Traffico di migranti tra Sicilia e Tunisia. Il gip ha disposto ha arrestato 18 persone, per 12 è stato disposto il carcere mentre gli altri 6 sono agli arresti domiciliari. Le indagini sono iniziate il 21 febbraio 2019, quando al porto di Gela una barca si era incagliata ed era stata segnalata da un pescatore.
Secondo i primi accertamenti le imbarcazioni degli scafisti sarebbero partite dal porto di Gela, oppure da Agrigento, per raggiungere le coste africane. Una volta prese le persone sarebbero tornati indietro. Questo è quello che ha portato alla luce l’operazione Mare aperto della polizia di Caltanissetta.
Oltretutto, dalle indagini sono emerse alcune intercettazioni telefoniche tra gli scafisti. Una di queste ha rilevato che se ci fossero stati dei problemi, come ad esempio un’avaria al motore, gli scafisti avrebbero potuto “sbarazzarsi dei migranti in alto mare“.
Le accuse rivolte alla banda di criminali sono di associazione a delinquere finalizzata a favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Un reato aggravato dal fatto che l’organizzazione era composta da più di dieci persone e che operava a livello transnazionale. A questo si aggiunge l’aggravante di aver esposto al pericolo la vita dei migranti, con un trattamento inumano e degradante e aver commesso reati per profitto.
L’ammontare del guadagno della banda sarebbe tra i 30mila e 70mila euro per ogni viaggio. Il prezzo a persona per viaggio andava dai 3mila ai 5mila euro. Il pagamento doveva avvenire in contanti in Tunisia, ma non c’era nessuna certezza che esso andasse a buon fine. Un esempio è quello del 26 luglio 2020 che per motivi dell’avaria al motore non si è concluso e l’imbarcazione è stata lasciata alla deriva.
Gli scafisti veri e propri erano tre, mentre l’attività criminale era gestita da una casa a Niscemi. Mentre altre due persone avevano una base operativa a Scicli dove avevano il compito di gestire le casse, e nel frattempo altri della banda gestivano gli aspetti logistici dell’operazione.
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