Insistono a protestare, gli Ncc. E tornano in piazza: si raduneranno oggi alle 14 a Roma, in piazza della Repubblica. Portandosi appresso pure i famigliari, nell’intento di drammatizzare la questione e indurre il Governo a tornare sui suoi passi. Come a dire “ecco, guardate le vittime innocenti delle vostre sciagurate decisioni. Osservate coloro i quali verranno affamati dalle nuove norme che ci volete imporre dal primo gennaio”.
Insomma, un piagnisteo. Del quale abbiamo già scritto pochi giorni fa, chiarendo che non basta appellarsi alla perdita dei posti di lavoro (o delle occasioni di profitto) per diventare inattaccabili. La difesa dell’occupazione è un aspetto molto importante, ma va pur sempre inquadrato in una prospettiva più ampia. E più complessa.
Basta pensare al gioco d’azzardo, tanto per fare un esempio relativo a un altro settore. Le eventuali restrizioni vanno valutate di per sé stesse, ossia in rapporto alle conseguenze sociali di carattere generale. Se si decidesse di combattere il dilagare delle cosiddette ludopatie limitando le attuali modalità di esercizio, le ripercussioni sulle aziende e su chi ci lavora sarebbero del tutto secondarie. Per non dire irrilevanti. Come d’altronde è accaduto nel mondo dei tabacchi: le campagne antifumo si potevano fare o non fare. Ma di sicuro non è che andassero escluse a priori solo perché avrebbero inciso negativamente sul volume d’affari di chi produce e commercializza sigarette e affini.
Ancora prima che avere torto nel merito, gli Ncc sbagliano di grosso a pretendere di avere ragione “a prescindere”. In occasione della manifestazione del 19 dicembre, sul sito di Anitrav, che si autodefinisce “di fatto l’associazione più rappresentativa, accreditata presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali”, si leggeva testualmente “continueremo a proclamare i nostri diritti”.
Il termine è fuori luogo. Una singola categoria proclama le proprie istanze, non i propri “diritti”. I diritti discendono dalle leggi. Se le leggi cambiano, i diritti si modificano. Espandendosi o contraendosi a seconda dei casi.
Ciò che si fa finta di non capire è che l’attività degli Ncc non può essere del tutto libera, visto che al contrario quella dei taxi è fortemente limitata da regole stringenti, a cominciare dalle licenze e dai turni di servizio. O si va a ridisegnare da cima a fondo l’intero comparto, oppure è chiaro che le autorizzazioni concesse agli Ncc devono avere a loro volta delle limitazioni. L’esito paradossale, altrimenti, sarebbe che con un iter amministrativo più agevole si accede a delle maggiori occasioni di guadagno.
Il che non attiene affatto ai “diritti”. Ma ai privilegi.
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