Multe ai genitori dei bulli a scuola e in strada, la prepotenza non è una ragazzata
La prepotenza dei bulli spesso viene minimizzata dai genitori, banalizzata: “una bravata”. In questo modo, il bullo acquisisce più sicurezza
Il bullismo è un male che affligge la nostra scuola da sempre. Giovani prepotenti che se la prendono coi più deboli. Atti di violenza psicologica e anche fisica che possono avere effetti molto gravi, ferimenti, anche suicidi, tentati omicidi addirittura. Come nel caso della ragazza di 13 anni, assalita da 7 compagne con delle forbici, per futili motivi a Castelbelforte (Mantova).
Un fenomeno che va arginato ma non è semplice. In primo luogo perché i genitori tendono a sminuire o a non credere alle gesta dei propri figli. “Sono ragazzate” è la solita frase con cui si vorrebbe mettere a tacere tutto. Quando poi diventano un po’ più grandi scopriamo che questi “ragazzi” violentano un’amica per divertirsi, partecipano a risse fra coetanei, ammazzano un altro giovane perché non gli ha portato rispetto, per non aver regalato loro una sigaretta. Prima di arrivare a nuovi casi di cronaca, come questi, che tutti conosciamo molto bene, bisogna fare qualcosa. Ma non solo verso i ragazzi, più verso i genitori
Una multa per i genitori dei bulli a scuola
Il Comune di Cento (Ferrara), su decisione del giovane sindaco Edoardo Accorsi, ha introdotto il 22 marzo scorso, un provvedimento che dà la possibilità alla Polizia Urbana di sanzionare con una multa fino a 300 euro, chi ha la patria potestà sui giovani che dovessero tenere in ambito scolastico e fuori atteggiamenti che possono “costituire pregiudizio per la sicurezza urbana e nocumento per la civile convivenza”.
“L’idea nasce dall’esperienza che abbiamo avuto in questo anno e mezzo di amministrazione – spiega Edoardo Accorsi – dove siamo stati chiamati ad intervenire in diverse situazioni di bullismo, insieme alla polizia locale, alle forze dell’ordine e alla scuola. Questo è uno strumento in più, che dovremo testare e valutare se funziona, anche se non siamo la prima amministrazione che lo ha adottato”.
È uno strumento che dovrebbe incentivare a una maggiore consapevolezza delle famiglie, che in alcuni casi tendono a ridimensionare il fenomeno del bullismo. “In ogni modo ci sarà anche la possibilità per i genitori di tramutare la multa in un progetto educativo e di recupero per il figlio”, aggiunge il Sindaco di Cento. Il primo approccio del Comune, infatti, “rimane sempre quello educativo e di sensibilizzazione, perché questo è un tema molto delicato”.
Progetto rieducativo per chi sbaglia
Il Codacons plaude e chiede che tale misura sia estesa in tutta Italia e adottata da tutte le amministrazioni comunali. “Spesso il bullismo da parte dei minori è legato a una disattenzione e indifferenza da parte dei genitori che hanno responsabilità dirette nelle violenze commesse dai propri figli – spiega il presidente Carlo Rienzi – Non educare correttamente i ragazzi, e non vigilare sui loro comportamenti alimenta il fenomeno del bullismo e rappresenta un vero e proprio concorso negli illeciti commessi dai minori”.
Questa sensibilità del Sindaco per un fenomeno giovanile fa pensare che possa averlo vissuto da vicino in passato. Comunque sia va valutato come un tentativo per fermare la deriva violenta nella scuola. Finalmente si muove qualcosa di concreto, al di là delle solite chiacchiere sui problemi della società, che poi lasciano le cose come stanno. Secondo Giuseppe Maiolo, docente di Psicologia dell’età evolutiva, all’Università di Trento e autore del libro “Mio figlio tra bullismo e cyberbullismo” – Giunti Editore, ritiene che “nonostante io non sia per le reazioni punitive, questa potrebbe essere una strategia utile per convincere i genitori che c’è bisogno di fare educazione sul bullismo”.
Sempre secondo il professor Maiolo, intervistato su Vanity Fair dalla giornalista Monica Coviello: “Alcuni bambini esercitano prepotenza già alla primaria, se non alla scuola dell’infanzia, e l’atteggiamento degli adulti può essere quello di sorridere, quasi con compiacimento, pensando che il piccolo “è simpatico”, “se la sa cavare”. La sua prepotenza viene minimizzata, banalizzata come “una stupidaggine”, “una bravata”. In questo modo, il bullo acquisisce più sicurezza dei suoi mezzi e strumenti offensivi e finisce per essere sempre più prepotente e aggressivo”.
