Mancanza di continuità e polemiche arbitrali: il post Roma-Genoa
Il momento giallorosso tra la beffa del Var al 91’, la poca concretezza e uno Zaniolo genio e sregolatezza
Un post Roma-Genoa da leccarsi le ferite. i giallorossi mancano l’appuntamento con la terza vittoria consecutiva, come richiesto da Mourinho alla vigilia. Al netto degli episodi, prima di tutto la Lupa deve fare Mea Culpa per una partita con i predominio dal primo all’ultimo minuto che non si è evidenziato nel punteggio.
Predominio ma poca brillantezza negli ultimi 20 metri, soprattutto con un uomo in più
Uno 0-0 che lascia tantissimo amaro in bocca. Entrambi i tempi hanno avuto uno spartito simile: fase di stallo iniziale con la Roma che gradualmente è salita di colpi sul finale. Nel primo tempo il Genoa è stato pericoloso un paio di volte da palla inattiva, ma le folate di Mkhitaryan e Zaniolo in campo aperto sono state dei buoni segnali. All’ora di gioco, complice anche l’ingresso di El Shaarawy, arrivano le palle gol importanti con Smalling di testa (che mette alto tutto solo da pochi passi), Zaniolo, Afena e Abraham (con Ostigard che toglie un pallone destinato probabilmente all’angolino).
Dal 68’ in poi però, con l’uomo in più, la Roma si scompone, cerca frettolosamente di andare al tiro forzando molte scelte di manovra. Nelle volte che si è allargato bene il gioco, spesso è mancata la brillantezza dell’ultimo passaggio nei 20 metri finali, e negli oltre 25 minuti in Power Play non è stata creata nessuna occasione, lampo di Zaniolo a parte. Dopo una partita sostanzialmente dominata sul piano del pallino del gioco, con un Rui Patricio quasi inoperoso, la difficoltà di scardinare difese chiuse ha consentito al Genoa di uscire dall’Olimpico con un punto prezioso.
L’episodio controverso al minuto 90
Stante l’incapacità di sbloccarla prima, il colpo in buca d’angolo di Zaniolo allo scadere è stato il risolutore della sfida, ma per solo un minuto. Dopo l’esultanza del classe ’99, palla a centrocampo e l’arbitro Abisso si blocca prima di far riprendere il gioco. Richiamato dall’arbitro al Var, il signor Nasca, va all’home field review per valutare un pestone di Abraham nei confronti di Vazquez prima che la palla andasse a Zaniolo. Pochi secondi e qualche replay per ribaltare la decisione e scatenare l’ira di tifosi allo stadio e dei giocatori in campo. In presa diretta anche l’arbitro non aveva ritenuto il contatto rilevante, ma al rallenti il pestone effettivamente c’è anche se con lieve intensità. In questo caso vale il metro di giudizio usato durante l’intera sfida ed è una decisione che ci può stare, premessa una gestione complessiva della gara discutibile da parte del direttore di gara.
Zaniolo genio e sregolatezza
È proprio Nicolò Zaniolo l’uomo copertina della sfida, nel bene e nel male. Una partita da campione dannato. Ispirato nel primo tempo nel rifinire per i compagni, meno incisivo in fase di realizzazione, lotta e sgomita per 90 minuti. Come spesso gli succede, viene bersagliato dai falli avversari ma a tratti è imprendibile, provocando due strattonate per altrettante ammonizioni. Una partita complicata prima del lampo del fuoriclasse, allo scoccare del minuto 90. La forzatura nel tenere la palla, uscire dall’area di rigore e cercare lo spazio per il suo sinistro, stavolta chirurgico. La liberazione, l’esplosione dell’Olimpico, l’esultanza senza maglia sotto la Curva Sud, per una gioia tanto forte quanto provvisoria per il fallo di Abraham notato dal Var e sanzionato successivamente da Abisso.
E qui subentra la parte “sregolatezza”: al 94’ la frustrazione per un tiro forzato e stavolta sbagliato, la polemica continua a pochi metri dal direttore di gara che non può non estrarre il cartellino rosso. Nicolò Zaniolo genio e sregolatezza in tutto e per tutto, per un processo di maturazione di un fenomeno che, vicino ai 23 anni, continua a tardare dal punto di vista mentale.