Il bi-Premier Giuseppe Conte che suggerisce al suo ex vice Matteo Salvini di non essere geloso di un pessimo accordo – quello maltese sui migranti – che il leader della Lega non avrebbe mai firmato si avvicina molto a essere la comica finale di un Governo nato già vecchio: un esecutivo venuto alla luce con lo sguardo rivolto verso il passato, verso ideologie fallimentari, sconfitte dalla Storia e invise ai cittadini – ma ancora vezzeggiate da un establishment spocchioso e tracotante per cui c’è democrazia solo se il popolo si esprime in accordo con i propri interessi.
Ma procediamo con ordine. Nel vertice di La Valletta è stata registrata una sostanziale convergenza tra i Ministri dell’Interno di Italia, Malta, Germania e Francia su quelle che dovrebbero essere le politiche migratorie a livello europeo. L’intesa, preventivamente definita un progetto pilota da estendere al maggior numero di Paesi comunitari possibile, prevede una rapida redistribuzione degli immigrati (4 settimane al massimo); l’obbligatorietà dei ricollocamenti; la rotazione “volontaria” dei porti di sbarco; e una revisione dei trattati di Dublino per cui i rimpatri diventerebbero un onere dei Paesi di accoglienza, e non di quelli di primo approdo.
Bisogna riconoscere che le intenzioni, come spesso accade in questi incontri, sono ottime: il problema è che alla fine, come sempre accade in questi incontri, la montagna partorisce un topolino.
La situazione è stata efficacemente fotografata dal segretario del Carroccio che, tenendo fede al suo abituale stile molto diretto e poco oxfordiano, ha definito l’accordo di Malta «una sòla, una fregatura».
In effetti, è indubbio che, per esempio, il gruppo di Visegrád non accetterà mai i ricollocamenti forzati – sanzioni o non sanzioni. In maniera simile, Spagna e Grecia (altri Paesi di primo approdo che, significativamente, non erano presenti a La Valletta) potrebbero mettersi di traverso riguardo alla rotazione dei porti – a maggior ragione visto che il meccanismo è su base volontaria.
Salvini ha liquidato l’intesa a quattro come «l’ennesima promessa dell’Europa. Tante parole ma fatti zero, come in passato». Un passato anche molto recente. Solo una decina di giorni fa, infatti, Berlino e Parigi si dicevano pronte ad accogliere ognuna «il 25% di chi sbarca in Italia», come allegramente riportato dai cagnolini mediatici del potere: che però si erano scordati di precisare che il “duo delle meraviglie” Angela Merkel/Emmanuel Macron si riferiva solamente a quanti hanno diritto di asilo. I quali corrispondono a una percentuale che l’ex Ministro dell’Interno ha indicato al 20%, ma che altri stimano addirittura al 7%.
Per fare un esempio numerico, se arrivassero 100.000 migranti (come nella Belle Époque dei porti aperti e dell’accoglienza indiscriminata che alcuni scellerati vorrebbero riproporre), quelli che proseguirebbero il viaggio verso i confini transalpini e teutonici sarebbero tra i 3.500 e i 10.000, mentre i restanti 90.000/96.500 «li troveremo in giro per Roma, Milano, Palermo» come ha ammonito il segretario leghista.
E, dal momento che con lui al Viminale gli sbarchi erano diminuiti del 75%, mentre con l’avvento dell’ircocervo rosso-giallo sono cresciuti del 50% in neanche un mese, ha ragione il Capitano quando afferma che «gli unici contenti sono gli scafisti». Che non è neppure del tutto vero, visto che anche ong, giornalisti di regime e sedicenti intellettuali festeggiano – laddove gli unici certamente insoddisfatti sono gli Italiani.
In tal senso, è quasi sconcertante la brevimiranza del BisConte. Che, per salvare la poltrona, antepone le sirene dei suoi azionisti di maggioranza alla volontà dei propri datori di lavoro (i cittadini), da cui pretenderebbe anche scroscianti applausi mentre li irride. E al contempo lamenta il successo dirompente dei “sovranisti” a cui, fin troppo consapevolmente, sta spianando la strada. Chapeau.
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