“Le acque interne di fiumi e laghi possono nascondere numerose insidie: nel caso dei fiumi si tratta di mulinelli d’acqua e correnti, mentre per quanto riguarda i laghi è possibile trovarsi in presenza di fondali improvvisamente profondi e difficoltà a risalire a riva, quando questa è rocciosa, causata da alghe adese alla pietra che la rendono particolarmente scivolosa”.
Lo afferma all’agenzia Dire il presidente della Società italiana di medicina ambientale, Alessandro Miani. Il numero uno della Sima si sofferma sul caso della bambina di 11 anni dispersa dopo essersi tuffata nel lago a Mandello del Lario, nel Lecchese.
“La bimba scomparsa nei pressi della foce del torrente Meria è un’adolescente che non sapeva nuotare e che forse, sentendosi sicura perchè vicina a riva, ha avuto un malore che le ha impedito di risalire a galla”.
“L’acqua salata, inoltre, essendo più concentrata di quella dolce, a parità di volume pesa di più. Dunque, in base al principio di Archimede – precisa – la spinta verso l’alto conferita dall’acqua salata è maggiore rispetto a quella data dall’acqua dolce, permettendo di galleggiare meglio”.
Sulla tragedia che ha invece visto come involontario protagonista un italiano di 32 anni, annegato il 14 agosto nelle acque del lago di Garda, il presidente Sima aggiunge: “Si è trattato di avventatezza. Uscire al buio e a notte fonda con un acquascooter può portare a incidenti involontari, dalle cadute in acque alle secche, oltre all’impossibilità di essere visti e soccorsi”.
Intanto è stato ritrovato senza vita il ragazzo di 20 anni annegato dal pomeriggio di Ferragosto nelle acque del lago di Bolsena, in provincia di Viterbo. Una morte che si aggiunge ai circa 400 decessi per annegamento che si registrano ogni anno in Italia, dove da maggio a oggi si contano 20 annegamenti, di cui 7 bambini.
Negli anni ’60 nel nostro Paese si stimavano circa 1.400 decessi per annegamento ogni anno, cifra che è andata progressivamente a diminuire fino a stabilizzarsi dagli anni ’90 in poi. Secondo l’Istituto superiore di sanità ormai il trend è costante, con circa 400 incidenti fatali l’anno, ma negli ultimi anni sono aumentati gli incidenti nelle acque di laghi e fiumi, con un rischio maggiore per gli stranieri residenti nel Paese.
E com’è la situazione nel mondo? Ogni anno sono 236 mila le persone che muoiono per annegamento, per un totale di circa 2,5 milioni di morti nell’ultimo decennio. Gli incidenti avvengono in mare aperto, nei fiumi ma anche in piscine alte pochi centimetri. Le vittime più frequenti sono i bambini di età compresa tra uno e quattro anni, seguiti da quelli di età compresa tra cinque e nove anni.
A dirlo sono i numeri diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità in occasione della Giornata mondiale della prevenzione dell’annegamento, celebrata lo scorso 25 luglio. L’Oms precisa che il mare è il principale responsabile di annegamento (50,3%), mentre il 41,3% dei decessi avviene nelle acque interne e l’8,3% in piscina.
Il 28% di annegamenti e quasi-annegamenti dipende da malori improvvisi, il 15% da sventatezza, il 14% va ricercato nella caduta in acqua, il resto per imperizia, incapacità di tenersi a galla o tuffi sconsiderati dove il fondale è basso o roccioso.
“I numeri dei decessi – conclude il presidente della Società italiana di medicina ambientale – ci dicono che serve fare prevenzione promuovendo nella popolazione una maggiore adesione alle norme base di sicurezza, oltre a far rispettare i divieti“. (Fde/Dire)
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