La tragica equazione confermata, se ce ne fosse ancora bisogno, dall’ultimo rapporto di Eurojust, l’organismo Ue per la cooperazione giudiziaria.
Mafia e gruppi di criminalità organizzata dei diversi Paesi sono i responsabili di reati contro l’ambiente che varcano le frontiere. Crimini, per giunta, che risultano essere scarsamente perseguiti.
Il giro di affari si traduce in cifre di tutto rispetto. Si stimano profitti che vanno dai 30 ai 70 miliardi di euro l’anno.
Qualità dell’aria, rifiuti, salute dell’uomo e degli animali, qualità dell’acqua e del suolo, la lista dei reati è infinita e si arriva all’evidenza delle esportazioni di rifiuti pericolosi così come a quello della tratta di animali (scimmie, lupi) anche in via di estinzione.
Il rapporto Ue prende in esame anche le diverse strutture nazionali di controllo ed esamina le possibili soluzioni adottate. Quello che emerge è che a fronte degli enormi profitti che si realizzano dai reati ambientali le sanzioni sono basse. Inoltre, non si indaga abbastanza sul traffico dei rifiuti e il buco che si riscontra nel coordinamento delle autorità competenti anche a livello internazionale, non è stato ancora colmato.
La variabilità con la quale i diversi Paesi attuano la normativa europea è un fattore che indubbiamente ostacola la risoluzione di questo annoso problema che intacca l’economia del continente.
Alcuni Paesi, poi, non sono dotati nemmeno di strutture organizzative adeguate.
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