“Ti scrivo questa lettera, la mia ultima lettera. Si hai capito bene, perché non credo di riuscirci più. Ho intenzione di mollare. Questo ragazzo moro piange davanti allo specchio e non trova nessuno dietro di sé che gli dica ‘ehi oggi sei maledettamente bello’”. L’ultima lettera lasciata da Michele Ruffino, suicida il 23 febbraio scorso (si è lanciato da un ponte ad Alpignano in provincia di Torino) per colpa dei bulli, commuove l’Italia. Una lettera che è un urlo silenzioso in questo mondo caotico e malato che, secondo lui, non ascolta più, ma è solo pronto a giudicare e deridere (la madre di Michele ha denunciato alcuni presunti bulli che lo avrebbero spinto al suicidio.
Parole fortissime, quelle del ragazzo di Torino, prima del tragico addio: “Questo ragazzo ha sempre cercato in tutti i modi di far sorridere gli altri, di salvarli dalla depressione. Eppure lui è il primo a voler morire e nessuno se ne rende conto” scrive nella missiva ritrovata in camera sua dalla sorella, solo dopo essersi tolto la vita. Racconta di tagli, di una sofferenza portatosi dentro sin da bambino. Non solo per il fatto dell’autolesionismo. “Perché per colpa di un vaccino ho dovuto sempre lottare, oltre che con la mia malattia anche con la gente che, non può capire e quindi iniziano a chiamarti down, stupido; anoressico, o ancora peggio quello che ogni tre passi cade”.
Ma anche quando cresci e inizi ad avere dei sogni inizia un altro problema, quello di non riuscire ad accettarti. Perché Miky non si accettava. Nonostante sapesse di avere dei sogni da realizzare, uno tra tutti diventare pasticcere. Lui in quel corpo troppo diverso, per lui, da quello dei suoi coetanei che non lo accettavano per quello che era. “Avrei voluto tantissimo conoscerti – conclude- Ma non ci sarà occasione”. E l’occasione se ne è andata per sempre il 23 febbraio su quel ponte di Alpignano.
Sulla bellezza bisogna intendersi. Ma quando tutti i giorni ti ripetono che sei uno sfigato senza speranza non c’è spazio per tanti ragionamenti. “Mio figlio si è ucciso perché voleva un amico della sua età e riceveva solo porte in faccia – dice la mamma – È stato vittima dei bulli, lo hanno ucciso loro. E hanno insistito fino all’ultimo. Uno guardando la sua foto ha detto che da morto era meglio. Chi ha sentito quelle parole si è sentito gelare il sangue”. Il ragazzo è stato insultato dai bulli persino al funerale: qualcuno ha detto “Dal vivo eri più brutto”. Una vicenda agghiacciante, che deve servire da monito contro la piaga assurda del bullismo che tra i giovani si sta diffondendo sempre di più.
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