Cultura

La Metamorfosi

Il divenire, processo velocissimo e impercettibile di tutto ciò che esiste, è espressione dei nostri giorni. Il secolo scorso è stato definito il secolo breve, poiché gli uomini del XX secolo hanno vissuto una quantità e una qualità di fatti e avvenimenti storici (scoperte scientifiche e purtroppo conflitti bellici) mai vissuti dalle generazioni passate in un tempo così contratto.

Il divenire non è una categoria neutra del tempo, come non lo è il tempo medesimo, è divenire di qualcosa, è intervento sull’esistente, è una valanga temporale che permette la trasformazione, che obbliga al cambiamento.

E’ questa forse l’unica cosa che alla natura e all’uomo è permessa: è un aspetto della vita su cui non riflettiamo abbastanza, sulle ragioni del perché le cose cambino.

Infatti diamo tutto per scontato, perché lo scorrere del tempo, delle ore, delle giornate e degli anni ci sembra qualcosa di naturale su cui il nostro intervento è nullo, e ciò, paradossalmente, è il riflesso proprio del cambiamento repentino a cui sono sottoposti sia gli esseri umani sia le cose.

Alle origini del pensiero greco, la nascita della filosofia, Parmenide ritiene che il divenire sia solo apparenza (“l’essere è, il non-essere non è”); di contro Eraclito pensa che tutto scorre (“Panta rei”), ma entrambi e pensatori più vicini a noi si sono posti la domanda: perché esiste qualcosa e non il nulla?

Perché ciò che esiste, che sia creato o meno, continua a esistere nonostante gli eventi naturali (per es. terremoti, ecc.) e non si distrugge e non può essere distrutto? Ma tutto resiste ed è sottoposto al cambiamento e alla trasformazione?

Viene da pensare che per quanto ci ergiamo (così crediamo) a padroni della Terra siamo meno di un granello di sabbia rispetto all’infinito. “Nulla si crea, nulla si distrugge; tutto si trasforma”, affermava tempo addietro il chimico Antoine-Laurent de Lavoisier. Nulla si crea: ciò che è, è; ciò che è, sarà: trasformato, modificato, ma nella sostanza, il mondo rimarrà come se modificazione trasformazione e cambiamento non siano mai avvenuti.

E ciò perché il tutto nonostante il divenire modificatore risponde alla legge di conservazione. E allora Parmenide ed Eraclito? Entrambi avevano ragione, perché guardavano il mondo con prospettive diverse: il primo aveva ricevuto un messaggio “divino”, il secondo era più legato al logos, all’uso della ragione e alla sua funzione.

Noi viviamo entrambe le prospettive. Azzardiamo un’ ipotesi che qualcuno riterrà forse paradossale e inverosimile: a guardar bene le cose, ognuno di noi è eterno (beninteso nel tempo), nel senso che l’attuale presenza nel mondo è frutto di un divenire che parte da lontano, dalla notte dei tempi: insomma essere qui e ora è frutto del divenire del cambiamento della materia che è passata di generazione in generazione.

Ognuno di noi rappresenta il divenire “in atto”, che non rimarrà tale perché sarà sottoposto a ulteriore cambiamento sia per quanto riguarda il corpo, sia se ha dato origine a future generazioni.

La religione in generale e la Cattolica in particolare hanno glissato sul problema e sono rimaste alla divisione tra anima e corpo, ammettendo l’immortalità della prima e il cambiamento del corpo che trova risconto nella locuzione latina “Memento, homo, quia pulvis es, et in polvere reverteris”, che tradotto letteralmente: “Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai”.

Infatti Dio, dopo il peccato originale scaccia Adamo dall’Eden, condannandolo con Eva alla fatica del lavoro e alla morte (quali entrambi elementi di trasformazione): “Con il sudore della fronte mangerai il pane; finché tornerai alla terra, perché da essa sei stato tratto: polvere tu sei e in polvere tornerai” (Dalla Bibbia, Genesi 3,19).

Tralasciando gli aspetti prettamente teologici, le parole finali della condanna divina ammettono i principi filosofici di Parmenide ed Eraclito: il cambiamento-divenire è solo apparenza e il cambiamento-divenire è invece realtà.

È possibile applicare questo principio anche ai sentimenti, alle emozioni o ai pensieri?

Un famoso detto Zen dice: “Prima dell’illuminazione tagliavo la legna e portavo l’acqua. Dopo l’illuminazione taglio legna e porto l’acqua!”.

In altre parole il contenuto rimane identico; ciò che viene trasformato è l’intera relazione dell’individuo con il mondo, ossia il modo in cui ‘lo stato del mondo’ (interno ed esterno) viene percepito.

Anche il concetto di resilienza riferisce di una trasformazione. Poichè la resilienza non è statica, ma dinamica. Ogni situazione, ogni momento storico della vita di una persona o di una società porta ad una trasformazione e rielaborazione della capacità di resilienza di ognuno.

Ma cos’è la resilienza?

Con il concetto di resilienza, in psicologia, ci si riferisce alla capacità di affrontare, resistere e riorganizzare efficacemente la propria vita dopo aver subito eventi traumatici o negativi.

Anche il concetto di entropia riferisce di una trasformazione.

L’entropia è una definizione che viene associata a diverse discipline: la chimica, la fisica, la biologia, la medicina, la psicologia. Indica la tendenza naturale al disordine, al cambiamento, alla trasformazione che è presente in tutti i contesti che hanno a che fare con qualsiasi forma di vita, organica e non. Rappresenta quindi l’aspetto dinamico, di movimento, d’interazione, di creazione, di mescolanza e ricombinazione che è costantemente presente nella vita.

L’entropia è una trasformazione da uno stato fisico ad un altro grazie ad uno scambio, una comunicazione termodinamica tra un dato elemento e il suo ambiente. L’entropia massima rappresenta l’equilibrio statico in cui niente viene più scambiato, in altri termini: la morte.

In tal senso l’unica certezza nella vita è il cambiamento, ma è anche l’unica certezza che ci rifiutiamo di accettare.

Anche un percorso di psicoterapia individuale, familiare, di coppia, di gruppo risponde agli stessi principi: nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma… e il terapeuta diviene il regista, lo sceneggiatore insieme ai protagonisti, creando “una nuova imago”, con la richiesta implicita e paradossale “perchè tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi” (Il Gattopardo, Tomasi di Lampedusa per il personaggio di Tancredi).

“Il divenire è un passaggio dal futuro al passato, ed è situato nel presente” (Watanabe, 1972).

Dott.ssa Rosanna Mansueto, Psicologa-Psicoterapeuta

Prof. Rocco Recchia, Laureato in Lettere, indirizzo filosofico

Redazione

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