Narni sotterranea. Alla scoperta della città sotto la città
I resti di un antico convento domenicano sono il teatro delle incredibili vicende che raccontiamo
E’ una di quelle città che riscopri di volta in volta, tanto che non basta una sola visita per comprendere ed apprezzarne fino in fondo la affascinante sinuosità delle vie che si intrecciano nel vecchio borgo coperte di coppi e rinfrescate dalle case di pietra che le percorrono. La storia della città è antichissima ed ha ispirato pellicole di largo respiro così come duelli rievocativi di antichi cavalieri. L’eco degli zoccoli dei loro destrieri riempie ancora quei borghi ed è talmente intenso che nemmeno il borbottio delle automobili che, oggi, seguono quegli stessi lastricati fino al centro, riescono a scalfire.
Chiese, palazzi e piazze innaffiate da fontane. Sembrava già tutto scritto. Dicevano fosse già stato tutto detto. Le vicende storiche erano note. Occupazioni e ricostruzioni. Sangue e morte e poi rinascite, fino alla fine del nuovo corso che ne avrebbe riscritto la storia. Nuove meraviglie e nuovi fatti da raccontare. Un arricchimento di inestimabile valore. Quasi una nuova violazione della città che, stavolta pacifica ed armata di passione, la avrebbe penetrata fin nelle viscere liberandola dai suoi più celati segreti gelosamente custoditi.
I resti di un antico convento domenicano sono il teatro delle incredibili vicende che raccontiamo. La passione per la speleologia accomuna un gruppo di ragazzi che si avventurano lungo i costoni boschivi che circondano il borgo vecchio. E’ il 1979 e Annamaria è con altri 5 ragazzi del gruppo UTEC di Narni.
“Eravamo un gruppo affiatato, ricorda, e dopo innumerevoli uscite sul campo, decidemmo di ispezionare il costone dove erano i resti dell’antico convento.” La discesa con le funi e le impervie condizioni date dalla vegetazione non furono un grande problema per i ragazzi che erano già esperti speleologi. “Una volta sul posto, continua Annamaria, notammo alcuni particolari molto interessanti. La disposizione dei resti e soprattutto di alcune pietre lavorate ci incuriosì tanto che, nei giorni successivi, proseguimmo le nostre esplorazioni fino a trovare quello che si sarebbe rivelata una vera e propria scoperta. Ancora non lo sapevamo ma eravamo arrivati di fronte ad un pezzo importante della nostra storia che, successivamente e dopo mille peripezie, avrebbe dato nuovi significati alle meraviglie che continuavano a venire fuori sotto i nostri occhi, da sotto le macerie.”
Sotto quelle macerie dimenticate, infatti, i sei ragazzi avevano scoperto un piccolo passaggio. Da quel giorno, insieme ad altri volontari, cominciarono un’opera di scavo e di ripulitura dei resti murari e dei reperti che emergevano dall’ombra. Nel 1994, infine, il percorso, cui fu dato il nome di Narni Sotterranea, fu aperto al pubblico e, con la definitiva eliminazione delle infiltrazioni provocate dalle piogge, il luogo riprese vita.
“Il primo ambiente svelato, ricorda Roberto Nini dell’Associazione Culturale Subterranea di Narni, risultò essere una chiesa del XII-XIII secolo arricchita da affreschi di pregio che, però, erano stati velati da spesse infiltrazioni di calcare. Solo in seguito, grazie a vari contributi, si riuscì a farli tornare al loro antico splendore.” Cisterne del I° secolo e l’acquedotto romano sono altre ricchezze riportate alla luce. E poi, un giorno, ci si era imbattuti in una piccola porta murata.
Quella porta sarebbe stata la chiave di volta dell’intera vicenda. “Dopo mille peripezie, ricorda Annamaria, riuscimmo ad aprirla. La porta, incredibilmente, era all’interno di una casa privata e ci demmo da fare non poco per avere il permesso di forzarla. Sentivamo che dall’altra parte ci sarebbe potuto essere qualcosa di importante.” Avevano ragione. Quella piccola porta dall’aspetto quasi insignificante, infatti, si rilevò fondamentale. Una volta aperta ci si trovò di fronte ad un lungo corridoio che conduceva nel luogo più segreto di tutto il complesso monastico e da lì si arrivava in una grande sala. “Quella sala ci incuriosì ed appassionò fin da subito. A cosa era adibita? Che tipo di attività si svolgeva qui dentro? Domande cui non sarebbe stato facile dare una risposta senza una nuova ed incredibile scoperta che ci illuminò.” Su un lato di quella sala, poco dopo, venne scoperta un’altra porta. Finalmente aperta, fu tutto chiaro.
“Quando aprimmo la porta l’emozione fu enorme. Le pareti ed il soffitto di quella che appariva essere una antica, piccola cella, erano coperte da graffiti. Qualcuno aveva voluto raccontare la sua storia usando dei codici e firmando con il proprio nome. Qualcuno aveva voluto che la sua drammatica vicenda fosse conosciuta.” Quei graffiti e quelle frasi in codice e quei disegni pieni di significato accesero la luce anche sulla grande sala di fronte. Giuseppe Andrea Lombardini, questo il nome del detenuto che lì trascorse almeno 90 giorni a cavallo tra il 1759 e l’anno successivo era riuscito a far arrivare i suoi messaggi fino a noi. Messaggi che raccontavano di ingiustizie e di libertà, perduta ed agognata, di denuncia e di speranza.
E della sala accanto? La storia successiva, suffragata da ampie documentazioni rintracciate negli Archivi Vaticani, al Trinity College Library di Dublino ed in altre città italiane ha confermato che quella era la camera dove si svolgevano processi e si procedeva agli interrogatori. Era la “Stanza dei Tormenti” così come veniva chiamata nei documenti rinvenuti negli Archivi Vaticani. Il Santo Uffizio qui ebbe una sua sede dopo il Concilio di Trento, documentata dalla metà del XVII fino alla metà del XIX secolo.
L’Inquisizione, quindi, era arrivata anche a Narni dove era rimasta nascosta per secoli. La “Stanza dei Tormenti” e lo splendore delle meraviglie sotterranee di un borgo pieno di storia avevano trovato di nuovo la luce portando con sé mille e mille racconti di avventure e di storie vere, di leggende e di mistero che ancora aspettano di essere scoperti.