Politica

Mattarella dixit: Musica e cultura baluardo della democrazia. Ma è falso

È successo ieri, alla Prima della Scala. Che com’è noto è un grande appuntamento mondano, per cui si parla moltissimo dei vip che intervengono da spettatori e pochissimo delle opere che vanno in scena. D’altronde, e sia detto senza offesa, tolti i cultori del genere non è che il melodramma appassioni ancora le folle.

Sia come sia, tra i presenti c’era anche il presidente della Repubblica. Il quale, forse troppo inebriato dai tanti applausi che gli sono stati tributati, o magari soggiogato dalla potenza artistica della rappresentazione cui stava assistendo, durante l’intervallo se n’è uscito con questa altisonante affermazione: “La musica e la cultura sono il baluardo della democrazia”.

Bellissime parole. E magnifico concetto. Solo che… non è vero. La musica e la cultura, di per sé, non sono proprio il baluardo di un accidente. O meglio: possono essere, di volta in volta, il baluardo delle cose più diverse. Per due eccellenti motivi. Il primo è che entrambe non sono certo invenzioni del nostro tempo ma esistevano anche prima e si legavano, fatalmente, a epoche e a sensibilità che con la democrazia non avevano nulla a che spartire. Il secondo, che dovrebbe essere altrettanto evidente, è che la musica e la cultura sono generate dagli individui d’ingegno, e non tutti loro, che piaccia o no, sono allineati alle idee oggi dominanti. Per fare giusto un paio di nomi celeberrimi e pescati in un passato non troppo lontano, Richard Wagner in ambito musicale ed Ezra Pound in quello letterario.

Ma a questo punto si pone un problema.

Se Mattarella straparla, il vilipendio dove sta?

Con chi riveste la sua carica tocca andarci cauti, visto che ancora esiste (e per come è formulato è un’assurdità) il cosiddetto vilipendio del Capo dello Stato. Ossia il reato previsto da quell’articolo 278 del Codice Penale che recita “Chiunque offende l’onore o il prestigio del Presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.

Ma come bisogna comportarsi, allora, di fronte a un Capo dello Stato che pronunci delle palesi sciocchezze? Bella domanda. E ne aggiungiamo subito un’altra: non è che con l’alibi del reato penale tanti giornalisti compiacenti si astengono dal dire le cose come stanno, come appunto in questo caso? Repubblica, per esempio, ha dato grande risalto alla suddetta frase riportandola nel titolo della homepage. Il che, evidentemente, significa avallarla. Non soltanto, quindi, trovarla a malapena accettabile, per cui non ci si spinge ad attaccarla e però la si passa sostanzialmente sotto silenzio, ma addirittura rilanciarla con enfasi. Come se fosse una dimostrazione di acume. O una perla di saggezza.

E allora cos’è, questa totale acquiescenza di fronte a un’affermazione che è a dir poco esagerata? È rispetto o servilismo?

E infine: il vilipendio vero dove sta? In chi critica Mattarella per questa sua sortita senza alcun fondamento, o in Mattarella stesso che ‘vilipende’ l’intelligenza collettiva, piegando la musica e la cultura a una tesi propagandistica?

Speriamo di non dover arrivare in Cassazione, per scoprirlo.

Federico Zamboni

Giornalista professionista e molto altro, tra stampa, radio e incontri pubblici. Terreno di caccia preferito: la società occidentale che fa finta di essere libera, democratica, benintenzionata. Nel 2019 ha pubblicato “Loro sono furbi… ma noi possiamo essere intelligenti” (Guida alle tecniche di manipolazione).

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