Antonio Manganelli è deceduto nel reparto di rianimazione dell'ospedale San Giovanni di Roma, dove nei giorni scorsi era stato sottoposto ad un intervento urgente per l'asportazione di un edema polmonare, cui era seguita un'infezione respiratoria.
"Quello che non va nel Paese ci ritorna come aggiunta di oneri. Tutti i problemi irrisolti diventano problemi della polizia. Facciamo un lavoro difficile. I problemi che si affacciano e mettono in difficoltà l'istituzione lo dimostrano, ma vi assicuro che la Polizia è un'istituzione fatta di persone perbene, che lavorano più di quanto sarebbe loro chiesto e producono risultati tutti i giorni, lavorando in sinergia con tutte le forze dell'ordine", così Antonio Manganelli, l'uomo che ha chiesto scusa ad un Paese intero in occasione della sentenza Diaz sui fatti di Genova, e che ha condannato l'episodio di Gabriele Sandri, "vittima di una leggerezza imperdonabile".
Nato ad Avellino nel 1950, era al vertice del Dipartimento di pubblica sicurezza dal 25 giugno 2007, dopo aver preso il posto di Gianni De Gennaro, di cui era stato il vice.
Dopo la laurea in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Napoli, si specializzò in Criminologia Clinica presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'università di Modena.
Negli anni '70 ha inizia la sua attività investigativa, dapprima nel settore dei sequestri di persona a scopo di estorsione e poi in quello dell'antimafia: è così che il suo nome si lega alla cattura di alcuni dei più pericolosi latitanti mafiosi.
Gli anni '80, anni di servizio al Nucleo Anticrimine della Polizia, lo vedono collaborare a lungo con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Nel 1991 venne nominato direttore dello SCO (Servizio centrale operativo) e del Servizio Centrale di Protezione dei collaboratori di giustizia; nel 1997 fu questore di Palermo, dove contribuì all'arresto di Pietro Aglieri.
Nel 1999 assunse la stessa carica presso la Questura di Napoli. In questa circostanza Manganelli si ritrovò ad avere a che fare con il caso di un poliziotto che sparò ad un 17enne, occasione in cui dichiarò: "l'emergenza criminalità non si combatte con i poliziotti rambo, ma con serenità e determinazione". Non a caso il suo motto era "C'è più sicurezza insieme".
Dopo la nomina a prefetto nel 2000, divenne direttore centrale della Polizia criminale e vicedirettore generale della Pubblica Sicurezza, incarico che lo portò ad assumere le funzioni vicarie del capo della Polizia Gianni De Gennaro.
Nel 2007, il 25 giugno, il Consiglio dei ministri lo nominò capo della Polizia.
Il suo curriculum vanta arresti di latitanti di spicco come Pietro Vernengo, Nino e Salvino Madonia, Nitto Santapaola. Negli anni della sua carriera, pubblicò anche saggi in materia di tecnica investigativa e sequestri di persona.
Le scritte offensive – Mentre le istituzioni tutte si commuovevano per la scomparsa del Capo della Polizia, Milano veniva invasa di scritte offensive inneggianti la morte di Antonio Manganelli.
Mentre il Capo dello Stato Napolitano dichiarava che quella di Manganelli è stata "una vita al servizio dello stato, in cui ha dimostrato alto senso delle istituzioni, rigore assoluto ed equilibrio", sui muri della città di Milano si leggeva: "+ Manganelli morti! + sbirri morti", "Manganelli, uno di meno", "Manganelli speriamo che abbia sofferto".
Le scritte sono state trovate nella zona, tra via Pomposa e via Ravenna, dove sabato scorso si é conclusa la manifestazione dei centri sociali per il decennale della morte di Davide Cesare, militante dell'Orsa ucciso per un litigio in strada.
La camera ardente e i funerali – La camera ardente sarà allestita oggi presso la scuola superiore di polizia a partire dalle ore 14.00.
I funerali invece si svolgeranno sabato mattina alle 11.00 nella basilica di Santa Maria degli Angeli, in piazza della Repubblica, a Roma.
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