Massimo Bottura, tre stelle Michelin, 20/20 sulla Guida dell’Espresso, chef dell’Osteria Francescana di Modena, uno dei più famosi chef del mondo, segnalato due volte (2016 e 2018) primo ristorante tra i più importanti 50 al mondo, secondo la rivista inglese The Restaurant, sarà protagonista di quattro indimenticabili cene nella cornice dell‘Epic Center, all’ultimo piano del bellissimo Centro Commerciale Blue Mall a Santo Domingo. Le cene erano previste per tre sere ma il successo delle prenotazioni, solo 100 per sera, ha costretto gli organizzatori (Innova Marketing) a prolungare a una quarta sera, che pure cade il giorno del “thanksgiving”, 22 novembre, normalmente dedicato alla cena in famiglia, per gli americani e per i dominicani con doppia nazionalità.
Da qualche anno si assiste ad un risveglio della cultura gastronomica nei paesi dell’America Latina, con Messico e Perù in testa. Risveglio che va di pari passo con la crescita culturale di questi paesi, le maggiori opportunità di scambio comunicazionale (internet) e la crescita del turismo. La Repubblica Dominicana si trova al centro del continente americano, oggi è uno dei luoghi più ricercati per turisti e investitori. Può contare su una affluenza di oltre 6 milioni di visitatori all’anno, con una offerta di servizi di accoglienza che in molti casi, ho scoperto, molto più avanzati della media italiana e con una presenza di stranieri residenti cospicua: canadesi, americani e russi in testa ma anche tedeschi, francesi e italiani e vuole porsi come centro propulsore di questo rinnovamento. Santo Domingo, Punta Cana, Puerto Plata e Samanà sono facilmente raggiungibili da Canada e Stati Uniti in poche ore di volo e altrettanto dalla Colombia, Messico, Panama e da altre isole caraibiche come Bahamas, Antigua e Saint Martin, dove la presenza di un turismo di alto livello è la norma.
Gastrononic é un’iniziativa che vuole far conoscere direttamente a dominicani e stranieri residenti e turisti, il meglio della gastronomia internazionale. Chef italiani, spagnoli, francesi e americani verranno invitati, nei prossimi mesi a presentare i propri piatti e la propria cultura gastronomica qui, al centro della capitale dominicana. Attraverso loro si vuole incrementare l’import/export dei prodotti alimentari di qualità che il mercato turistico dell’isola richiede e far conoscere oltreoceano, altresì, il livello delle eccellenze caraibiche: caffè, cacao, frutta esotica, verdure biologiche in particolare e i piatti della cucina caraibica che sono molto apprezzati anche dagli europei.
Massimo Bottura è un maestro della cucina italiana e famoso in tutto il mondo grazie alle classifiche internazionali e ai numerosi premi. La sua cucina è frutto dell’incontro di innovazioni legate agli sviluppi della cucina molecolare e a una profonda conoscenza e rispetto delle eccellenze della nostra tradizione regionale. Bottura è un sincero ammiratore dei grandi formaggi padani, della salumeria emiliana di qualità, dei nostri grandi vini dal Piemonte, al Veneto, alla Toscana, fino ai rossi pugliesi e siciliani, del lavoro dei nostri agricoltori, fornai, allevatori e trasformatori dei prodotti alimentari e riesce a fondere queste meraviglie con le tecnologie più avanzate e con le trasformazioni possibili degli elementi disponibili, perché ogni degustazione si trasformi in esperienze emotive uniche e indimenticabili. Una cena da Bottura è un viaggio pieno di emozioni e di profumi, inscindibilmente legati nelle nostre memorie, tra i grandi capolavori della gastronomia italiana.
Se è vero che la cucina italiana nel mondo sia largamente la più diffusa e ricercata, questo non contrasta con la presenza di altre gastronomie, con una storia millenaria alle spalle, come la cinese, la giapponese, la vietnamita o la stessa francese e tanto meno con l’emergere delle raffinate proposte della cucina spagnola e di quelle latino-americane. Anzi si trovano sempre più motivi di incontro e di “fusione” nelle esperienze della ristorazione “stellata” di tutto il mondo. Metodi di cottura variegati, apparecchiature sofisticate, strumenti inventati ad hoc per trasformare testure e sapori e ottenere inaspettati risultati per il nostro olfatto, vista e gusto, oggi consentono risultati eccezionali mai provati prima. Questo vale per tutte le cucine occidentali ma ancor più per quelle italiane, spagnole e francesi che hanno, pur nelle ovvie differenze, molti punti di contatto, se non altro per via di una circolazione e frequentazione continua dei loro maestri e interpreti più importanti.
