Luca Puliti, il giovane rocker prenestino: “Nulla comunica più della musica”
Luca Puliti ha voluto raccontarsi in occasione dell’uscita del suo primo lavoro, dal titolo “Words in the Ether”, in uscita il 3 giugno
Luca Puliti, giovane artista, nato a Palestrina (Roma), classe 1996, ha voluto raccontarsi in questa intervista per presentare il suo primo lavoro discografico, dal titolo “Words in the Ether”, in uscita il 3 giugno su tutte le principali piattaforme.
Ciao Luca, partiamo dal principio, quando hai capito che la musica era la tua aspirazione di vita?
“La musica fa parte di me da quando ero bambino. A volte mi divertivo a prendere canzoni esistenti e riscriverne i testi, era un gioco per me, avrò avuto 8-9 anni la prima volta che l’ho fatto, ma sono sempre stato un grande ascoltatore, il rock mi affascina dal primo momento. Poi durante l’adolescenza cominci a capire che l’ascolto non ti basta più, che vuoi raccontare qualcosa di tuo e non più immedesimarti soltanto nelle esperienze degli altri.”
E immagino sia per questa ragione che hai cominciato a studiare musica…
“Si, vero. Verso i 15-16 anni provai a scrivere i miei primi brani aiutandomi con programmi musicali, scrivevo sequenze di accordi senza nemmeno conoscerli e senza avere un minimo di conoscenza armonica su nessuno strumento, andavo semplicemente a orecchio. Poi con la maturità ho capito che la teoria e la pratica musicali sono aspetti imprescindibili e finalmente a 20 anni ho iniziato a studiare chitarra e poco dopo anche canto.”
Ecco che dopo qualche anno parliamo del tuo primo lavoro discografico: da dove nasce “Words in the Ether”?
“Il titolo di per sé è già emblematico: parole nell’etere. Mi piaceva pensare che ciò che volevo comunicare in ognuno dei 4 brani presenti nell’EP vagasse nell’etere in attesa di essere captato da qualcuno che potesse comprenderne il significato, e di conseguenza farlo suo. È importante per me che un ascoltatore percepisca l’emozione che è alla base di una canzone per potersi immedesimare, senza questo aspetto sarebbe solo una serie di note che si susseguono.
L’album è nato così: durante questo periodo particolare personalmente e globalmente, ho percepito la necessità di raccontare ciò che stavo vivendo, e sentivo di aver raggiunto la maturità necessaria per farlo attraverso la mia musica, che per me è il mezzo di comunicazione più potente che esista; quindi ho scritto i brani, li ho arrangiati e ho prodotto delle demo nel mio home studio che poi, dopo mesi di revisioni e correzioni, sono diventate le versioni definitive che potete ascoltare oggi.”
Raccontaci di più dei testi: il fatto di scrivere in inglese deriva dal tuo background musicale?
“Si, è così, amando il rock e i suoi sottogeneri prediligo per la maggior parte artisti anglofoni. Tra le mie band preferite ce ne sono alcune di caratura internazionale come Green Day e Bon Jovi, e altre più di nicchia quali Sum 41, Simple Plan e All Time Low. Ho sempre scritto ispirandomi a loro, e i miei testi sono arrivati come naturale conseguenza. Inoltre ritengo che la musicalità della lingua inglese si adatti meglio al genere che faccio, ma ovviamente non mi precludo la possibilità di scrivere in italiano un giorno.”
E riguardo alla realizzazione del disco?
“Certo, volentieri. L’EP è stato registrato tra l’aprile e il maggio 2021 al VDSS Recording Studio di Falvaterra (FR) e poi successivamente mixato e masterizzato da Filippo Strang nel medesimo luogo. Io ho registrato le voci e le chitarre, e per gli altri strumenti ho collaborato con assoluti professionisti del settore come Giacomo Aversa (batteria e percussioni) e i miei maestri Alessandro Del Signore (basso, contrabbasso, synth) e Gloria Trapani (piano), che ringrazio infinitamente. Sono davvero orgoglioso di ciò che abbiamo realizzato.”
Non ci resta altro che ascoltarlo allora!
“Si! I primi due singoli (“The Dust You Hide” e “Words in the Ether”) sono già disponibili sugli store digitali, e da venerdì 3 giugno l’intero EP sarà online. Non vedo l’ora che lo ascoltiate!”
LINK AI BRANI:
CONTATTI: