Nove perfetti sconosciuti-cavie
Nel lussuoso resort-benessere, le vite di nove ospiti sono pericolosamente nelle mani della misteriosa Masha
NOVE PERFETTI SCONOSCIUTI (Nine Perfect Strangers)
Serie – USA 2021, 8 episodi della durata di circa 55’. Regia di Jonathan Levine, dal romanzo di Liane Moriarty. Con Nicole Kidman, Melissa McCarthy, Michael Shannon, Bobby Cannavale. La serie completa dal 23 settembre, su Amazon Prime.
Nove personaggi, che non si conoscono fra loro tranne i tre membri di un nucleo familiare, convergono nel lussuoso resort-benessere Tranquillum per dieci giorni di rigenerazione. Maîtresse della casa la russa Masha (Nicole Kidman) che, assumendo rapidamente il controllo psicologico – ma anche un po’ fisico… – di questa squadra eterogenea e a tratti recalcitrante, ne spinge i componenti verso punti di rottura che, in osservanza al suo metodo, sarebbero tesi a liberarli dei propri blocchi interiori. Se la cosa non scappa di mano.
TV patinata
Tutto in questa serie è all’insegna del lusso, è un perfetto campione di prestige television: quell’annunciarsi con gran pompa, cast importante, confezione
senza economie… Insomma grande enfasi alla forma, a cui non sempre il contenuto riesce a star dietro. Un’evoluzione prevedibile ma a volte forzata di quella quality television che segnò la Svolta del prodotto seriale televisivo – tra i ’90 e l’inizio del nuovo millennio – da sorella povera e sempliciotta del cinema a laboratorio di nuovi linguaggi e di performance autoriali: Tween Peaks, I Soprano, Desperate Housewives… Convinti dal bollino di qualità (ma anche dagli ingaggi economicamente interessanti e dalle avvisaglie della crisi delle sale) le star del grande schermo smisero di tenersi alla larga e cominciarono prima ad aderire, poi a investire, puntando sempre più sui lustrini. Come qui, dove “prestige” sono anche i titoli di testa: dalle evidenti reminiscenze bondiane delle immagini, alla suggestiva “Strange Effect” nella vellutata voce di Raven Violet.
That Kidman touch
Al centro dell’operazione Nicole Kidman, nelle vesti di protagonista oltre che – come si usa adesso da parte di protagonisti di lusso – produttore esecutivo. Eccitata dal resistibile successo dell’irritante Big Little Lies, Kidman non si è fatta scappare i diritti del romanzo successivo della stessa autrice, affidandolo ancora alla furba mano di David E. Kelley – creatore fra l’altro del fortunato (e stavolta buono) The Undoing.
Naturalmente il personaggio-chiave è sartoriale su di lei: il look (“un magnifico unicorno mistico del blocco orientale”, la definisce un’ospite della casa); la voce flautata, a cui nell’originale inglese lei imprime un’esotica cadenza russoide; gli sguardi magnetici, le frasi a effetto… tutto concorre al glamour dell’operazione.
Ambiguità
Il personaggio di Masha è volutamente ambiguo. Lancia segnali – ai suoi ospiti ma anche, dietro le quinte, ai suoi collaboratori e direttamente a noi – che non ci consentono di capire una cosa fondamentale per lo spettatore: se è buona o cattiva. Nè cosa ha in mente; ed è questo il magnete per tenere stretta l’attenzione.
Come pure inafferrabili sono i nove ospiti, così come gli assistenti della signora: di ciascuno intuiamo qualche fiume carsico sottopelle, qualche non-detto. E non sappiamo se la pseudo-empatia che andando avanti si crea con e fra loro sia ben riposta.
E dunque è una bella serie?
Raccontata come ve l’ho raccontata, sembra un eccitante thriller psicologico che gioca con ingredienti sicuri: quelli che vi ho detto, e anche l’atmosfera da Dieci piccoli indiani; e anche la sensazione ansiogena che qualcosa di grosso da un momento all’altro stia per succedere.
Eppure qualcosa non lievita, ho atteso la fine (un episodio alla settimana) per non essere affrettato nel giudizio: qualche personaggio un po’ di plastica, un’enfasi eccessiva in gesti e discorsi, la stasi delle puntate centrali. Kidman stessa troppo imbellettata, pericolosamente in equilibrio sul margine dell’età che avanza (anche se qualcuno potrebbe dire che è il personaggio a richiederlo, e lei brava a renderlo).
Buoni restano i temi di fondo, che la sceneggiatura solleva: nella nostra società chi non ha reali problemi se li crea da sé; l’attesa di miracolismo nascosta in molti; accogliere il cambiamento come chiave per non soccombere alla crisi e forse addirittura per riscoprire e rilanciare se stessi.