Tuttavia la nostra ristorazione è anche la più copiata, bistrattata, modificata nelle sue fondamenta, proprio perché gode di un brand di facile appeal, che viene venduto a ignari commensali, costretti a consumare mozzarelle, carbonare e pizze che di italiano hanno forse solo il nome. Le nostre paste vengono deformate già nel nome: “alla bolognaise”, “espaguettis”, “fetuccini” “melanzana a la parmesana”, dove quel formaggio non c’entra nulla e ancora più disgraziatamente negli ingredienti e nella preparazione delle ricette. Panne, spezie, erbe aromatiche e altre componenti, vengono inopinatamente utilizzati nel luogo e nel momento sbagliato. Ho visto pizze che voi umani stentereste a considerare commestibili! A tutti è chiaro che la pasta deve essere gettata dopo che l’acqua, con sale grosso, bolle ma purtroppo fuori del nostro paese, anche questo principio basilare viene disatteso come fosse un opcional a discrezione del cuoco egiziano, caribeño, messicano… Non immaginate quanti “Restaurantes Italianos”, qui nel Caribe, di italiano non abbiano nulla se non il nome e forse il primo proprietario che poi l’ha ceduto ad altri.
Poter contare su ambasciatori come Massimo Bottura può essere la giusta occasione affinché gli appassionati della nostra gastronomia possano gustarla in una delle sue massime interpretazioni, ma soprattutto per aprire questo mercato all’ingresso delle nostre materie prime e dei nostri prodotti più famosi e anche di quelli meno famosi. La domanda c’è, è sotto traccia, basterebbe poco per far nascere il flusso funzionale alle nostre esportazioni. La Spagna ha accordi bilaterali che riducono i dazi dei loro prodotti che invadono i supermercati, accanto a qualcosa di francese e di italiano di livello medio basso. Non si trova la ricchezza dei nostri formaggi, dei nostri vini, dei nostri oli extravergine di oliva, delle nostre paste, dei nostri sughi, dei nostri salumi. Trovo dei prosciutti italiani terribilmente secchi e salati, dei formaggi che in Italia non ho mai visto, delle paste che arrivano dagli Stati Uniti anziché dal Bel Paese. Gli oli poi non so che bland li componga, credo che uno davvero buono non esista in tutta l’area caraibica.
La richiesta di prodotti italiani all’estero è però alta, il successo di Eataly a New York lo dimostra ma fuori d’Europa e degli Stati Uniti non è facile incontrare i nostri prodotti. Il problema non è il prezzo, perché certamente, il dominicano povero non li cercherà né ora né mai. Il problema è che non li trova l’italiano residente (50.000 italiani vivono stabilmente in Repubblica Dominicana) né il turista ma neanche il residente europeo e americano, che pure conosce i nostri oli, l’aceto balsamico tradizionale, i salumi raffinati di montagna e quelli della pianura emiliana, l’affumicato di Sauris, il delizioso prosciutto del Casentino, il parmigiano o il grana padano nelle loro stagionature e variazioni geografiche, il pecorino romano, la mozzarella di bufala campana, la ricotta di pecora o di vacca, il pane casareccio, le focacce, cecine, piadine e le pizze… le erbe tipo rucola, cavolo nero, cavolfiore pagoda, radicchio, cicoria, friggitelli, raperonzoli, i funghi prataioli, cardoncelli, i nostri pesci: spigole, orate, saraghi, pezzogne… questi prodotti sono o rari o assenti del tutto. Al massimo devi accontentarti dei funghi coltivati americani o dei porcini secchi in sacchetti a 500€ per mezzo chilo. Mentre prepari il risotto ai funghi pensi: “Ah se avessi i giallarelli o i porcini freschi!”. Per non parlare dei vini, che nel Caribe sono disponibili a volte solo nei grandi hotel esclusivi di Punta Cana ma non nelle enoteche, nei ristoranti e nei supermercati, dove se chiedi un vino passito ti propongono un prosecco (del quale non saprei dire la provenienza) non conoscendo la differenza tra i due.
L’arrivo di Bottura, se fosse accompagnato da una efficace promozione organizzata dall’Ice o dalla nostra Ambasciata, cogliendo l’occasione al volo, potrebbe aprire le porte alla conoscenza di alcuni di questi gioielli, portandoli a conoscenza di distributori e importatori locali. Certamente l’eco delle quattro serate con Bottura durerà a lungo in Santo Domingo ma i commensali non troveranno da nessuna parte i sapori e i prodotti che lo chef avrà portato con sé dall’Italia. Direte che questo favorirà il turismo gastronomico verso il nostro Paese? Forse. Ma non credo che il viaggio in Italia perderebbe di fascino se si potessero trovare, nelle isole delle vacanze, i prodotti che richiamano questo sogno, anzi, lo ribadirebbero nelle menti degli appassionati, giorno dopo giorno.
Dopo Bottura altri chef verranno: spagnoli catalani e baschi e francesi di Parigi e della Provenza, americani di New York e Los Angeles e chef giapponesi dal Perù e dagli Stati Uniti come dal Giappone ma anche altri italiani come Niko Romito, Enrico Crippa, Massimiliano Alaimo che vantano le tre stelle Michelin oltre a una presenza tra i primi 50 più importanti al mondo e spero anche altri, con meno stelle ma portatori di una esperienza e di una ricchezza di offerta altrettanto stupefacente, che lascerebbero a “boccone chiuso” i commensali del Blue Mall di Santo Domingo.
*Carlo Raspollini, autore televisivo di programmi su territorio ed enogastronomia
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