Nel corso del programma radiofonico “Un Giorno Speciale” in onda su Radio Radio e condotto da Francesco Vergovich, è intervenuto in mattinata Nicola Gratteri, Procuratore della Repubblica di Catanzaro.
Impegnato in prima linea contro la ‘Ndrangheta dal 1986, e sottoposto a scorta dal 1989, il magistrato e saggista, ha spiegato che “Essere sottoposti a scorta è pesante e stressante, non è una cosa semplice, occorre decidere dove fermarsi a prendere un caffè, per esempio, o dove andare al bagno. Io so perfettamente che non posso permettermi il lusso di fare 10 metri a piedi, perché si rischia”.
Essere sotto scorta a volte viene visto come un privilegio, chi è che valuta se è necessaria la protezione?
A questa domanda Gratteri ha risposto: “In prima battuta è il Comitato proivinciale della Sicurezza, presieduto dal Prefetto, poi c’è il colonnello dei Carabinieri, il colonnello della Guardia di Finanza, il Questore e certe volte anche la Dia, infine il Procuratore Generale”.
“Bisogna fare attenzione alla concessione come anche alla revoca. A volte succede che quando muoiono quelli che sono considerati i nemici del sottoposto a scorta, questi continua a tenere la protezione, e così l’istituzione perde di credibilità, la gente comune lo percepisce come un fastidio. La discriminante sull’assegnazione della scorta deve essere il presente, il momento attuale è decisivo. Se in quel momento storico Tizio rischia o meno”.
Gratteri, con la collaborazione di Antonio Nicaso (esperto internazionale di criminalità organizzata), è anche autore di molti saggi sulla ‘Ndrangheta, l’ultimo è “La Storia segreta della ‘Ndrangheta”, edito da Mondatori.
Continuando il suo intervento a “Un Giorno Speciale”, il Procuratore si è soffermato sulla struttura dell’organizzazione criminale originaria della Calabria: “La ‘Ndrangheta è strutturata militarmente, c’è un codice, vi sono regole molto rigide, si pratica un tirocinio che dura oltre un anno; solo dopo una accurata selezione si scelgono gli appartenenti, e il selezionatore che ha portato il giovane aspirante, nel caso questo dovesse fallire, viene declassato e rischia anche la vita”.
Come sono viste le ‘Ndrine ( nella Camorra ci sono i Clan, a Cosa Nostra regnano le famiglie), come un’ opportunità o vi è in qualche modo una condanna, com’è l’interazione con la popolazione locale?
“Oggi assistiamo a un’inversione di tendenza, prima erano i mafiosi che andavano a casa dei politici a chiedere raccomandazioni, favori, oggi sono i politici che vanno a cercare i capi mafia, portatori di voti. La percezione della gente è che il mafioso ha maggior potere rispetto al candidato politico. Il politico sta sul territorio mediamente 3-4 mesi prima delle elezioni, poi spesso sparisce, il mafioso sta sul territorio 365 giorni l’anno, e pur se viziate, dà risposte. L’opinione pubblica, soprattutto i poveri, vivono questa opportunità come ultima spiaggia”.
“Ovviamente – prosegue Gratteri – le persone intelligenti, colte, vivono la presenza della mafia nel Sud come una maledizione, che determina un 9% di Pil in meno rispetto al Centro e al Nord. Le mafie non hanno ideologie, non sono né di destra nè di sinistra, cercano di capitalizzare quel pacchetto di voti che certe volte arrivano anche al 30%, determinante a concorrere per chi sarà il sindaco, il vice sindaco e il segretario comunale, che porterà alla cogestione della cosa pubblica, e a quel punto il mafioso è già seduto all’interno della pubblica amministrazione”.
Dopo tanti anni di lotta alla criminalità organizzata, verrà il tempo della fine delle mafie, della ‘Ndrangheta o non si riuscirà a venirne fuori in nessuna maniera?
“Sono molto arrabiato; questo fenomeno l’ho vissuto da quando ero bambino, e oggi a 60 anni – confessa tristemente Gratteri – vedo questa ‘Ndrangheta sempre più ricca. Abbiamo portato a termine operazioni molto importanti, ora la conosciamo fin dalle viscere, ma la mia rabbia deriva da un’amara constatazione: sono convinto che se il governo volesse, potrebbe abbattere le mafie anche del 70 – 80%. Ad oggi non ho visto un governo che ha posto la lotta alle mafie come punto centrale per la liberazione dell’Italia da questa cappa, questa maledizione”.
“Se il potere politico, i politici volessero, nel rispetto della Costituzione, cambiando le regole del gioco, l’ordinamento giudiziario, i codici, potremmo abbattere l’Ndrangheta nell’arco di meno di 10 anni, in modo consistente anche dell’80%, non dico 100%, sa perché? perché in ognuno di noi c’è un piccolo mafiosetto, c’è l’1-2% riconducibile a una connotazione mafiosa (il modo di agire, reagire)”, conclude il Procuratore Nicola Gratteri.
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