Riina stava scontando 26 condanne all'ergastolo per decine di omicidi e stragi tra le quali quella di viale Lazio, gli attentati del '92 in cui persero la vita Falcone e Borsellino e quelli del '93, nel Continente. E' da ricondurre a lui la scelta di lanciare un'offensiva armata contro lo Stato nei primi Anni 90. Non ha mai avuto un cenno di pentimento. Solo tre anni fa, parlando in carcere con un co-detenuto, si vantava dell'omicidio di Falcone e continuava a minacciare di morte i magistrati. L'ultimo processo a suo carico, ancora in corso, era quello sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, in cui era imputato di minaccia a Corpo politico dello Stato.
Per i giudici la malattia era compatibile con il carcere. A luglio il tribunale di sorveglianza di Bologna aveva rigettato la richiesta di differimento della pena avanzata dai legali di Riina. Il "capo dei capi" di Cosa Nostra era quindi rimasto nel reparto detenuti dell'ospedale di Parma in regime di 41 bis. I giudici hanno ritenuto che il boss 87enne potesse essere curato nel migliore dei modi nell'ospedale emiliano. Solo giovedì, con il parere positivo della Procura nazionale antimafia e dell'Amministrazione penitenziaria, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, aveva firmato il permesso di visita per i figli di Riina per fa sì che potessero stargli vicino, nella struttura sanitaria a Parma.
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