Più intercettazioni emergono attorno al caso del momento, più la vicenda da alcuni ribattezzata “Magistratopoli” assume contorni inquietanti. Certo, non è facile riuscire a districarsi nel mare magnum di informazioni che i vari media stanno sapientemente centellinando. Proviamo allora a fare un po’ d’ordine attorno all’evento principale, ricostruendo cronologicamente i fatti che hanno preceduto la nomina del nuovo Procuratore di Roma.
Gli antefatti risalgono al 26 marzo 2019, quando i magistrati perugini chiedono alla Procura di Roma di poter effettuare delle intercettazioni. Il procedimento è quello a carico dell’allora membro del Consiglio Superiore della Magistratura Luca Palamara, anche se il suo nome non compare nella richiesta. Che viene comunque accolta dal Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone.
L’ascolto viene affidato al G.I.C.O. (Gruppo d’investigazione sulla criminalità organizzata) della Guardia di Finanza di Roma. Tra i cui vertici figurano due alti ufficiali che, in un’intercettazione successiva, Palamara definirà «gli uomini del Pigna».
Una curiosità è che a presentare l’istanza è l’aggiunto del capoluogo umbro Giuseppe Petrazzini, non dall’allora Procuratore Luigi De Ficchy. Che l’ex presidente dell’Anm, in una conversazione captata dagli inquirenti, etichetta come «telecomandato» e «influenzabile». Il suo incarico cesserà nel giugno del 2019.
Si passa quindi avanti di poco più di un mese, arrivando così alla data chiave dell’8 maggio. È l’ultimo giorno di lavoro di Pignatone a piazzale Clodio, per raggiunti limiti di età. Ed è la sera dell’ormai celeberrima cena dell’hotel Champagne. Quella in cui Palamara, assieme ad altri consiglieri del Csm, incontra Cosimo Ferri, deputato del Pd ed ex togato, e Luca Lotti, ex Ministro dem.
È la cena dello scandalo, registrata dal trojan installato dalla Procura di Perugia nel cellulare dell’ex Pm romano. Il gruppo si riunisce infatti per discutere del successore di Pignatone. Il quale – particolare non da poco – sarà anche il titolare dell’inchiesta Consip in cui è coinvolto (ma non ancora imputato) Lotti. In pratica, un onorevole discetta con importanti magistrati sulla nomina del Procuratore che lo dovrà perseguire. Non solo: per buona misura, ragiona anche sulla possibilità di screditare Paolo Ielo, l’aggiunto di Roma che nell’ottobre 2019 lo rinvierà a giudizio per favoreggiamento.
Il giorno dopo, il 9 maggio, Palamara fa sapere che cenerà al ristorante romano Mamma Angelina proprio con Pignatone. Con loro c’è anche Michele Prestipino, braccio destro dell’ormai ex Procuratore e reggente ad interim della più importante Procura italiana. Il summit non viene però registrato dagli investigatori della Finanza, perché misteriosamente il trojan fa cilecca.
Difficile, comunque, che non si parli del posto vacante nella Capitale. Anzi, secondo alcuni organi di informazione l’incontro serve proprio a “ungere” il vice di Pignatone. Parafrasando Fabio Concato, in maggio è nato un Procuratore.
In questo momento, per il vertice di piazzale Clodio sono in lizza tredici candidati. Man mano che passano i giorni, il super-favorito diventa il Procuratore Generale di Firenze Marcello Viola, esponente di Magistratura Indipendente – la corrente di destra.
Il 23 maggio 2019, la V Commissione del Csm, competente per il conferimento degli incarichi direttivi, lo designa con una maggioranza schiacciante nuovo Procuratore di Roma. Si attende quindi che il plenum di Palazzo dei Marescialli ratifichi la nomina.
Tuttavia, il 29 maggio 2019 deflagra il primo filone di Magistratopoli. Luca Palamara viene iscritto nel registro degli indagati per corruzione, le intercettazioni svelano le trame occulte del suo gruppo.
L’ex presidente dell’Anm, che aspira alla posizione di aggiunto nella Procura capitolina, reagisce con rabbia e indignazione. «Sono troppo rispettoso delle prerogative del Csm per permettermi di interferire sulle sue scelte e in particolare sulla scelta del Procuratore di Roma».
Ma dalle conversazioni captate attraverso il trojan emerge un disegno (apparentemente) teso a favorire proprio la nomina di Viola. Del quale forse l’ex Pm aspira a diventare collaboratore. «Si vira su Viola», aveva infatti detto Lotti nel celeberrimo incontro.
Non tutti, però, appaiono convinti, in chat qualcuno afferma che preferirebbe altri candidati. E l’allora consigliere del Csm Luigi Spina, compagno di corrente di Palamara, avvisa i colleghi riottosi. «Voi mettete uno che rischia di essere ricattato come è stato ricattato Pignatone».
Affermazioni allarmanti, su cui a tutt’oggi non si sa se la Procura di Perugia abbia chiesto chiarimenti al diretto interessato. Mentre ha accertato senza ombra di dubbio che Viola era all’oscuro di tutto. Tanto è vero che, nella medesima circostanza, lo stesso Spina – divenuto frattanto Procuratore facente funzioni di Castrovillari – lo definisce «l’unico che non è ricattabile». Eppure, il nome del Pg del capoluogo toscano viene dato in pasto alle iene dattilografe.
Intanto, lo scandalo travolge il Csm. Cinque consiglieri togati si dimettono, cambiano gli equilibri – e la maggioranza – a Palazzo dei Marescialli.
Nel settembre 2019, il Consiglio Superiore della Magistratura azzera l’iter per la nomina del successore di Pignatone. La quinta commissione torna a votare il 20 gennaio 2020, senza però riuscire a esprimere una preferenza univoca.
Stavolta, l’incolpevole Viola – l’unico non ricattabile – non riceve neppure un voto. La sua esclusione dal ballottaggio spiana la strada a Prestipino. Che il 4 marzo 2020, in piena emergenza coronavirus, dopo dieci mesi da facente funzioni ottiene ufficialmente dal plenum del Csm la nomina a Procuratore di Roma.
Ognuno può naturalmente farsi un’idea sull’intricata vicenda di Magistratopoli, che qui abbiamo solamente cercato di ricostruire. Forse sarebbe esagerato dire, come dopo un famoso scherzo de Il Marchese del Grillo, che «è morta la giustizia».
Certamente, però, siamo di fronte a dei casi amari. O meglio, Pal-amari.
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