Natale di Roma: una volta si festeggiava con il petto di vitella alla fornara
Consigliamo di gustarla nel suo ambiente naturale, la tipica trattoria romana fatta di semplicità, senza tanti fronzoli: “Oggi me pijo ‘na Fornara, grazie!”
Il popolino romano la scelse come pietanza regina della propria cucina, riservata alle grandi occasioni, pur essendo preparata con uno dei tagli meno “nobili” della vitella.
“Oggi me pijo ‘na Fornara, grazie!”
Stiamo parlando della Punta di Petto di Vitella alla “Fornara”, tornata prepotentemente di moda tanto che anche i grandi chef di oggi la propongono nei loro ristoranti stellati. Ma noi consigliamo di gustarla nel suo ambiente naturale, la tipica trattoria romana fatta di semplicità, senza tanti fronzoli e senza tanti proclami: “Oggi me pijo ‘na Fornara, grazie!” È sufficiente dirlo al cameriere, senza consultare inutili menù, e come per magia ci proietteremo verso l’epoca nella quale questa ricetta è stata realizzata…
Sono tante le storie e le leggende che raccontano le origini di questo gustoso piatto di carne. La più accreditata è quella che lo vede dedicato alla seducente Fornarina, figlia di un famoso fornaio di Trastevere, immortalata da Raffaello, opera che si può ammirare esposta a Palazzo Barberini. Un’altra la pone in onore di Giuditta Arquati Ravani, la quale prima di essere trucidata insieme a 25 patrioti dagli Zuavi pontifici, la preparò nel locale del lanificio Ajani, a via della Lungara. In ricordo del tragico evento esiste ancora oggi il busto di Giuditta e la lapide rievocativa incastonate nel muro del palazzo.
L’origine del nome “Fornara”
Altre fonti, molto più semplicemente, indicano che il nome prende spunto dal fatto che all’epoca i forni domestici erano rarissimi e pertanto si doveva ricorrere all’uso dei forni locali, presenti nei rioni. Ma torniamo al piatto e alla sua preparazione molto semplice sia nella scelta degli ingredienti che nel tipo di cottura. La carne è un pezzo unico opportunamente disossato, macerato per almeno un’ora in olio, aglio, sale, pepe, salvia e rosmarino e poi cotta in forno a 180°C irrorandola con vino bianco dei Castelli romani, ovviamente.
La ricetta prevede il contorno di patate arrosto aromatizzate con gli stessi ingredienti, ma c’è chi la serve anche con cicoria di campo ripassata. Cosa dire di più se non consigliarvi di gustare la Fornara nelle tipiche trattorie di Testaccio, Trastevere, o presso il Portico d’Ottavia dove l’influenza della cucina giudaica non ha modificato la ricetta originale e dove potrete catturare qualche dettaglio o piccolo segreto per poter poi replicare il piatto tra le mura domestiche. Sarà un successo!
Arriva Ducasse: come lo accoglieranno i migliori ristoranti di Roma?