Marijuana light: ecco come viene venduta in Italia
C’è chi la chiama cannabis legale e chi invece opta per la dicitura marijuana light
C’è chi la chiama cannabis legale e chi invece opta per la dicitura marijuana light. Quel che conta è che, in entrambi i casi, stiamo parlando di un nuovo prodotto che ha letteralmente rivoluzionato il mercato. Un mercato esploso negli ultimi anni, che sta premiando tutti coloro che hanno avuto il coraggio di investire: se infatti, nel 2017, il mercato della cannabis light ha prodotto la cifra record di 16 miliardi di dollari a livello globale, secondo le stime di BDS Analytics ed Arcview Market Research la crescita è destinata a continuare. I principali esperti del settore concordano infatti nel pensare che il mercato dell’erba legale possa arrivare a superare largamente quota 60 miliardi di dollari di valore entro i prossimi 10 anni. Più precisamente, si parla di un possibile mercato da 65 miliardi di dollari di valore entro il 2023 e, addirittura, di un mercato da oltre 150 miliardi di dollari di valore nel 2025. Inutile negare che stiamo parlando di una vera e propria rivoluzione, tanto a livello economico quanto sociale: è infatti evidente che uno sviluppo così profondo del mercato della cannabis light porti con sé un altrettanto radicale cambiamento di opinione da parte di moltissimi cittadini nei suoi confronti.
QUANDO POSSIAMO PARLARE DI CANNABIS LEGALE
Quando è però che possiamo parlare di cannabis legale? Secondo gli specialisti di Justbob i criteri di identificazione della legalità della cannabis variano di paese in paese e che quindi fattori innocui in Italia potrebbero rivelarsi compromettenti in una qualsiasi altra nazione europea e non solo: fattori come ad esempio la quantità in possesso del singolo, la distribuzione del prodotto, le modalità di coltivazione, i motivi del consumo ecc. A ciò si aggiunga che è impossibile generalizzare, in quanto la stessa cannabis annovera tra i suoi componenti quasi 100 diversi cannabinoidi, con possibilità di combinazioni pressoché illimitate. Chiarito questo, in Italia le componenti che portano a fare un netto distinguo tra prodotto stupefacente e prodotto non stupefacente sono due e, nello specifico, sono il cannabidiolo (anche noto come CBD) ed il tetraidrocannabinolo (anche noto come THC). Possiamo parlare di cannabis legale esclusivamente nel caso in cui il singolo prodotto in questione contenga concentrazioni minime di THC da una parte (la soglia è sotto lo 0,2%, anche se c’è tolleranza fino allo 0,5%) e che al tempo stesso racchiuda elevate concentrazioni di CBD. Il risultato di questo particolare mix è una sostanza, lo ripetiamo, assolutamente non stupefacente e che quindi non provoca nessuno dei rischiosi effetti collaterali tipici del THC in alta concentrazione: effetti quali ad esempio stati di ansia e/o di paranoia, sensazioni di euforia, disorientamento nello spazio e nel tempo, percezioni uditive alterate e via dicendo.
ALCUNI DATI ITALIANI
Se, come abbiamo visto, il boom mondiale della marijuana light è sotto gli occhi di tutti, la situazione italiana non è da meno. Il 2018 infatti è stato un anno semplicemente eccezionale per la cannabis legale, al termine del quale sono stati registrati più di 2.000 negozi capaci di generare circa 40 milioni di euro di fatturato. Anche per quello che riguarda il nostro paese la situazione sembra destinata a crescere ulteriormente: sono infatti diversi i report secondo cui il settore della cosiddetta erba light sarebbe destinato ad una crescita media annua paragonabile a quella degli altri paesi.