatamente questi fenomeni. E’ anche per questo che viene richiesto sempre di più il nostro intervento, anche semplicemente a livello formativo.

In uno scenario di questo tipo, occorre prima di ogni altra cosa tornare a prestare attenzione laddove l’attenzione ormai non c’è più: i genitori dovrebbero riuscire ad entrare in relazione con i figli a un livello più approfondito, andando a fondo su ciò che i ragazzi amano fare e a come trascorrono il loro tempo, per esempio scoprendo insieme a loro i nuovi strumenti digitali e accompagnandoli nella loro esplorazione e nella valorizzazione degli aspetti positivi che offrono il mondo digitale e le nuove tecnologie in generale, dentro e fuori dal web.

E interessarsi a loro in maniera sincera, guidandoli e incoraggiandoli a esprimere le loro unicità, offrendo loro la libertà di espressione che si traduce anche nella libertà di scelta del loro futuro. L’unicità e le attitudini personali sono il punto di forza più grande su cui fare leva ed evitare che il fenomeno del bullismo possa trovare terreno fertile e prendere piede.

Le ultime vicende accadute online e la guerra del web

Penso che questo sia un tema enorme e qualsiasi considerazione semplice porta con sé un altissimo rischio di essere percepita come banalizzante. Certamente, questi avvenimenti hanno portato la società a uno sconcerto generale e hanno amplificato un malessere di fondo che era già latente da diverso tempo.

Oggi assistiamo molto più spesso di prima ad atteggiamenti conflittuali, atteggiamenti di rabbia, di paura, di chiusura e difesa, che sono la conseguenza dell’esserci dimenticati un po’ di più di prima del fatto che tutta la società umana è una grande comunità, e che il potenziale più grande che abbiamo si manifesta nel momento in cui noi prestiamo attenzione all’altro e cerchiamo di comprendere i suoi bisogni, e di essergli utili.

Basterebbe ricordarcelo più spesso, quando interagiamo con qualcuno, e questo a cascata avrebbe una serie infinita di conseguenze positive. E ricordarci anche che nel mondo di oggi, per quanto frustrante, mai stabile, scandito da ritmi frenetici e zeppo di problemi continui e complessità, siamo sempre circondati da bellezza e da molte cose positive, verso cui ormai siamo abituati – alcuni direbbero anestetizzati – così tanto che non ci è più così facile vederle.

In generale il punto focale da cui partire per vivere in maniera proattiva e utile i tempi che stiamo attraversando è quello costituito dal lavoro su di sé. Dobbiamo sempre ricordarci che la nostra capacità di vedere il positivo e gli aspetti belli del mondo in cui viviamo non è innata ma può essere allenata e questo deve assolutamente essere fatto in un periodo storico dove è diventato sempre più facile arrendersi al vittimismo.

Come pure alla deresponsabilizzazione e all’attribuzione dei propri disagi e delle proprie sfortune al di fuori di sé solo perché ci sono forze molto più grandi di noi che si muovono e sembrano avere un potere enorme sulla nostra realtà e sulla nostra vita, e che apparentemente non possiamo contrastare.

Se ci pensiamo, ci rendiamo conto che viviamo in tempi in cui ci sono infinite opportunità offerte dalle nuove tecnologie e dalla scienza, possiamo andare dall’altra parte del mondo in meno di 24 ore, l’informazione non è mai stata così accessibile e ognuno di noi può studiare, accrescere le proprie conoscenze, specializzarsi e diventare esperto di svariati argomenti, possedere skills, padroneggiare ambiti anche molto vari, per cui possiamo gradualmente dirigere le nostre attenzioni su quello che ci interessa di più, e riempire la nostra vita di ciò che per noi ha un senso, rendendola più gradevole, felice e autodeterminata – cosa che nei secoli passati non è stato sempre possibile: anzi! -.

