Taiji.21 gennaio. La cattura dei delfini a Taiji era cominciata qualche giorno fa e noi di QDL e Roma.it eravamo stati i primi a pubblicare in Italia del tragico evento che si ripete stagionalmente in Giappone.
Il grosso branco di tursiopi di circa 250 esemplari, era stato sospinto dai pescatori giapponesi verso la piccola baia che, come fosse una camera della morte come quelle destinate ai tonni, ha visto lo svolgersi di giornate drammatiche.
Taiji è un piccolo centro di pescatori che, se non fosse per la drammatica pesca al delfino denunciata dal film "The Cove" di Ric O' Barry, probabilmente sarebbe rimasto un nome sconosciuto ai più.
“E' una pesca tradizionale.” Una risposta, questa, divenuta tradizione anch'essa e che, dalle parti del Ministero della Pesca giapponese, ripetono ogni qualvolta che si parla di Taiji e di ciò che accade nei periodi di mattanza al delfino. D'altronde, va ricordato, il Giappone è tra i Paesi che, ancora oggi, spara cannonate alle balene per “scopi scientifici” così che, sempre “scientificamente”, i tranci di balena possano, poi, finire in padella.
I giorni passati dai delfini nella baia sono stati terribili, sconvolgenti. Prima di macellare gli esemplari, infatti, è partita la selezione. Come si trattasse di una specie di concorso di bellezza, infatti, ai più carini, cuccioli in testa, è stata risparmiata la vita e sono stati affidati agli addestratori. Tra i piccoli, un raro e bellissimo albino che, separato dalla madre, è stato catturato e trasferito in un luogo sicuro pronto per essere venduto al miglior offerente (si parla di centinaia di migliaia di dollari). Poi la mattanza che ha riguardato gli animali, precedentemente contrassegnati da vernice bianca e che ha colorato le acque di rosso impregnando l'aria di gemiti e urla quasi umane, con i “pescatori” ben attenti a coprire con dei teli il tratto di costa scena delle uccisioni.
Al 21 gennaio i numeri parlano chiaro con circa 50 delfini selezionati per la cattività e oltre 40 uccisioni. Il resto del branco, momentaneamente, è stato spinto fuori dalla baia. Gli attivisti di Sea Shepherd e dell'organizzazione di Ric O' Barry continuano a monitorare la zona producendo video e immagini che fanno il giro del mondo. Nel frattempo, però, “the cove is red”. La “tradizione” giapponese continua…
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