Categorie: Cultura

New York non è mai stata così vicina

Da circa un mese, New York abita a Roma. E ci rimarrà fino al 21 luglio prossimo, con la mostra Empire State – Arte a New York oggi, curata da Norman Rosenthal e Alex Gartenfeld, che il 23 aprile ha debuttato al Palazzo delle Esposizioni di Roma.

Gli artisti in esposizione sono 25.
Ecco i loro nomi: Michele Abeles, Uri Aran, Darren Bader, Antoine Catala, Moyra Davey, Keith Edmier, LaToya Ruby Frazier, Dan Graham, Renée Green, Wade Guyton, Shadi Habib Allah, Jeff Koons, Nate Lowman, Danny McDonald, Bjarne Melgaard, John Miller, Takeshi Murata, Virginia Overton, Joyce Pensato, Adrian Piper, Rob Pruitt, R. H. Quaytman, Tabor Robak, Julian Schnabel, Ryan Sullivan.

Il tema del progetto espositivo è la re-invenzione dei luoghi urbani, quelli di New York.
Per dimostrare che Manhattan non è morta e che è ancora un centro artistico importante nel mondo.
Le opere dei 25 artisti pensano lo spazio urbano come veicolo di distribuzione del potere.
Anche il titolo della mostra, Empire, è un riferimento al saggio di Antonio Negri e Michael Hardt sul capitalismo globale, sotto l’egida degli Stati Uniti.

Gli artisti appartengono tutti a generazioni diverse, e provengono tutti da diverse aree della città.
Ma in comune hanno la sperimentazione: le loro opere rendono ‘la Grande Mela’ la città che rappresenta, ancora oggi, un luogo di elaborazione di idee. Anzi, il luogo per eccellenza.
Alcuni di loro ricorrono alla tecnologia, altri all’astrazione, altri conciliano l’arte minimalista con l’architettura, altri reinterpretano la fotografia.
E quindi, ad esempio, si trovano, in tutto il percorso della mostra, i padiglioni a specchio di Dan Graham, o i tredici dipinti di Jeff Koons dal nome ‘Antiquity’.

Si tratta di una vera e propria esplosione di esperimenti artistici, che interpreta alla perfezione l’evoluzione dell’arte contemporanea degli ultimi anni. Ma non solo, le loro opere rappresentano anche l’evoluzione che la stessa New York ha subito in questi ultimi cinquant’anni.
Lo sviluppo ha infatti offerto la possibilità di rivedere le impostazioni critiche di stampo tradizionale: gli artisti quindi ricorrono a metodi sperimentali per offrire nuovi modelli di soggettività, offrendo una doppia interpretazione delle loro opere.
Da una parte infatti c’è il linguaggio artistico per se stesso; dall’altra, c’è la proiezione del flusso temporale, il passato urbano verso il futuro della propria città.
Gartenfeld stesso, curatore della mostra, sottolinea infatti che Empire “mostra le genealogie esistenti e crea nuove connessioni”.

Tutta la mostra è accompagnata da un catalogo, Skira, che spiega l’intero progetto in tutte le sue sfaccettature.
Nella pubblicazione sono contenuti, tra gli altri, anche scritti di Tom McDonough, John Miller e Eileen Myles.

Redazione

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