Nelle viscere di Roma: “Spegnete torce e cellulari e restate in silenzio”
Lì sotto mille emozioni ti conquistano e capisci che Roma è oltretutto, oltre ogni immaginazione, oltre ogni aspettativa
E poi quell’esortazione che non ti aspetti. “Spegnete torce e cellulari e restate in silenzio”. Non avevo mai sperimentato il buio assoluto e non ho avuto il tempo di rendermi conto di ciò che stava accadendo. Improvvisamente mi sono ritrovato in un’altra dimensione.
Tutto ciò che era prima intorno a me, esseri umani, pareti di roccia, acqua, pietre è scomparso in un istante. Potevo essere ovunque. In realtà non ero da nessuna parte. Non c’ero neanche io, non più punti di riferimento, non un suono se non quello delle gocce che cadono dalle volte della cava e colpiscono l’acqua del lago. Il buio assoluto. Non sai dove sia l’alto o il basso, la destra o la sinistra, non c’è un miliardesimo di fotone che ti indichi una strada, un percorso. Sei paralizzato, non riesci a muovere le mani o i piedi perché perdi la percezione del corpo. Non pensi, non respiri, non ricordi, non hai pensieri. Sei vuoto nel vuoto. Appartieni al vuoto.
Undici metri sotto il suolo di Roma
Ma non sei nel vuoto. In realtà sei a undici metri sotto terra. Sotto le fondamenta del colossale Tempio di Claudio che a loro volta sono sotto il campanile romanico e il convento del XIII secolo della Basilica dei Santi Giovanni e Paolo al Celio, il cui marmo del meraviglioso pavimento cosmatesco proviene proprio dal Tempio dedicato all’imperatore claudicante.
Perché Roma è così: uno scrigno di tesori che a loro volta inglobano tesori di epoche precedenti, una sorta di industria del riciclo che ti permette con un solo colpo d’occhio di abbracciare millenni di storia incastonati l’uno nell’altro, uno sopra l’altro, uno accanto all’altro, in una fusione disgiunta, non voluta, ma assolutamente perfetta. E così accade che ti ritrovi in una cava usata per “coltivare” il tufo in epoca medioevale, col peso sulla testa di un tempio romano su cui gravano un chiostro e un campanile del ‘200, accanto alla meravigliosa villa Celimontana, le cui origini si collocano nel XVI secolo, a sua volta appiccicata ai bellissimi studi del Centro Safa Palatino, dove vanno in onda tutti i giorni alcuni programmi di Mediaset.
Sei nelle viscere di Roma, sotto metri e metri di storia, millenni di meraviglie che hanno fatto della città eterna il luogo che più di ogni altro al mondo conserva i più grandi tesori dell’arte che l’intero globo terrestre possiede. E quando le luci si riaccendono, le voci e i respiri tornano, muovi mani e piedi mentre ti riappropri di tutto il corpo e accogli pensieri, ricordi, emozioni, capisci che Roma è oltre tutto, oltre ogni immaginazione, oltre ogni aspettativa, oltre la tua stessa capacità di accoglierla dentro di te, di farla tua. Roma è meravigliosa sopra e sotto, dall’alto e dal basso, in superficie e nelle viscere.
Una volta alla luce del giorno, sarai solo consapevole che non ti basterà una vita per conoscerla e avrai ancora più desiderio di lei, come accade sempre quando ami ciò che non sarà mai raggiungibile. Le cave medioevali si raggiungono con un percorso guidato da archeo-speleologi, nel mio caso con esperti dell’associazione Roma Sotterranea. Si entra da un cancello laterale al campanile romanico e ci si tuffa nelle fondamenta del Tempio di Claudio, una colossale opera rettangolare su cui troneggiava il tempio che lambiva il Colosseo con lati di 200 e 180 metri e alta 21 metri.
Quando sei a livello del calpestio romano, dove anticamente erano le botteghe, e guardi in alto, rimani annientato dall’imponenza delle arcate, ma non hai il tempo di capire le reali proporzioni di questa gigantesca opera, che già sei nel regno del buio e continui a scendere nelle viscere di Roma.
Così, entri nella cava di tufo medievale, percorri salite e discese costeggiando pareti su cui sono impressi i colpi di piccone degli antichi operai, tra volte da cui pendono micro stalattiti in continua crescita e pozze d’acqua cristallina alle quali la luce sapiente della torcia della guida dona colori delicati che variano a seconda della direzione del raggio.
E poi arrivi ai due laghi; il primo, il più piccolo, ti toglie il respiro, il secondo, più grande, ti avvolge in un turbinio di emozioni che ti annientano. Dura due ore, ma non ne sei consapevole. Esci in silenzio, insieme ad altri, a loro volta in silenzio. Ti guardi indietro chiedendoti se ci sei veramente stato, là sotto, o è stato solo un sogno. Mentre Roma ti guarda e sorride, come sorride una mamma che dà l’ultimo bacio al suo bambino, dopo aver chiuso il libro delle favole, un attimo prima di spegnere la luce.
Cosa fare a Roma e nel Lazio domenica 28 gennaio