Interviste

Monica Lozzi del VII municipio: “Come abbiamo abbattuto le ville dei Casamonica”

L’operazione di sfratto e demolizione nel novembre 2018, delle ville abusive dei Casamonica al Quadraro, è stata preparata nell’arco di dieci mesi dalla presidente, gli assessori e i consiglieri del VII Municipio. Quello che abbiamo visto nei Telegiornali o sui quotidiani con la Raggi e Salvini trionfanti della ripristinata legalità, è stata solo l’esito finale, l’esibizione mediatica. L’intervista a Monica Lozzi, presidente del VII Municipio, del Movimento Cinque Stelle, per capire come sono state amministrate e gestite le demolizioni della storica operazione, e perché ha sollecitato il riconoscimento del lavoro svolto dagli eventi e dalle figure amministrative locali.

Quali sono state e come si sono svolte le indagini e le operazioni dei membri del VII Municipio per la demolizione delle ville abusive dei Casamonica?

“L’abusivismo edilizio è di competenza prettamente dei municipi. Noi del VII municipio ci siamo insediati nel luglio 2016, e già ricevevamo moltissime segnalazioni di abusi edilizi e non solo di quelle compiute dai Casamonica. Avevamo casi che erano stati segnalati ma poi non trattati, così abbiamo deciso di riprendere con gli uffici tutti i fascicoli negli archivi. Erano migliaia, arenati negli anni per mancanza di fondi, nella fattispecie demolizioni in danno, perché quando non ottempera il privato poi il municipio deve andare in danno. Tra i vari documenti c’era quello del “Borghetto”; le prime segnalazioni risalivano 1985 e al 1997 l’intimazione di demolizione. Così le abbiamo inserite in programmazione. Era però una situazione complessa sia nella logistica che per via di tre vincoli; ferroviario, archeologico e paesaggistico. Nonostante i vincoli la situazione delle ville non era però sanabile, perché riconducibili al clan. Le ville sono state portate al tavolo della sicurezza con il viceprefetto per essere coadiuvati, quindi c’è stata la verifica delle condizioni attuali e l’avvio della procedura amministrativa per le demolizioni.

Abbiamo dovuto trovare i fondi per la demolizione, 600mila euro nel bilancio municipale, preparare il bando per affidare l’operazione a una ditta, e poi pensi ai problemi che emergevano durante il lavoro: ad esempio trovare dei fabbri nel caso non ci avessero aperto le porte, poi il problema degli arredi e degli oggetti che per legge devono essere custoditi, organizzarci con la ditta di trasloco per stipare questi oggetti. Solo alla fine, a ridosso delle ruspe era necessario l’impiego di forze dell’ordine e a quel punto è subentrato l’intervento della sindaca Raggi e della prefettura, diventato indispensabile per portare sul posto 600 vigili quindi personale sia della polizia di stato che carabinieri.”

Dunque un percorso amministrativo, legale e logistico complesso per arrivare al momento clamoroso, quello della demolizione effettiva che abbiamo visto nelle foto e servizi televisivi. Che tipo di operazioni si stanno svolgendo in questo momento per arginare gli abusi edilizi sul vostro territorio?

“Noi stiamo lavorando attualmente a molti casi in archivio di abuso edilizio non solo da parte dei Casamonica. Nei tre mesi successivi a quell’operazione infatti sono state demolite altre tre ville, distrutte alla prima intimazione senza arrivare alla demolizione in danno.”

Cosa pensa si potrebbe migliorare dell’amministrazione Raggi?

“Avremmo dovuto, tutti noi e non solo Virginia, coinvolgere gli enti locali, distribuire meglio i compiti, definire in modo specifico le competenze di tutti quegli enti a contatto con la realtà dei quartieri, perché è l’unico modo di governare una città come Roma. Roma è estremamente complicata e la sindaca ce la sta mettendo tutta sulle criticità, ma occorre un decentramento amministrativo più lungimirante e funzionale tra municipi e organi centrali. Invece di rincorrere solo le emergenze, bisogna sfruttare al massimo i municipi, questo è il rammarico principale ma anche il mio sollecito.”

La controversia con la Raggi che si espone a livello mediatico, ma senza riconoscere gli organi e le cariche che hanno lavorato per questi risultati si inserisce in un contesto ampio dove la comunicazione mediatica in politica manipola le situazioni come in questo caso.

“Il mio intento non era creare una polemica con il sindaco Raggi ma sottolineare che l’attività di cui si stava parlando è durata dieci mesi e ha richiesto la collaborazione di diverse figure competenti, e quindi che sarebbe stato opportuno almeno un ringraziamento a tutte le figure che hanno lavorato sodo per questi risultati. Inoltre penso che chiamando in causa una sola persona si rischia di metterla troppo in vista, con il pericolo anche di eventuali ritorsioni, invece comunicando che il lavoro di demolizione è un lavoro di squadra, si diffondono la responsabilità, senza che nessuno sia eccessivamente esposto.

Più in generale poi, in questo momento si tende a eroicizzare e a creare miti come possono essere personaggi nazionali come Salvini, i quali nel bene e nel male diventano figure quasi mitiche. Invece la politica si fa in squadra e in team. Il problema a mio avviso è più della comunicazione che della politica.”

Rivediamo allora chi sono i Casamonica

Si tratta di un’organizzazione criminale originaria dell’Abruzzo e Molise, ma etnicamente il loro gruppo è di derivazione Sinti, originari dell’India.

La loro area di attività illegale si concentra sulle zone di Roma, Castelli Romani, Ostia e litorale laziale. La loro “operosità” va dall’estorsione, alle rapine, corruzione e omicidio.

Gli alleati dei Casamonica sono i più pericolosi clan di malavita, la ‘Ndrangheta calabrese, il clan dei casalesi del casertano, la Camorra campana, mentre il clan rivale è quello dei Proietti di Roma, detti “Pesciaroli” originari di Monteverde, prima titolari dei banchi del pesce di alcuni mercati rionali della capitale.

Aveva suscitato stupore e polemiche il fastoso funerale per Vittorio Casamonica, con carrozza ed elicottero, che si è svolto a Roma ad agosto 2015. La musica del film il “Padrino” aveva accompagnato sontuosamente il feretro tra santificazione del boss e scandalo dell’opinione pubblica.

Giulia Bertotto

Laurea magistrale in Filosofia e master in “Consulenza Filosofica e Antropologia Esistenziale". Collabora con il "Lucania Film Festival" e ha pubblicato una raccolta di poesie dal titolo "In caso di Apocalisse" e il saggio "Westworld la coscienza in serie", presentato alla fiera editoriale “Più libri più liberi” di Roma.

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