New Opening, il trionfo dell’inglese farlocco
di Massimo Persotti
Siamo tutti d'accordo sul fatto che l'inglese sia la lingua più parlata al mondo e inevitabilmente ne subiamo la sua influenza tanto da adottare ogni anno tanti nuovi anglicismi. Al punto che la nuova edizione dello Zingarelli tra i 250 neologismi che accoglie, ne registra un bel repertorio di origine anglosassone: emoji, selfie, doodle, stepchild adoption tanto per citarne alcuni. A tutto però ci dovrebbe essere un limite, soprattutto quando l'espressione usata è inutile (esiste un efficace corrispondente italiano) se non addirittura sbagliata.
Ieri, passeggiando per negozi mi sono imbattuto in una enorme cartellonistica a firma di una catena di abbigliamento che copriva le vetrine di un locale chiuso (nella foto). Quale il messaggio? "New opening". Evidente il significato: Nuova apertura. Ma allora perché non usare l'espressione italiana, chiara e altrettanto efficace?
Incomprensibile, se non pensando che il ricorso all'inglese sia più 'trend' soprattutto se ci si rivolge a ragazzi e ragazze come ammiccherebbe il cartellone e in un mondo molto 'fashion' e 'glamour' come quello della moda. Basta anche sbirciare il sito del 'brand' di abbigliamento dove imperversano 'new arrivals', 'precious party', 'store finder', 'gift ideas' solo limitandoci alla 'home page'.
Ma tornando al nostro 'New opening' vale anche la pena spiegare ai realizzatori di queste cartellonistiche che se proprio ricorso all'inglese deve esserci, almeno sia fatto in modo corretto. A meno che, visto che in Italia siamo maestri del retropensiero, non si sia ritenuto che in un Paese dove l'inglese si parla poco e male, meglio ricorrere all'inglese farlocco che all'espressione 'Opening soon' giusta ma meno comprensibile.