Medici e infermieri, a Torino un corso per non farsi picchiare
La finalità è quella di informare e formare gli operatori sui metodi di riconoscimento di segnali di pericolo o di situazioni che possono condurre a episodi di violenza
Incredibile, ma vero: per gli operatori, professionisti e non, è necessario un corso per non farsi picchiare dagli utenti imbufaliti. Almeno è ciò che si deduce dall’idea della Asl To4 (Torino), che ha progettato un evento formativo per far sì che i sanitari prevengano gli atti di violenza nei loro confronti. Il primo corso, articolato in tre edizioni (la prima è partita il 28 marzo) è rivolto a tutti quei servizi definiti “ad alto rischio” e, infatti, i destinatari sono medici, infermieri, psicologi, educatori professionali, assistenti sociali, operatori socio sanitari e amministrativi che lavorano nel pronto soccorso, nel Dipartimento di Salute Mentale e nel Servizio per le Dipendenze (SerD).
La finalità è quella di informare e formare gli operatori sui metodi di riconoscimento di segnali di pericolo o di situazioni che possono condurre a episodi di violenza e sulle metodologie per la prevenzione e la gestione degli stessi. Gli obiettivi formativi specifici sono quelli di illustrare il protocollo aziendale per la prevenzione e la gestione degli episodi di violenza ai danni degli operatori, di identificare le fasi del ciclo dell’aggressione, di individuare le strategie utili a prevenire l’aggressione e a ridurre l’amplificazione della violenza, di descrivere le strategie comunicative e relazionali che favoriscono la escalation e di riconoscere l’opportunità di rielaborare gli eventi aggressivi.
Così ha spiegato al Quotidiano Canavese il direttore generale dell’Asl To4, Lorenzo Ardissone: “Lavoriamo continuamente per fronteggiare il problema della violenza nei confronti dei nostri operatori, agendo su più fronti in modo sistematico. Abbiamo identificato i fattori di rischio per la sicurezza del personale ospedaliero e attuato le opportune strategie preventive, che vanno dalla definizione di disposizioni sulla chiusura serale dei reparti e sulla chiusura notturna degli accessi ai presidi ospedalieri a misure di tipo tecnologico, come l’installazione di ulteriori citofoni per l’accesso regolato nei reparti fuori dagli orari di visita e di ulteriori dispositivi di videosorveglianza. Abbiamo realizzato sul tema una campagna di informazione congiunta con il Collegio IPASVI Provinciale di Torino e con l’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Torino. Abbiamo appena assegnato con una gara d’appalto a una società competente nel settore il compito di elaborare un piano per garantire la sicurezza dei nostri ospedali e delle postazioni di guardia medica, utilizzando la tecnologia e le risorse umane. E ora abbiamo progettato un corso per la prevenzione degli atti di violenza a danno degli operatori”.
Una domanda, però, sorge spontanea: è quindi anche colpa del lavoratore che subisce violenza e della sua presunta scarsa preparazione sulle modalità per scongiurare di essere malmenato se alcuni cittadini si sentono in diritto di mettere a ferro e fuoco gli ospedali e se non ci sono, di fatto, i dovuti controlli per evitare tutto ciò…?