E questo vale soprattutto per le giovani generazioni, che hanno ancora di fronte a loro la maggior parte della vita, e possono approfittare del tempo che hanno per fermarsi di tanto in tanto e riflettere, andare a fondo dentro di sé, e scegliere che direzione prendere, e come vorrebbero che fosse la loro vita nei prossimi anni.

Questo diviene possibile se decidiamo di interrompere la frenesia che travolge le nostre giornate e ci imponiamo di fermarci a pensare, prendendoci del tempo, e ci domandiamo che cosa vogliamo, cosa ci fa sentire felici, che cosa ci viene facile e che cosa amiamo fare.

Se non è semplice, certamente gli adulti e i professionisti di varia natura possono dare una mano in questo senso, e una volta che i ragazzi hanno fatto questo switch di consapevolezza, tutto quello che devono fare è rimboccarsi le maniche, lavorare duro e rimanere con la mente aperta, sapendo che non sarà facile, che serviranno dei sacrifici, ma che con impegno, dedizione e perseveranza quello che vogliono realizzare si può raggiungere.

Progetti in tal senso nelle scuole italiane sono possibili?

Anche questo è un argomento molto vasto. In generale, nelle scuole c’è una attenzione crescente verso queste questioni. In particolare, dopo gli anni della pandemia che hanno visto tutto il sistema scolastico in sofferenza, potremmo dire che c’è stata una presa di coscienza gradualmente maggiore del fatto che questi fenomeni ci sono e stanno proliferando.

A volte si comincia a intraprendere percorsi un po’ a rallentatore e si inizia a mettere in campo progetti sistemici di intervento solo una volta che i primi segnali della presenza di certi fenomeni sono diventati manifesti, ma devo dire che ci sono segnali incoraggianti, la consapevolezza rispetto al fatto che ci si deve occupare del bullismo e del cyberbullismo in maniera preventiva è sempre più diffusa. E gli interventi stanno passando sempre di più da sporadici, ovvero le due ore dell’esperto che interviene informando, a sistematici e articolati nel tempo. 

Il cyberbullismo e i rischi per le vittime e per gli aguzzini

Ci sono molti rischi nell’ambito del cyberbullismo, sia per la vittima sia per chi mette in atto comportamenti cyberbullizzanti. E tutti sono interconnessi tra loro. La vittima in particolare può subire dei danni a lungo termine a livello di idea che il ragazzo ha di sé, e questo avrà un impatto sulla sua autostima, sul modo in cui entrerà in relazione con gli altri, e sulle sue difficoltà nel farlo, tanto che si arriva a situazioni in cui il ragazzo può finire in uno stato di isolamento dai propri coetanei. Per non parlare dell’impatto che tutto questo avrà sul suo rendimento scolastico e sulla sua possibilità di impegnarsi in un percorso di studio che per lui è importante per la sua realizzazione.

Per chi invece lo perpetra le conseguenze possono esserci in particolar modo a livello di percezione delle regole sociali. Una percezione che rischia di configurarsi come piuttosto distorta e avere delle conseguenze importanti sull’adulto che il ragazzo diventerà, e naturalmente a livello legale ed economico nel momento in cui saranno messe in atto azioni perseguibili penalmente.

Come fare prevenzione al cyberbullismo?

Un intervento per essere efficace deve tenere conto almeno di due questioni.

La prima: il fatto che dovrebbe essere preventivo. Ovvero, essere messo in atto quando ancora non ci sono segnali evidenti della presenza del fenomeno, per evitare che questo si manifesti. Più tardi si interviene, più difficile sarà rimediare ai danni fatti. Purtroppo, siamo ancora un po’ tutti vittime dell’atteggiamento per cui finché non mi trovo a che fare con un evidente problema di salute che mi crea disagio e malessere, non intervengo assumendo abitudini sane o nel peggiore dei casi con i medicinali.