Bullismo: risposte immediate e decise da parte di tutti
C’è bisogno invece di un atteggiamento più deciso e fermo da parte dei genitori per fermare le piccole prepotenze. Purtroppo invece gli esempi che i ragazzi vedono in famiglia, nella società, perfino alla tv e al cinema, mostrano un bullismo continuo da parte dei più forti verso i più fragili, neanche solo più deboli. Verso le donne, i diversi, gli emarginati, i più piccoli, gli animali. L’esempio negativo si impone sopra la retorica della scuola. L’aggressività e la violenza possono tuttavia anche essere un gesto di richiamo, un bisogno di attenzione del giovane verso gli adulti. Il bullo sente che più cose dirompenti farà e più riceverà attenzione e riconoscimenti da parte dei suoi simili e anche dal mondo dei grandi. L’unico modo, al quale si torna sempre, per essere genitori davvero, è essere presenti e ascoltare i propri figli.
Cyberbullismo, una nuova arma sulla rete
Quando l’azione di bullismo viene messa in atto da una o più persone attraverso l’uso di mezzi elettronici allora si parla di cyberbullismo. Le due manifestazioni sono contigue, anzi sempre più spesso vanno di pari passo. Ormai i ragazzi non sanno fare a meno di trasportare in rete, con foro, video e commenti, tutto quanto accade nella loro vita reale, quasi che diventasse reale solo dopo che è apparsa in rete e in molti l’abbiano condivisa (links).
L’artefice del cyberbullismo però potrebbe essere anche anonimo, almeno nella fase inziale. L’importante è che le sue gesta giungano a tanti, soprattutto ai compagni dell’istituto, agli amici della compagnia che si frequenta. Questi comportamenti di cyberbullismo si basano su foto, accuse, video che tendono a dileggiare o porre in difficoltà la vittima: molestie, minacce, denigrazioni, pettegolezzi che resteranno per sempre in rete, difficili da smentire e da cancellare. Il bullo vigliaccamente agisce nell’anonimato e questo gli fa sentire un potere devastante sulla vittima. Un po’ come i serial killer con le loro prede.
Che fare quando si è di fronte a un bullo?
Gli psicologi indicano 4 azioni fondamentali da mettere in atto sia per i compagni di classe che per gli insegnanti. I ragazzi non debbono avere paura di riferire all’insegnante quel che accade. Di solito i maschi non lo fanno, per non passare da infami e spie. È un concetto assurdo, omertoso, direi pure “premafioso”. Coprire un reato equivale a farlo, lo sappiano bene tutti. Si può ovviamente comprendere la loro ritrosia. Occorre una certa maturità e consapevolezza per comportarsi da cittadini.
Se non la si riscontra nei maschi, possiamo contare sulle femmine. Loro, a volte, non hanno assimilato questo comportamento omertoso verso gli adulti e non temono essere tacciate per spie se possono riferire agli insegnanti il misfatto. Bisogna incoraggiare la vittima a svelare tutto ai professori e ai genitori. Anche qui si può incontrare la difficoltà ad accusare i compagni, da parte delle vittime di sesso maschile. In questo caso potrebbero essere i genitori, se fossero attenti a quello che succede ai propri figli, a portare a conoscenza dei docenti degli abusi subiti dai figli. Statene certi che lo faranno, se sono in grado di accorgersene.
Insistere con eventuali testimoni affinché svelino le violenze agli insegnanti. Sarebbe meglio non lo facessero in anonimato ma mettendoci la faccia. Le accuse anonime lasciano il tempo che trovano e si prestano a creare delle vittime in coloro che si sono comportati da bulli. Un metodo sperimentato altrove è quello di far venire a scuola esperti di bullismo che portino esempi e sappiano come affrontare il problema. Possono essere psicologi, sociologi ma anche agenti specializzati della Polizia, vittime stesse di bullismo, disponibili a mettere in mostra la propria esperienza, anche di ex bulli.
Tutto questo va fatto, anche se la scuola fosse contraria ad affrontarlo. Non lasciando nulla di intentato. Si fa del bene alle vittime ma anche agli stessi bulli, risparmiando loro prove più difficili, per la loro vita futura.