Mentre la gente comune , oltre a occuparsi dei pandoro “glassati” Ferragni ormai vicini alla data di scadenza, era distratta dai frustranti preparativi natalizi, il Governo Meloni, con la complicità non già delle tenebre, ma di un manipolo di “elfi di Stato”, portava a compimento una “sofisticata” quanto ambigua operazione politica, in perfetto stile prima Repubblica nella sua dinamica e in fluida continuità con la dottrina del Prof. Mario Monti (ricordate il Fiscal Compact?).
Ci riferiamo evidentemente alla “negletta” accettazione del nuovo Patto di stabilità, frutto del solito accordo franco-tedesco che stringerà l’Italia in una morsa di austerity ancor più castrante di quanto fino ad oggi stesse avvenendo.
Neppure il tempo di brindare al nuovo anno, che la nostra Nazione dovrà rifare i già penalizzanti conti quanto al perseguimento di reali politiche per lo sviluppo. Gli ulteriori 12 miliardi di euro di tagli gentilmente “accordati” nel nuovo patto scellerato (solo per noi, come sempre) obbligherà i cittadini ad una ulteriore pressione fiscale, strozzando fino all’osso partite iva e piccole e medie imprese e comprimendo una domanda interna già ai minimi storici.
Dunque, mentre i francesi continueranno a sbizzarrirsi in manovre di sviluppo a debito, i tedeschi avranno campo libero nell’attingere ai fondi extra bilancio in grado di soccorrere le proprie imprese (banche incluse), che versano in uno stato di crisi fino ad oggi mai attraversato. Noi, gli italiani, vedremo assottigliarsi ancor di più la ricchezza e la qualità della vita conquistate con i sacrifici dei nostri padri e difese (a quanto pare inutilmente come dimostrano i dati economici di crescita degli ultimi trent’anni) dalla nostra generazione.
Il fatto grave è che il dicastero economico ha nel Ministro Giorgetti un novello Giano “transfrontaliero”, che cambia faccia ogni qual volta oltrepassa l’ormai ipotetico confine della nostra Nazione. Aveva in questo caso la possibilità di esercitare concretamente il diritto di veto vista la necessità di un voto unanime per l’approvazione della “manovra”, ma ancora una volta, contravvenendo alle promesse pre elettorali, in posizione di malcelato quanto ambiguo disaccordo-accordo con i suoi superiori (Salvini e Meloni), ha preferito allinearsi alla rassicurante posizione di sudditanza piuttosto che percorrere rispetto la meno agevole strada del confronto-scontro necessaria a difendere fino in fondo gli interessi della propria Nazione.
Prevedere gli effetti della ratifica del nuovo Patto di stabilità è un esercizio per nulla complicato: rivalutazione delle rendite catastali ad ulteriore deperimento di un mercato immobiliare in costante svalutazione (grazie anche ai tassi impossibili sui mutui), e magari la reintroduzione dell’IMU sulla prima casa.
Tagli alle già magre pensioni (fatte salvo quelle di boiardi e politici di professione), che appena il Governo aveva “rivalutato” con un misero contentino che potremmo definire il classico “tozzo di pane”. E ancora la solita sforbiciata alla nostra malata cronica sanità (ma non agli sprechi incontrollati), sempre più diretta sul binario unico della privatizzazione; oltre al reiterarsi di tutti gli altri provvedimenti restrittivi ben noti ai cittadini per quanto spacciati come provvedimenti di aiuto e crescita ma in realtà posticci restyling di una vetusta “carrozzeria” dal motore grippato.
Dunque , dove sta la sofisticata operazione politica accennata all’inizio del nostro articolo? Ebbene, il giorno dopo la disastrosa e supina “non negoziazione” sul Patto di stabilità, con un colpo di teatro da influencer navigato, l’attuale Governo simil- DestraCentro, ha votato “No” alla ratifica del MES. Un atto apparentemente riparatore al penalizzante Patto di stabilità secondo il vecchio adagio “come mi suoni, così ti ballo”. Un segnale “urlato” con il megafono dei Social ad un elettorato tanto distratto quanto confuso dalla molteplicità di notizie, mai seriamente verificate, che giornalmente cadono a pioggia senza soluzione di continuità.
In realtà, rifiutare il MES non può in nessun modo compensare il danno che le nuove regole del Patto di stabilità arrecheranno all’Italia, negando qualunque iniziativa per lo sviluppo delle politiche sociali e confermando ancora una volta il ripudio della Destra Sociale da parte dell’Esecutivo targato Fratelli d’Italia.
Lo strappo sul MES, nella migliore delle ipotesi,si potrebbe di primo acchitto interpretare come una legittima levata di scudi (ad almeno uno dei diktat europei) capace di produrre uno slancio di ritrovata “stima” verso l’attuale dirigenza governativa, per quanto concretizzatosi con modalità tipiche di una ripicca da parte di un’amante tradita. In realtà, per chi “mastica” politica dai disincantati tempi andreottiani, il doppio binario su cui viaggiano Patto di stabilità e MES, sembrerebbe portare ragionevolmente ad una “fine” operazione di equilibrismo politico.
Un’accordo condiviso con l’establishment di Strasburgo: accollarsi la responsabilità nel firmare un penalizzante Patto di stabilità (utile soprattutto a Germania e Francia), in cambio di un occhio europeo apparentemente chiuso al voto negativo al MES, che tra le mura di casa verrà percepito come una clamorosa vittoria antieuropeista, in grado di far rimanere inalterato il numero di followers verso l’attuale establishment governativo.
Il tutto con buona pace dei mercati finanziari dominati dalle Banche, debitamente informati sul fatto che tal diniego sia in realtà una proroga utile ad una più tranquilla campagna elettorale per le elezioni Europee (a questo punto svuotate da qualunque velleità di cambiamento) in attesa di un successivo SI’ post elezioni.
Insomma, anche quest’anno agli italiani è stato rifilato il classico regalo di Natale riciclato, confezionato con carta e coccarda anch’esse riciclate e ormai sbiadite da anni di riutilizzo per complicati “pacchi”.
Un panettone già scaduto ( i pandoro erano stati ormai tutti acquistati dai voraci followers della ex fatina radical chic di Cremona) che porterà problemi di digestione anche ai più forti di stomaco in attesa dei “botti” di Capodanno che esploderanno con la decretata proroga del SuperBonus.
Antonio Augello
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