Mentre se si fa un buon lavoro prima che il problema prenda forma, questo non si manifesterà proprio. Alcuni istituti sono ancora dell’idea che investire in prevenzione non rappresenti una buona pratica, nei fatti se non a parole, ma per fortuna l’atteggiamento in molti contesti sta cambiando.

La seconda. Dovendo partire dalla conoscenza del fenomeno e da una maggiore consapevolezza nei confronti delle cause, non si può pensare di fare un lavoro soltanto con i ragazzi, o con gli insegnanti o con i genitori. Ma occorre mettere in campo attività con tutte e tre le categorie, non mancando di creare anche occasioni in cui si mettono a confronto nello stesso momento. Altrimenti, rischiamo di fare un ottimo lavoro su un fronte, ma di ignorare che cosa sta succedendo dietro l’angolo. Togliendo acqua dal pavimento della cucina senza rendersi conto che c’è un tubo rotto nella parete del salotto.

Siamo in una società che cambia molto velocemente, nuove tecnologie e nuovi social compaiono nell’arco di pochi mesi e spesso hanno un impatto imponente sulle abitudini quotidiane dei ragazzi e sulle loro modalità di relazionarsi. E molti, in particolare genitori e istituzioni, sono impreparati.

Quali sono i progetti più efficaci?

Ogni progetto che noi realizziamo ci serve ad affinare i nostri strumenti e ad avere una visione di volta in volta sempre più chiara su come intervenire e come gestire le problematiche e i casi che a volte sono anche molto complessi e sfidanti. Occorre tenere sempre ben presente il fatto che non ci sono ricette semplici e strumenti da mettere in campo in maniera indiscriminata.

La capacità più importante da esercitare in queste attività è l’ascolto, che deve essere messo in atto in maniera semplice, spogliandosi dagli schemi e da quello che abbiamo capito e acquisito nel tempo. Quello deve essere sì parte della nostra esperienza a cui possiamo andare ad attingere, ma ogni volta che ci interfacciamo con un contesto nuovo dobbiamo ricordarci di essere attenti alle caratteristiche e i dettagli unici di quel contesto, osservare, esplorare, fare domande e interagire, senza partire con idee e schemi preconfezionati.

Soltanto così si può raggiungere il cuore della problematica, le vere dinamiche che soggiacciono al manifestarsi di un episodio, e da lì si deve partire per intervenire articolando passo dopo passo un percorso.

Il mondo sarebbe migliore se fossimo tutti più pronti ad ascoltare?

Credo che ogni volta che io e i miei colleghi prestiamo attenzione a chi abbiamo davanti, diamo la possibilità alle persone con cui interagiamo, prima di tutto di essere ascoltate. L’ascolto vero è qualcosa che non è più scontato al giorno d’oggi, dove mentre parliamo con i nostri genitori, il nostro partner o i nostri figli stiamo pensando alla lite irrisolta con gli amici, al budget da raggiungere a fine mese nella nostra azienda, e nel frattempo stiamo rispondendo a tre gruppi su whatsapp e seguendo una diretta su YouTube.

La chiave è sempre la stessa: l’attenzione. L’attenzione vera è preziosa, e già questo fa sentire bene le persone che a volte sentono il bisogno di qualcuno che ascolti con interesse sincero quello che non possono raccontare a nessuno perché spesso nessuno è interessato veramente a loro.

In secondo luogo, a volte non sono necessari grandi miracoli o illuminazioni estreme e improvvise nelle persone con cui lavoriamo. Semplicemente, affiancandole, offrendo un punto di vista, una riflessione e qualche spunto operativo, diamo il via a un circolo virtuoso di eventi e azioni messe in campo che impattano sulla qualità della loro vita quotidiana, e sull’intenzione alla base del loro relazionarsi con gli altri. Nel tempo tutto questo può ottenere cambiamenti anche estremamente importanti. E questo, può certamente migliorare il mondo, soprattutto se sempre più persone inizieranno a pensare ed agire con questo atteggiamento.

Elio Scagnetti

Redazione

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